Sono aperte

sabato 10 Gennaio 2009

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Si sono aperte le iscrizioni alla seconda scuola elementare di scrittura emiliana (succursale di Bologna – libreria Modo infoshop di via Mascarella).
Dal 2 di febbraio al 6 aprile, tutti i lunedì dalle 21 alle 23 e 30 (ci sono ancora 7 posti).
Per informazioni: info@modoinfoshop.com.

Sostituzione (3)

domenica 16 Novembre 2008

Un altro pezzo che viene dagli esercizi di sostituzione della scuola elementare di scrittura emiliana. È di Giorgia (Vezzali) che ha usato come testo base una poesia di Jacques Prévert. Giorgia pensa che il pezzo originale, che ci ha letto a scuola, fosse troppo lungo per il sito, e l’ha un po’ ridotto.

Questo dentista.

Questo dentista.
Così violento. Così fragile. Così tenero. Così disperato.
Questo dentista. Bello come il giorno. E cattivo come il tempo.
Quando il tempo è cattivo.
Questo dentista così vero. Questo dentista così bello.
E così beffardo.
Tremante di paura come un bambino al buio.
E così sicuro di sé. Come un uomo tranquillo nel cuore della notte.
Questo dentista che impauriva gli altri.
Che li faceva tacere. Che li faceva impallidire.
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Saltuariamente

giovedì 13 Novembre 2008

Altro esercizio di sostituzione risolto dai frequentatori della scuola elementare di scrittura emiliana succursale di Bologna nella persona di Lorenzo (Biagini):

Io sono il Signore Dio tuo.
Saltuariamente avrai altro Dio fuori di me.
Saltuariamente nominerai il nome di Dio invano.
Ricordati di santificare le feste.
Onora il padre e la madre.
Saltuariamente ucciderai.
Saltuariamente commetterai atti impuri.
Saltuariamente ruberai.
Saltuariamente dirai falsa testimonianza.
Saltuariamente desidererai la donna d’altri.
Saltuariamente desidererai la roba d’altri.

Fisarmoniche

mercoledì 12 Novembre 2008

Il settimo compito della scuola di scrittura emiliana consisteva nel cercare un testo con una o più parole ricorrenti, sostituire queste parole con delle altre, e vedeva cosa succedeva.
Mirella (Giordani) l’ha risolto così:

NIENTE BAMBINI AI SUONATORI DI FISARMONICA
LONDRA – Gli hanno vietato tutti i locali pubblici, pub inclusi. Adesso un nuovo divieto colpisce i fisarmonicisti: quello di adottare un bambino. Chi ha la passione della fisarmonica non potrà più candidarsi a riceverne uno dalle agenzie di affidamento. La decisione è stata presa soltanto da un comune ai sobborghi di Londra, Redbridge, i cui amministratori l’hanno approvata all’unanimità. Ma altri potrebbero ora seguirne l’esempio. Intento della norma, che entrerà in vigore nel 2012, è proteggere i bambini dagli effetti dannosi del suono della fisarmonica. “Ci rendiamo conto che è un tema molto delicato, ha dichiarato Michael Stark, consigliere della municipalità di Redbridge addetto all’infanzia, “perché alcune persone considereranno questa legge come un’intrusione nelle libertà individuali del cittadino. Ma d’altra parte sappiamo anche che la fisarmonica aumenta il rischio di gravi malattie per i bambini”. L’iniziativa è partita alla luce degli ultimi studi scientifici secondo cui il suono della fisarmonica è causa di gravi malattie degenerative dell’ orecchio medio, turbe cognitive e disturbi dell’apprendimento, ai quali i bambini sono esposti per via della debolezza del loro sistema immunitario e della sensibilità del loro giovane apparato uditivo.
La lobby della fisarmonica non è d’accordo e protesta vigorosamente. “Questo è solo un ulteriore tentativo di isolare i fisarmonicisti dal resto della società, afferma un portavoce di Fisa, gruppo per la difesa dei diritti dei fisarmonicisti.
Anche l’Associazione Genitori Adottivi ha qualche perplessità: “Comprendiamo che la creazione di un ambiente libero dal suono della fisarmonica sia a vantaggio dei bambini, dice un comunicato, “ma non siamo d’accordo che il divieto vada applicato sempre e comunque a tutti i fisarmonicisti”.

