Scuola elementare.

Intorno a qualche modo di usare il verbo abitare

sabato 27 Aprile 2024

Intorno a qualche modo di usare il verbo abitare

Se passo davanti alla casa dove abito, posso dire «abito là» o, più precisamente «abito al primo piano, in fondo al cortile»; se desidero dare un senso più amministrativo alla mia asserzione, posso dire «abito in fondo al cortile, scala C, porta di fronte». Se mi trovo nella mia strada, posso dire «abito là, al 13» oppure «abito al numero 13» o «abito dall’altra parte della strada» o «abito accanto alla pizzeria».
Se a Parigi qualcuno mi domanda dove sto di casa, ho la possibilità di scegliere fra una buona dozzina di risposte. Potrei dire che «abito in rue Linné» soltanto a chi so per certo che sa dov’è la rue Linné; più spesso sono portato a precisare la disposizione geografica della suddetta via. Per esempio: «abito in rue Linné, a fianco della clinica Sain-Hilaire» (molto conosciuta dai tassisti) o «abito in rue Linné, è a Jussieu» o «abito in rue Linné, di fianco alla facoltà di Scienze» o meglio, «abito in rue Linné, non lontano dalla moschea». In alcune circostanze più eccezionali, potrei essere indotto a rispondere che «abito nel 5°» o «abito nel quinto arrondissement» o «abito al Quartiere Latino», oppure «abito sulla riva sinistra».
In qualunque parte della Francia (se non proprio a Parigi e nell’immediata periferia) ritengo di essere più o meno sicuro di farmi capire se dico «abito Parigi» o «abito a Parigi» (tra i due modi di dire una differenza c’è, ma quale?). Potrei anche dire «abito nella capitale» (non credo di averlo mai detto), e nulla mi impedisce di immaginare che potrei optare per «abito nella ville Lumière» o «abito nella città che un tempo era chiamata Lutezia», benché rassomigli piuttosto all’inizio di un romanzo che all’indicazione di un indirizzo. Invece, rischio sicuramente di non essere capito se dò informazioni del tipo: «abito a 48° 50 latitudine nord e a 2° 20 longitudine est» o «abito a 890 chilometri da Berlino, 2.6000 da Costantinopoli e 1.444 da Madrid».
Se abitassi a Valbonne, potrei dire «abito sulla Costa Azzurra» o «abito vicino ad Antibes». Ma, abitando proprio a Parigi, non posso dire «abito nella regione parigina», e neppure «abito nel dipartimento della Senna».
Inoltre non vedo bene in quali circostanze sarebbe pertinente dire «abito a nord della Loira».
«Abito nella Francia» o «abito in Francia»: potrei esser obbligato a dare questa informazione trovandomi in un punto qualunque situato fuori dell’Esagono, anche se ufficialmente sono in Francia (per esempio in un D.O.M – Territorio d’Oltre Mare); se dicessi «abito nell’Esagono», sarebbe solo per scherzo; mentre se fossi còrso e abitassi a Nizza o dell’Ile de Ré a La Rochelle, potrei dire «abito in continente».
«Abito in Europa»: questo tipo di informazione potrebbe interessare a un americano che incontrassi per esempio all’Ambasciata del Giappone a Canberra. «Oh, you live in Europe?» ripeterebbe, e io sarei portato senza dubbio a precisare «I am here only for a few (hours, days, weeks, mounths)».
«Abito sul pianeta Terra». Avrò mai un giorno l’occasione di dirlo a qualcuno? Se fosse un “III tipo” disceso nel nostro infimo mondo, lo saprebbe di già. Ma se sarò io a trovarmi da qualche parte nei pressi di Attarus o di KX1809B, dovrò certamente segnalare che «abito il terzo (il solo abitato d’altronde) dei pianeti principali del sistema solare nell’ordine crescente della loro distanza rispetto al sole» o «abito uno dei pianeti di una delle più giovani stelle nane gialle situate ai bordi di una galassia d’importanza mediocre designata arbitrariamente con il nome di Via Lattea». E all’inizio ci sarebbe una probabilità su centomila milioni di miliardi (ossia solamente 10 alla ventesima) che mi risponda: «Ah, sì, la Terra…»

[Georges Perec, Pensare/Classificare, traduzione di Sergio Pautasso, Macerata, Quodlibet 2024, pp. 11-13]

Parmigiani e partigiani

giovedì 25 Aprile 2024

Voglio che le parole che scrivo siano così forti, che se le butto contro la finestra si rompe la finestra.

