Filoitaliani e filorussi
La mamma di Dovlatov, Zoščenko, la caloscia e un filorusso, che sono io: clic
La mamma di Dovlatov, Zoščenko, la caloscia e un filorusso, che sono io: clic
Vojnovič ha raccontato: “Vivo in Germania da sei anni. La lingua praticamente non la parlo. Alla mia età è difficile ambientarsi. E poi non mi serve. Comunque, un po’ alla volta mi sto abituando. Qualche cosa inizio a capirla. E anche con il tedesco ho sempre meno problemi… Una volta stavo attraversando la strada. Ero sovrappensiero e ci mancava poco che mi buttassero sotto. L’autista ha abbassato il finestrino e mi ha urlato: “Du bist ein Idiot”. E io, — ha concluso Vojnovič — chi l’avrebbe mai detto, ho capito cosa voleva dire quel tizio…”
[M. Volkova, S. Dovlatov, Ne tol’ko Brodskij (Non solo Brodskij), Moskva, Kul’tura 1992, p. 12, traduzione di Sofia Caccchi (Vojnovič è quello a destra, l’altro è Juz Aleškovskij)]
Racconta Dovlatov che, nel Settecento, lo storico Nikolaj Karamsin si trovava in Francia e gli chiesero di dire, in due parole, cosa facevano in Russia, e che lui ne usò una sola: «Rubano». Infatti rubano, commenta Dovlatov nel Novecento.
Una aveva tradotto “mudàk” (coglione) come “idealista, romantico”.
Sergej Dovlatov
Fotografia di @claudiosforza_photography
Sergej Dovlatov ha scritto: «Purtroppo non ci sono dati statistici certi su quali siano, in russo, le parole più o meno usate. Cioè tutti sanno, chiaramente, che la parola “merluzzo”, per esempio, è significativamente più usata della parola, per dire, “sterletto”, e la parola “vodka”, diciamo, è più usuale di parole come “nettare” o “ambrosia”. Ma di dati certi, ripeto, a questo proposito, non ne esistono. E è un peccato. Se dati di questo genere esistessero, ci accorgeremmo che, per esempio, l’espressione “è un lavoro fatto coi piedi” è una delle espressioni più usate, in Unione Sovietica».
[Domani, sul Venerdì di Repubblica, la mia Russia Sovietica, credo]
Martedì 23 febbraio,
alle 19,
sul mio profilo Instagram,
parlo di Sergej Dovlatov
Raccoglieremo il silenzio, lo conserveremo e lo venderemo. In cassette. Per esempio, silenzio numero uno: «Aurora montana». Oppure silenzio numero cinque: «Languore d’amore». Numero nove: «Un minuto dopo la catastrofe aerea».
[Sergej Dovlatov, Straniera, trad. di Laura Salmon, Sellerio, Palermo 2016 (5), p 125]
Il livello della mia fama letteraria è tale che, quando mi riconoscono, mi stupisco. E quando non mi riconoscono, mi stupisco anche allora. E, a guardarmi in faccia, sono sempre stupito.
[Martedì 23 febbraio, alle 19, sul mio profilo Instagram, parlo di Sergej Dovlatov]
Uno, a cui un medico ebreo aveva guarito la moglie, diceva che in fondo erano gente istruita questi ebrei e che forse avevano fatto male a perseguitarli per secoli.
[Sergej Dovlatov, Dal Repertorio dei matti della letteratura russa, esce l’11 febbraio]
Sergej Dovlatov diceva che gli scrittori, in Russia, sono così autorevoli perché la chiesa, in Russia, essendo sottomessa allo Stato ha poca autorità. Ne parlo martedì 8 dicembre, alle 19, sul mio profilo instagram, in previsione del Natale.