23 ottobre – Castelnuovo Monti (RE)
Martedì 23 ottobre,
alla biblioteca comunale di
Castelnuovo Monti (RE),
in via Roma, 4,
alle ore 21,
parlo di libri da leggere,
secondo me.
Martedì 23 ottobre,
alla biblioteca comunale di
Castelnuovo Monti (RE),
in via Roma, 4,
alle ore 21,
parlo di libri da leggere,
secondo me.
Domenica 23 settembre,
a Castelbeltrame (NO),
al Cascinale dei Nobili,
in via Fratelli Rosselli, 20,
dentro una manifestazione che si chiama
Rice 2012,
alle 20 e 30 circa
faccio un breve intervento
di 15 minuti circa
sul parlare come si mangia (circa)
Le nuove tecnologie, dicevamo, il rapporto che hanno con la narrazione, io non ne ho la più pallida idea, come si dice, perché, devo dire, non ho un’idea molto precisa neanche di cosa si intenda esattamente per nuove tecnologie, e di cosa siano in effetti parlando, cioè io per esempio, anche se qualche mese fa, insieme a un mio amico che si chiama Alessandro Bonino ho fondato una casa editrice digitale, cioè una casa editrice che fa dei libri digitali, cioè degli ebook, io, devo dire, non son mica tanto capace, di usare gli ebook, cioè se mi date in mano un lettore di ebook, di qualsiasi marca di qualsiasi piattaforma di qualsiasi tipo, io faccio fatica ad accenderlo, secondo me, e ciononostante ho fondato una casa editrice di ebook che uno potrebbe chiedersi, Ma come mai?, e io potrei rispondergli Eh, mi sembra strano anche a me.
Cioè io, tendenzialmente, se dovessi dire di me, come carattere, io, fino a poco tempo fa, cioè diciamo fino a tre anni fa, non ero così libero aperto e malmostoso come sono adesso, ero uno che con le tecnologie avevo, non so come dire, una certa prevenzione, conoscerle non le consoscevo come adesso, e in più volevo proprio starci lontano, e non solo; io mi ricordo i primi tempi che sono usciti i cellulari, i telefoni cellulari, che sarà, quanto sarà, quindici, venti anni fa, be’ io mi ricordo che per un sacco di tempo, quando vedevo uno con un cellulare, era come se fosse un offesa, uno che aveva il cellulare; non lo so come mai, avevo questa idea che quelli che usavano il cellulare non andavano bene, mi davan fastidio, come se fossero dei nemici di classe, e adesso, devo dire, ho anch’io il cellulare, ce l’ho da una decina d’anni però fino a quattro o cinque anni fa un po’, ancora, mi vergognavo, di averlo, mi giustificavo, dicevo Eh, io faccio un mestiere che ne ho bisogno, era come se questa cosa nuova, e se tutte le cose nuove, fossero per forza peggiori delle vecchie, avevo in testa quel riflesso lì, un po’ come quelli che hanno la mia età e che si lamentano che i giovani, oggi, vanno in giro con le braghe che lasciano il culo scoperto, che è vero, molti giovani, oggi, vanno in giro con le braghe che lasciano il culo scoperto. E allora?
