I topi

venerdì 8 Aprile 2022

Gli anziani si erano raccolti sulla piazza e, seduti sui talloni, ragionavano sulla situazione. Di odio per i russi nessuno parlava. Il sentimento che provavano tutti i ceceni, dal più piccolo al più grande, era più forte dell’odio. Non era odio, era il non riconoscere questi cani russi come uomini, e un disgusto tale, una ripugnanza e un imbarazzo tali di fronte alla crudeltà insensata di questi esseri, che il desiderio di sterminarli, così come il desiderio di sterminare i topi, i ragni velenosi o i lupi, era tanto naturale quanto l’istinto di conservazione.

[Lunedì 11 aprile, alle 19, su Instagram, parlo di Chlebnikov, Šklovskij e Tolstoj (sostituisce la cosa di oggi, la citazione viene da Chadži-Murat)]

Nessun uomo

domenica 19 Settembre 2021

Nessun uomo, forse, ha mai conosciuto una così vertiginosa ubriachezza del proprio io.

[Pietro Citati, Tolstoj, Milano, Adelphi 1996, p. 13]

Il prossimo (secondo Tolstoj)

sabato 9 Marzo 2019

Il più grande peccato di oggi, l’amore astratto per gli uomini, l’amore impersonale per quelli che sono in qualche luogo lontano… Amare gli uomini che non si conoscono, che non si incontreranno mai, è facile! Non occorre sacrificare nulla. E al tempo stesso si è così contenti di sé! La coscienza è ingannata. No. Bisogna amare il prossimo, quello con cui si vive e che dà noia.

[Lev Tolstoj, Conversazione con Teneromo, citato in Romain Rolland, Tolstoj, traduzione di Giulia Passalacqua, Roma, Castelvecchi 2014, p. 94]

Quello che dicono e fanno gli uomini

sabato 2 Marzo 2019

A Parigi, il 6 aprile 1857, lo spettacolo di una esecuzione capitale mostra a Tolstoj «il nulla della superstizione del progresso…».

«Quando vidi la testa staccarsi dal corpo e cadere nel paniere, compresi, con tutte le forze del mio essere, che nessuna teoria sulla ragione dell’ordine esistente poteva giustificare un tale atto. Se anche tutti gli uomini dell’universo, basandosi su qualche teoria, trovassero questo necessario, io saprei che è male: poiché non è quello che dicono e fanno gli uomini a decidere quel che è bene e quel che è male, ma il mio cuore».

[Romain Rolland, Tolstoj, traduzione di Giulia Passalacqua, Roma, Castelvecchi 2014, p. 32]

Prima e dopo la crisi

venerdì 15 Febbraio 2019

Tra il 1885 e il 1887 furono pubblicati a Parigi Guerra e pace, Anna Karenina, Infanzia e Adolescenza, Polikuska, La morte di Ivan Il’ič, le novelle del Caucaso e i racconti popolari. In pochi mesi, in poche settimane, si svelava ai nostri occhi l’opera di tutta una grande vita, in cui si riflettevano un popolo e un mondo nuovi /…/
Questi libri furono per noi quello che il Werther fu per la generazione precedente: lo specchio magnifico delle nostre capacità e delle nostre debolezze, delle nostre speranze e dei nostri terrori. Noi non ci preoccupavamo di accordare tutte queste contraddizioni, né soprattutto di fare entrare quell’anima multipla, in cui risuonava l’universo, in anguste categorie religiose o politiche, come hanno fatto quasi tutti quelli che, in questi ultimi tempi, hanno parlato di Tolstoj, incapaci di sciogliersi dalla lotta dei partiti, abbassando il livello delle loro passioni, alla stregua delle loro sette socialiste o clericali. Come se le nostre sette potessero dare la misura del genio!… E cosa m’importa che Tolstoj sia o no del mio partito? Cerco forse di quale partito fossero Dante e Shakespeare per respirare il loro soffio e assorbire la loro luce?
Noi non dicevamo, come i critici d’oggi: «Ci sono due Tolstoj, quello prima della crisi e quello dopo la crisi; uno è valido, l’altro no». Per noi non ne esisteva che uno e lo amavano interamente. Poiché sentivamo, per istinto, che in anime come quella tutto è coerente, tutto è unito.

