Un invito di Vonnegut

lunedì 25 Febbraio 2013

Sì, questo pianeta si trova in un gran brutto casino. Ma è sempre stato un casino. Non ci sono mai stati “i bei vecchi tempi”, c’è stato soltanto il tempo. E come dico ai miei nipoti: «Non guardate me. Io qui ci sono appena arrivato».
Ci sono anche vecchi babbioni che dicono che per diventare veramente adulto uno deve essere sopravvissuto, come hanno fatto loro, a qualche celebre calamità: la Grande Depressione, la seconda guerra mondiale, il Vietnam eccetera. Sono i narratori a mettere in giro questa falsa credenza, che è distruttiva, per non dire suicida. Spesso e volentieri, nelle loro storie, dopo qualche casino tremendo, il personaggio alla fine può dire «Oggi sono una donna. Oggi sono un uomo. Fine».
Quando sono tornato a casa dalla seconda guerra mondiale, mio zio Dan mi ha dato una pacca sulla spalla e mi ha detto: «Adesso sei un uomo». E io l’ho ammazzato. No, non l’ho ammazzato per davvero, ma mi è venuta una gran voglia di farlo.
Dan era il mio zio stronzo, quello che diceva che un uomo non è mai un vero uomo finché non è stato in guerra.
Ma avevo anche uno zio buono, Alex, che adesso non c’è più. Era il fratello minore di mio padre: laureato ad Harward, senza figli, abitava a Indianapolis ed era un onesto impiegato di una compagnia di assicurazioni. Era un uomo colto e saggio. E la cosa che più rimproverava agli altri esseri umani era che si rendevano troppo raramente conto della loro stessa felicità. Perciò, quando d’estate stavamo seduti sotto un melo a bere limonata, parlando del più e del meno, quasi ronzando come api, zio Alex all’improvviso interrompeva quelle piacevoli quattro chiacchiere per esclamare: «Ah, questa sì che è vita!»
E così io oggi faccio lo stesso, e lo stesso fanno i miei figli e i miei nipoti. E invito anche voi a rendervi conto dei momenti di felicità e a esclamare, mormorare o pensare fra voi, a un certo punto: «Ah, questa sì che è vita!»

[Kurt Vonnegut, Un uomo senza patria, traduzione di Martina Testa, Roma, minimum fax 2006, pp. 105-6]