Nemesi

lunedì 22 Luglio 2013

Ieri mattina ero a Cagliari, in aeroporto, avevo finito i libri, c’era una libreria Mondadori, sono entrato e ho comprato Nemesi, di Philip Roth, e ho cominciato a leggerlo, e quasi subito mi è venuta in mente quella frase di Kurt Vonnegut, da Un uomo senza patria, quella frase che dice: «C’è un tragico difetto nella nostra preziosa Costituzione, e non so come vi si possa rimediare. È questo: solo gli scoppiati vogliono candidarsi alla presidenza. Ed era così già alle superiori. Solo gli alunni più palesemente disturbati si proponevano per fare i rappresentanti di classe».
Ecco , secondo me, metà di quegli alunni lì, dopo, da grandi, hanno fatto i politici, l’altra metà hanno fatto i protagonisti dei libri di Philip Roth.

I diritti dei traduttori

venerdì 8 Marzo 2013

Ai traduttori si dovrebbero pagare gli stessi diritti degli autori. Io l’ho detto a parecchi dei miei editori stranieri, offrendomi di prendere meno per me, in modo che il traduttore potesse avere di più. È stato come se avessi detto loro che il mondo è piatto ed ero in grado di provarlo.

[Kurt Vonnegut, Destini peggiori della morte. Un collage autobiografico, traduzione di Graziella Civiletti, Milano, Bombiani 2003, p. 203]

(E poi?)

mercoledì 27 Febbraio 2013

Se una fanciulla se ne sta seduta a terra nella radura di una foresta dove vive un unicorno, si dice che l’unicorno andrà da lei e poggerà la testa nel suo grembo. Quello lì è il modo migliore per prendere un unicorno. Questo procedimento deve essere stato scoperto da una ragazza che sedeva in una radura senza alcuna intenzione di prendere un unicorno. L’unicorno con la testa nel suo grembo deve essere stato un vero imbarazzo.
(E poi?)
Nella casa della mia infanzia e giovinezza, mia sorella Alice, morta ormai da molti anni (e cavolo se mi manca) era la fanciulla e nostro padre l’apparizione dell’inafferrabile, incantato unicorno. Io e il mio altro consanguineo, mio fratello maggiore Bernard, quello che è andato al MIT, non riuscivamo mai ad acchiapparlo. Ai suoi occhi non eravamo altrettanto interessanti. Per quanto riguarda noi due, questa non è una vecchia storia dolorosa. Eravamo dei duri. Potevamo accettarlo. Avevamo altri fan.

[Kurt Vonnegut, Destini peggiori della morte, traduzione di Graziella Civiletti, Milano, Bompiani 2003, p. 27]

Un invito di Vonnegut

lunedì 25 Febbraio 2013

Sì, questo pianeta si trova in un gran brutto casino. Ma è sempre stato un casino. Non ci sono mai stati “i bei vecchi tempi”, c’è stato soltanto il tempo. E come dico ai miei nipoti: «Non guardate me. Io qui ci sono appena arrivato».
Ci sono anche vecchi babbioni che dicono che per diventare veramente adulto uno deve essere sopravvissuto, come hanno fatto loro, a qualche celebre calamità: la Grande Depressione, la seconda guerra mondiale, il Vietnam eccetera. Sono i narratori a mettere in giro questa falsa credenza, che è distruttiva, per non dire suicida. Spesso e volentieri, nelle loro storie, dopo qualche casino tremendo, il personaggio alla fine può dire «Oggi sono una donna. Oggi sono un uomo. Fine».
Quando sono tornato a casa dalla seconda guerra mondiale, mio zio Dan mi ha dato una pacca sulla spalla e mi ha detto: «Adesso sei un uomo». E io l’ho ammazzato. No, non l’ho ammazzato per davvero, ma mi è venuta una gran voglia di farlo.
Dan era il mio zio stronzo, quello che diceva che un uomo non è mai un vero uomo finché non è stato in guerra.
Ma avevo anche uno zio buono, Alex, che adesso non c’è più. Era il fratello minore di mio padre: laureato ad Harward, senza figli, abitava a Indianapolis ed era un onesto impiegato di una compagnia di assicurazioni. Era un uomo colto e saggio. E la cosa che più rimproverava agli altri esseri umani era che si rendevano troppo raramente conto della loro stessa felicità. Perciò, quando d’estate stavamo seduti sotto un melo a bere limonata, parlando del più e del meno, quasi ronzando come api, zio Alex all’improvviso interrompeva quelle piacevoli quattro chiacchiere per esclamare: «Ah, questa sì che è vita!»
E così io oggi faccio lo stesso, e lo stesso fanno i miei figli e i miei nipoti. E invito anche voi a rendervi conto dei momenti di felicità e a esclamare, mormorare o pensare fra voi, a un certo punto: «Ah, questa sì che è vita!»