[Romain Rolland, Tolstoj, traduzione di Giulia Passalacqua, Roma, Castelvecchi 2014, pp. 7-9]

Sempre la moglie e la paura della guerra

domenica 25 Gennaio 2015

Quasi tutte le volte che sono in un albergo, quando esco, al mattino, dopo dieci minuti che sono uscito mi fermo di colpo, apro la borsa, comincio a frugarci dentro perché mi è venuto in mente che mi sono scordato nella stanza d’albergo il caricatore del telefono. E intanto che frugo mi immagino che telefono in albergo e gli dico di cercare, per cortesia, nella stanza 207 che ho lasciato lì il caricatore del telefono e se me lo possono mandare, a carico del destinatario, a casa mia a Casalecchio di Reno. E subito dopo penso che probabilmente non lo troveranno e mi vedo, la mattina dopo, a Bologna, a entrare nel negozio della Apple, andare al primo piano, comprare un caricatore e pagare col bancomat. Quanto può costare? mi chiedo nella mia testa, e mi immagino che costi intorno ai venti euro, secondo me, massimo trenta, e mi sono appena detto così che trovo il caricatore e son così contento.
E dopo mi chiedo Ma io, quel momento lì che mettevo il caricatore dentro la borsa, cosa stavo pensando?
E mi viene in mente un passo dei diari di Tolstoj citato da Šklovksij, quando Tolstoj, non mi ricordo in che data, in un giorno qualunque del XIX secolo, racconta di quando ha messo in ordine nella sua stanza, e scrive:

«Con lo straccio della polvere in mano feci il giro della mia camera; ma quando arrivai al sofà non sapevo più se lo avessi già spolverato o no. Poiché nello spolverare i movimenti sono abituali e inconsci, non riuscivo a ricordarmi se li avevo giù compiuti e sentivo per di più che non sarei mai riuscito a ricordarmelo. Se ho spolverato e poi ho dimenticato di averlo fatto, – scrive, – cioè se ho agito inconsapevolmente, è proprio come se non fosse successo niente… Se la vita di molti uomini con tutta la sua complessità, scorre inconsapevolmente, allora è come se non ci fosse stata».

«Così, – commenta Šklovksij, – la vita passa, si annulla. L’automatizzazione inghiotte tutto: cose, abiti, mobili, la moglie e la paura della guerra. Se la vita di molti uomini, con tutta la sua complessità, scorre inconsapevolmente, allora è come se non ci fosse stata».

Invece del mondo

giovedì 14 Novembre 2013

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Ricordava le parole di Herzen:

Se gli uomini volessero salvare se stessi invece di salvare il mondo, liberare se stessi invece di liberare il mondo, farebbero moltissimo per la salvezza di questo e la liberazione dell’umanità.

[Viktor Šklovskij, Tolstoj, traduzione di Maria Olsúfieva, Milano, il Saggiatore 1978, pp. 235]

Chadži-Murat

martedì 8 Ottobre 2013

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E alla fine della vita, in un momento d’ispirazione suprema, Lev Nikolaevič confronterà un suo personaggio, Chadži-Murat, con una lappola che viene schiacciata da una ruota, ma si risolleva e continua a vivere.
[…]
I ragazzi di Jasnaja Poljana avevano chiesto a Tosltoj a che cosa servisse il canto. In Chadži-Murat Tolstoj risponde che il canto esiste per vivere seriamente, non arrendersi, combattere fino all’ultimo, anche se rimani solo.

[Viktor Šklovskij, Tolstoj, traduzione di Maria Olsúfieva, Milano, il Saggiatore 1978, pp. 348-383-554]

Una cosa sola

martedì 27 Agosto 2013

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Il 4 aprile 1870 egli annota:

Sto leggendo la storia di Solov’jëv, secondo la quale in Russia prima dell’avvento di Pietro tutto era disordine, crudeltà, rapina, rozzezza, incapacità di fare qualcosa di buono. Il governo aveva cominciato a rimediare. Ma il governo è altrettanto ignobile, fino ai nostri tempi. Si legge questa storia e involontariamente si arriva alla conclusione che la storia della Russia è stata una serie di ignominie.
Ma come mai una serie di ignominie ha prodotto un grande stato unitario?
Ciò dimostra una sola cosa: la storia non è fatta dai governi.

[Viktor Šklovskij, Tolstoj, traduzione di Maria Olsúfieva, Milano, il Saggiatore 1978, pp. 348-349]

La storia passata della vita di Ivan Il’ič

martedì 25 Giugno 2013

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«La storia passata della vita di Ivan Il’ič era fra le più semplici e comuni e fra le più orribili».
Tolstoj scriveva all’epoca cose semplici, comuni e orribili, fu la sua opera fondamentale, sebbene egli avesse voluto scrivere prediche, rivedere l’economia politica, rifare le vite dei santi. Era invece suo destino fare della notte giorno e mostrare agli uomini che nella notte essi vivono in modo ragionevole e orribile.

[Viktor Šklovskij, Tolstoj, traduzione di Maria Olsufieva, Milano, Il saggiatore 1978, p. 472]