[Dal discorso sulle nuove tecnologie letto a Parma il 22 ottobre 2011]
[Del discorso sui libri da conservare]
Qualche anno fa ho anche fatto un elenco che si intitolava Libri che ho comprato solo per il titolo, e che poi, mi vien da pensare adesso, lo uso soltanto quando vado nelle biblioteche di Bologna, questa è la seconda volta che lo uso, e tutte e due le volte in una biblioteca di Bologna, e è un elenco, e si intitola Libri che ho comperato per il titolo, adesso non lo leggo tutto, ma comprende, tra gli altri, quei libri qua: Continua a leggere »
[Del discorso sui libri che si conservano che leggo domani alla Biblioteca di Discipline Umanistiche della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna]
Che, a pensarci, è normale, perché uno, l’ho detto prima, cioè quello lì, è un incanto, è una specie di miracolo, che tu sei concentrato con la testa, con gli occhi, con la bocca, con le orecchie sopra una cosa, e il fatto di esser concentrato sopra quella non determina il fatto che il mondo sparisce, il mondo diventa più mondo, si illumina, e quando hai finito, non so come dire, hai voglia di mondo, hai voglia di parlar con la gente, hai voglia di camminare, hai voglia di muovere i piedi, son quei momenti che ti viene in mente che i piedi son fatti per camminare, non per essere coperti con delle scarpe, per camminare, per farti stare in piedi, e dopo che hai finito un libro che vale la pena, non so come dire, stai in piedi, solo che, ci sono due cose, che mi vengono da pensare, che il bisogno dei libri, è un po’ un brutto segno, in un certo senso, perché quell’incanto, quell’attrazione per il mondo, noi ci veniamo al mondo insieme, con quell’attrazione lì, e poi piano piano, man mano che diventiam grandi, quell’incanto, forse, sparisce, e abbiamo bisogno di qualcosa che ci aiuti a vedere, a sentire, e allora, per me, quella cosa lì sono i libri, che sono come delle lenti che mi aiutano a vedere meglio le cose, e degli eccitanti che mi aiutano a non dormir tutto il tempo, ma quando ero piccolo, secondo me, non ne avevo bisogno, che mi svegliavo al mattino che ero contento, e le mie gambe, quando ero piccolo, forse mi sbaglio, ma io ho come un ricordo che lo sapevano loro, che le gambe son fatte per camminare, e per correre, e così è la Battaglia, che adesso ha sette anni e le piacciono, i libri, però ancora, non so come dire, non ne ha bisogno, può stare anche senza libri, io, invece, star senza libri, non so come farei, e questa era la prima cosa, la seconda è che, per esempio, nella mia libreria, io adesso non ho molti libri, ne avrò, non lo so quanti ne ho, posso dire una cifra così a caso, comunque ne ho tanti, non molti, ma tanti, un po’ anche in cantina, Ipnosi a mappe cerebrali, e anche degli altri, e di quelli che ho in casa, quelli che mi è venuta voglia di camminare, dopo che li ho letti, saranno, non so, il dieci per cento, gli altri non lo so perché ce li ho, un po’ me li han regalati, come Il grande libro della città di Sassuolo, ma gli altri, non so, un po’ per dovere, per mestiere, il tentativo, lo dicevo prima, di ritrovare quella roba là, una coazione a ripetere che però non funziona, che questo è un campo, la letteratura, che anche questo è un po’ un incantesimo, anche per chi i libri li scrive, Sklovskij diceva Ogni volta che comincio a scrivere un libro, mi sembra sempre che sia un’impresa al di sopra delle mie forze e poi, all’improvviso, mi trovo che l’ho scritto, e non so neanch’io come ho fatto, ecco gli scrittori, secondo me, quelli bravi, sono un po’, anche, come dei maghi, forse, Brodskij diceva che l’armamentario dello scrittore in prosa è Una valigia piena di trucchi, come un illusionista, solo che gli scrittori secondo me non sono illusionisti, sono tutti realisti, anche gli scrittori di fantascienza, però come carattere secondo me ci assomigliano, agli illusionisti, mica tutti, che discorso, però, non lo so, adesso c’è un libro, bellissimo, The Catcher in the Rye, il giovane Holden, di Salinger, dove il protagonista, è una cosa risaputa, trida come l’Albania, dicono a Parma quando voglion parlare di una cosa che è trida come l’Albania, il protagonista a un certo momento dice che lui quando legge un libro che gli piace vorrebbe telefonare a quello che l’ha scritto, ecco io a me quella cosa lì non mi succede mai, io credo che per chi legge i libri sia meglio, delle volte, non conoscere quelli che li scrivono, perché, adesso non sempre, però delle volte sarebbe come conoscere un prestigiatore, non so, Silvan il mago, io una volta qualche anno fa, prima ancora di laurearmi, sono stato in provincia di Bergamo a fare un seminario di lingua russa e lì, in quella villa del settecento, avevo conosciuto la figlia di Silvan il mago. Continua a leggere »
Un po’ di tempo fa, forse sei mesi fa, forse un anno fa, mi hanno chiesto, dalla libreria Coop Ambasciatori, qui di Bologna, di presentare un libro. Il libro si intitolava La mia prima bicicletta e era fatto da degli scrittori, da dei giornalisti, da degli studiosi, da degli scienziati, da dei professori universitari che raccontavano della loro prima bicicletta e di come avevano imparato a andare in bicicletta e la cosa abbastanza strana, per me, era che loro, quasi tutti, si ricordavano esattamente com’era la loro prima bicicletta e com’era stato quando avevano imparato a andare in bicicletta; c’era qualcuno che si ricordava di tutte le sue biciclette, ne aveva avute sei, nella sua vita, e le sapeva distinguere come per nome, che è una cosa che io, se dovessi dire le biciclette che ho avuto, non saprei indicare un numero nemmeno approssimativo; io devo aver avuto delle biciclette che mi sono durate tipo dieci giorni, faccio fatica a ricordarmi la penultima, figuriamoci la prima, la mia prima bicicletta non so neanche com’era pitturata, come si dice a Parma per dire che di una cosa non si sa neanche com’era pitturata. C’era qualcuno, di quegli scrittori, di quei giornalisti, di quegli studiosi, di quegli scienziati, di quei professori universitari, che le sue biciclette le aveva conservate tutte, come a crearsi una specie di cicloteca privata, che è una cosa ammirevole e un po’ perecchiana, nel senso che è nello spirito di Georges Perec, scrittore francese del secolo scorso che voi conoscete molto meglio di me, come si usa dire in questi consessi.