[Kurt Vonnegut, Un uomo senza patria, traduzione di Martina Testa, Roma, minimum fax 2006, pp. 105-6]

Vonnegut

domenica 24 Febbraio 2013

C’è un tragico difetto nella nostra preziosa Costituzione, e non so come vi si possa rimediare. È questo: solo gli scoppiati vogliono candidarsi alla presidenza. Ed era così già alle superiori. Solo gli alunni più palesemente disturbati si proponevano per fare i rappresentanti di classe.

[Kurt Vonnegut, Un uomo senza patria, traduzione di Martina Testa, Roma, minimum fax 2006, p. 83]

Pensare i suoi pensieri

giovedì 8 Novembre 2012

Cito il poeta Kris Kristofferson: “La libertà è soltanto un’altra parola per niente più da perdere”. […] Non avere più niente da perdere lascia libera la gente di pensare i suoi pensieri, dato che non c’è più niente da guadagnare a far da eco ai pensieri di quelli che stanno intorno. La Mancanza di Speranza è la madre dell’Originalità.
E le tre deliziose figlie dell’Originalità, a loro volta nipoti della Mancanza di Speranza, come dimostra questo volume, sono la Speranza, la Gratitudine degli Altri e un Incrollabile Rispetto di Sé.

[Kurt Vonnegut, Mio saggio non pubblicato scritto dopo aver letto le bozze di un’antologia di poesie di ottimo livello e brevi brani di prosa composti da persone che si trovavano o si trovano in istituzioni per disturbi mentali, in Destini peggiori della morte, traduzione di Graziella Civiletti, Milano, Bompiani 2003, p. 267]

La signorina Lauber

domenica 7 Ottobre 2012

La signorina Lauber scrive libri per bambini. Questo è il genere di cose che dice loro:

Noi stiamo volando attraverso lo spazio. La nostra nave è la terra, che gira intorno al sole alla velocità di 108.000 chilometri all’ora. Mentre gira intorno al sole, rotea anche sul suo asse. Il sole è una stella.

Tutto questo mi commuove tanto che, se avessi bevuto, scoppierei a piangere. Vuol dire che tutti i terrestri sono per loro natura degli astronauti, miei amatissimi compagni di viaggio.
Amatissimi.

[Kurt Vonnegut, Divina idiozia, a cura di Elena Fantasia, Roma, e/o 2002, p. 36]

Un difetto

giovedì 27 Settembre 2012

C’è un tragico difetto nella nostra preziosa Costituzione, e non so come vi si possa rimediare. È questo: solo gli scoppiati vogliono candidarsi alla presidenza. Ed era così già alle superiori. Solo gli alunni più palesemente disturbati si proponevano per fare i rappresentanti di classe.

[Kurt Vonnegut, Un uomo senza patria, traduzione di Martina Testa, Roma, minimum fax 2006, p. 83]

Ecco

domenica 23 Settembre 2012

Ecco: ho appena usato un punto e una virgola, che in principio vi avevo detto di non usare mai. L’ho fatto per chiarire un concetto importante, e cioè che le regole, anche quelle buone, sono utili fino a un certo punto.

[Kurt Vonnegut, Un uomo senza patria, traduzione di Martina Testa, Roma, minimum fax 2006, p. 107]

Cazzo, Joe

giovedì 20 Settembre 2012

Joe, un giovane di Pittsburgh, un giorno mi si è presentato con una semplice richiesta: «Per favore, mi dica che prima o poi finirà tutto bene».
«Benvenuto sulla Terra, giovanotto», gli ho risposto io. «Qui fa un caldo boia d’estate e un freddo cane d’inverno. È un pianeta rotondo, umido e affollato. Bene che vada, Joe, tu hai un centinaio di anni da vivere da queste parti. E di regola io ne conosco una sola: Cazzo, Joe, bisogna essere buoni!».

[Kurt Vonnegut, Un uomo senza patria, traduzione di Martina Testa, Roma, minimum fax 2006, p. 88]