Daniil Charms

Parmigiani e partigiani: clic

Stasera

giovedì 25 Aprile 2024

Allora si era alzato uno aveva detto «Sai cosa facciamo? Scriviamo sui muri!».

Stasera, giovedì 25 aprile, sul mio profilo Instagram, alle 21, leggo una cosa sul Premio Strega, sull’antifascismo e sugli amici della domenica. A dopo.

Oggi

giovedì 25 Aprile 2024

I partigiani

Non è per via della gloria, che siamo andati in montagna, a far la guerra. Di guerra eravam stanchi, di patria anche. Avevamo bisogno di dire: lasciateci le mani libere, i piedi, gli occhi, le orecchie; lasciateci dormire nel fienile, con una ragazza. Per questo abbiam sparato, ci siamo fatti impiccare, siamo andati al macello col cuore che piangeva, con le labbra tremanti. Ma anche così sapevamo che di fronte a un boia di fascista noi eravam persone, e loro marionette. E adesso che siam morti non rompeteci i coglioni con le cerimonie, pensate piuttosto ai vivi, che non debbano perdere anche loro la giovinezza.

[Nino Pedretti, Al vòusi e atre poesie in dialetto romagnolo, Torino, Einaudi 2007, pp. 17-18, la poesia si intitola I partigièn (oggi è il 21 aprile, liberazione di Bologna)]

Domani

mercoledì 24 Aprile 2024

Si parla molto, in queste settimane, del premio Strega, e anche a me hanno chiesto cosa ne penso, e io faccio fatica a rispondere perché ho un rapporto un po’ strano, con
l’attualità.

[Domani sul Fatto quotidiano esce un pezzetto che parla di Premio strega, di antifascismo, di amici della domenica, di Daniil Charms e di Iosif Brodskij]

Vediamo

mercoledì 24 Aprile 2024

Mi sono accorto adesso che ho lasciato a casa l’agenda oggi è un giorno che posso dire Non ho con me l’agenda vediamo quante volte riesco a dirlo.

Ci penso io

martedì 23 Aprile 2024

Non preoccuparti, che adesso a te, ci penso io, avevo detto a Chlebnikov nel novantatré.

[Oggi, per Feltrinelli, esce l’edizione economica di Pancetta]

Chi doveva chiamare?

lunedì 22 Aprile 2024

Dopo sono andato a Roma, a parlare del dolore; una scienziata, Roberta Fulci, ha scritto un libro sul dolore (si intitola Il male detto) e mi ha invitato a parlarne con lei e quando le hanno chiesto come mai ha invitato proprio me ha detto che io ho fatto un podcast e l’ho intitolato Due volte che sono morto e ho scritto dei libri e li ho intitolati Che dispiacere, Sanguina ancora, Noi la farem vendetta, Grandi ustionati, Vi avverto che vivo per l’ultima volta e, insomma, chi altri doveva chiamare, a parlare del dolore? E, lei non lo sapeva, ma io stavo scrivendo un libro che si chiama Chiudo la porta e urlo, secondo me aveva ragione, chi altri doveva chiamare, a parlare del dolore?

Revenge

domenica 21 Aprile 2024

La rivista Asymptote ha pubblicato la traduzione (di Tim Cummins) del terzo capitolo di Noi la farem vendetta, che in inglese diventa We Will Take Our Revenge: clic.

I partigiani

domenica 21 Aprile 2024

I partigiani

Non è per via della gloria, che siamo andati in montagna, a far la guerra. Di guerra eravam stanchi, di patria anche. Avevamo bisogno di dire: lasciateci le mani libere, i piedi, gli occhi, le orecchie; lasciateci dormire nel fienile, con una ragazza. Per questo abbiam sparato, ci siamo fatti impiccare, siamo andati al macello col cuore che piangeva, con le labbra tremanti. Ma anche così sapevamo che di fronte a un boia di fascista noi eravam persone, e loro marionette. E adesso che siam morti non rompeteci i coglioni con le cerimonie, pensate piuttosto ai vivi, che non debbano perdere anche loro la giovinezza.

[Nino Pedretti, Al vòusi e atre poesie in dialetto romagnolo, Torino, Einaudi 2007, pp. 17-18, la poesia si intitola I partigièn (oggi è il 21 aprile, liberazione di Bologna)]