Una casa
Quando suono su un treno che doveva partire 7 minuti prima e è ancora fermo, a me viene in mente Venedikt Erofeev quando dice «Io, se voglio, capisco tutto. Io non ho una testa, ho una casa di tolleranza».
Quando suono su un treno che doveva partire 7 minuti prima e è ancora fermo, a me viene in mente Venedikt Erofeev quando dice «Io, se voglio, capisco tutto. Io non ho una testa, ho una casa di tolleranza».
Io, più divento vecchio, più mi sembra di capire Venička, il protagonista di Mosca Petuški, di Venedikt Erofeev, quando dice: «Io, se voglio capire, trovo posto per tutti. Io non ho una testa, ho una casa di tolleranza».
[Foto, a Pietroburgo, l’estate scorsa, di @claudiosforza_photography]
Io, se voglio capire, trovo posto per tutti. Io non ho una testa, ho una casa di tolleranza.
Venedikt Erofeev, Mosca – Petuški. Poema ferroviario
Sono uscito dal teatro Storchi di Modena, dopo il racconto di Sanguina ancora, c’erano tre ragazze, ho chiesto loro dov’era la stazione, non lo sapevano: è passato il direttore del teatro, l’ho chiesto a lui, me l’ha detto, sono andato, quando sono arrivato in stazione ho ricevuto una mail che mi ricordava l’inizio di un romanzo che ho tradotto tanti anni fa. Diceva: “E poi mi sono diretto verso il centro, perché mi succede sempre così, quando cerco la Ghirlandina, vado sempre a finire alla stazione di Modena. Io, a dire il vero, dovevo proprio andare alla stazione di Modena, non in centro, ma mi son comunque diretto verso il centro, perché volevo, almeno una volta, dare un’occhiata alla Ghirlandina: anche se poi, ho pensato, la Ghirlandina la vedrò neanche pitturata, ma finirò, dritto come un fuso, alla stazione di Modena.
Mi vergogno così tanto che mi viene da piangere. Non è che mi vergogni, naturalmente, perché ieri, poi, alla stazione di Modena non ci son poi finito (è una stupidata, non ci sono finito ieri, ci finirò oggi).” [Grazie a Cecilia, Sara, Silvia (foto di Viktor Baženov)]
Da quando è successa questa cosa, dal 24 febbraio, non faccio altro che leggere russi e sentire discorsi in russo. E oggi ho ritrovato una cosa che ha detto Venedikt Erofeev: che «Sia come sia, un russo alfabetizzato – lo so con certezza – avrebbe più freddo, si sentirebbe più solo, al mondo, se la poesia di Iosif Brodskij, per un qualsiasi motivo, non esistesse».
[Venedikt Erofeev, in Natal’ja Šmel’kova, Vo čreve mačechi, cit., p. 21]
«Delle volte, raramente, a dire il vero, l’urina appena emessa splende di una luce fosforescente; il motivo della fosforescenza non è ancora stato chiarito». Prof. Bok.
[Venedikt Erofeev, Bespoleznoe iskopaemoe, Moskva, Vagrius 2001, p. 40]
E bisogna farvi notare che l’omosessualità nel nostro paese è stata sradicata definitivamente, ma non del tutto. O meglio, del tutto ma non completamente. O, ancora meglio, del tutto e completamente ma non definitivamente.
[Venedikt Erofeev, Mosca – Petuški, Macerata, Quodlibet 2014, p. 149]
Tutte le voci di tutti i cantanti sono schifose, ma ciascuna è schifosa a modo suo.
[Venedikt Erofeev, Mosca – Petuški, Macerata, Quodlibet 2014, p. 36]
Uno rifletteva sul fatto che nell’uomo non c’è solo il lato fisico: ci sono anche il lato spirituale, il lato mistico e quello ultra-spirituale. E siccome era ubriaco si aspettava che prima o poi gli fuoriuscisse il vomito da tutti e tre questi lati.
[Venedikt Erofeev dal Repertorio dei matti della letteratura russa]