[Inizio del discorso sui libri che si conservano da leggere domani alla Biblioteca di Discipline Umanistiche
della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna]
Apro una parentesi, son stato a Bologna, in centro, e nell’andare a Bologna, su via Costa, ho visto, sulla destra, una pubblicità di un’agenzia di assicurazioni, e nella pubblicità, luminosa, era già notte, c’era uno che aveva la macchina incidentata, e un’altra che gli si avvicinava e gli diceva Hai avuto un altro sinistro? Ecco, quella lì, hai avuto un altro sinistro, lingua scritta. Se gli avesse detto, invece, Hai fatto un altro incidente?, lingua parlata. Chiusa la parentesi.
[un pezzetto del discorso sulla lingua scritta e la lingua parlata che leggo oggi a Scandiano]
Voi probabilmente vi starete chiedendo Ma perché parla sempre della Russia? Ci sono almeno due motivi, per cui parlo sempre della Russia, il primo è il fatto che io, ho studiato russo, lingua e letteratura russa, ho studiato, e questo non è privo di conseguenze, e una conseguenza è per esempio il fatto che io ciò la testa piena di Russia, voi ditemi un argomento qualsiasi, non so, il Rinascimento italiano, ecco, a me, a pensare al Rinasciemnto italiano, viene in mente il modo in cui l’attore Oleg Kabakov, nel film di Nikita Mikalkov Alcuni giorni della vita di Oblomov, recita all’attrice Elena Solovej la lezione sul rinascimento italiano che ha appena imparato, e in particolare il mondo in cui dice, Treciento, Quattrociento, Cinqueciento, il secondo motivo è il fatto che io, l’Italia, secondo me, adesso è difficile essere precisi, in queste cose, ma secondo me, l’Italia, io, dopo che son stato in Russia, io ho cominciato a sentirla in un modo completamente diverso. Io mi ricordo benissimo una volta che son tornato in treno, Mosca-Parma, due giorni di treno, e io mi ricordo che quando siamo arrivati a Trieste, ero steso nella mia cuccetta, io mi ricordo ho sentito nel naso l’odore dell’Italia e mi sono alzato sono andato al finestrino e ho tirato giù il finestrino e mi son messo a annusare l’Italia, e allora ho cominciato a pensare che è vero, Nostra patria è il mondo intero, nostra legge la libertà, però ci son delle cose che uno fa fatica, a far finta di niente.
[Da Il paletot, in preparazione]
Risorgimento, solo il nome, ha dentro una pompa, nel senso che è pomposo, e una tristezza, è una cosa da presidi, polverosi, coi capelli grigi fin da quando son piccoli, e gli occhiali rettangolari, quelli grossi, da presidi, e la custodia degli occhiali nel taschino della giacca, e delle scarpe nere da presidi, impolverate, io avevo un preside, alle superiori, a Parma, che una volta, una sola, in cinque anni, è entrato nella nostra classe perché stavam facendo del casino e per rimproverarci ci ha detto: Beceri. E Boccaloni. Che era un po’ il massimo dei suoi insulti. Beceri. E Boccaloni. Che io poi nella mia vita non li ho mai più sentiti, quei due nomi lì. Beceri. E Boccaloni. Due insulti risorgimentali. Dev’essere stata bella la vita, allora, in Italia. Due che litigavano, in casa, Becera, diceva il marito alla moglie. Boccalone, rispondeva la moglie.
[è un pezzo del discorso su Ciro Menotti di stasera, a Migliarina, che è poi uguale al discorso sul Risorgimento del settembre del 2009 al festival filosofia]