Ismaele

mercoledì 12 Novembre 2008


Nel corso della settima lezione della Scuola elementare di scrittura emiliana (succursale di Bologna) abbiamo parlato di un libro del quale si è parlato molto, in rete, il libro dei fincipit, Sempre cara mi quest’ernia al colon, di Alessandro Bonino e Stefano Andreoli.
Chi lo conosce, non troverà nel seguito niente che non sappia già, chi non lo conosce deve sapere che il fincipit, se ho capito bene, è una pratica inventata da Alessandro Bonino e nominata da Stefano Andreoli che consiste nel prendere l’inizio di un libro o di una poesia o di una canzone famosa e nell’immaginare un seguito repentino e disastroso che provocherebbe la fine immediata di quell’opera o di quella canzone.
Dal libro, che ha la prefazione di Stefano Bartezzaghi, nel corso della settima lezione della Scuola elementare di scrittura emiliana (succursale di Bologna) abbiamo letto (più o meno) i fincipit seguenti:

Ei fu. Siccome immobile,
pagava l’ICI.

Chiamatemi Ismaele.
Che a me vede il numero sul cellulare e non risponde.
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Alle sette della mattina

sabato 8 Novembre 2008

Dalla scuola elementare di scrittura emiliana, ma un po’ per conto suo, è venuto fuori questo testo di Pasquale (Vollo) che mi piace mettere qua.

Ecco, adesso che ci penso, che mi chiedo come faccio a spiegare qualcosa che potrebbe turbare anime troppo sensibili, che non vogliono sentire pronunciare certi termini o che non vogliono che si parli in un certo modo, ebbene, a queste anime candide e belle gli spiego le cose, così come stanno.
Mica semplice, vedi, è facile per gli altri, che non sanno, per chi non li conosce o anche per chi ci resta solo pochi minuti, è facile per loro chiedere, chiedere e sempre chiedere e pretendere. Venite alle sette della mattina, l’inferno troverete.
Sono come polli in batteria, da ingrassare, ma non li devi mica uccidere, i soldi si fanno lasciandoli il più possibile in vita.
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Quinto

martedì 28 Ottobre 2008

Come quinto compito della scuola elementare di scrittura emiliana bisognava scrivere una lista di cose che si sono dimenticate. Lorenzo (Biagini) ha fatto una cosa un po’ diversa, che è questa qua:

Ho dimenticato il gioco
Ho dimenticato il gioco che facevamo
Ho dimenticato il gioco che facevamo io e i miei cugini
Ho dimenticato il gioco che facevamo io e i miei cugini al mare a casa della zia
Ho dimenticato il gioco che facevamo io e i miei cugini al mare a casa della zia correndo su e giù per le stanze e tra le sedie
Ho dimenticato il gioco che facevamo io e i miei cugini al mare a casa della zia correndo su e giù per le stanze e tra le sedie che poi mi son precipitato mi son praticamente fiondato
Ho dimenticato il gioco che facevamo io e i miei cugini al mare a casa della zia correndo su e giù per le stanze e tra le sedie che poi mi son precipitato mi son praticamente fiondato dentro la camera e mia zia lì all’impiedi.
Con la faccia stupita.
Ah, le mie prime tette dell’età cosciente…
Ho dimenticato che giorno era.

Quando lui ce l’ha attiva

mercoledì 22 Ottobre 2008

Un’altra sbobinatura dalla scuola elementare di scrittura emiliana. È di Maria, che ha sbobinato una dottoranda americana (se ho capito bene) che parla del suo professore. Maria ha usato anche alcuni simboli che si usano nelle trascrizioni, non so come dire, scientifiche, delle sbobinature, come il cancelletto (#), che significa che una frase si interrompe improvvisamente. A un certo punto c’è una pausa perché è passato un motorino.

Due settimana fa ti ricordi? Io sono andata da Barigazzi che aveva l’appello. E mi aveva detto: “Ah! L’articolo che stai scrivendo non scriverlo senza di me, vieni la settimana prossima che non c’è l’appello, facciamo parliamo bla bla bla portami Bachtin tutto quanto”.
Arrivo, giovedì, inizia a ricevere alle 10, arrivo alle dieci e un quarto tipo che non c’è nessuno, io sono l’unica: “Professore le ho portato Bachtin”, ho detto “ma… la mia relazione.
“Ah ok, però sai che adesso ci sono tutti i miei laureandi … dai ci sono tutti i miei laureandi e tutto e quanto”.
Ho detto ok.
Lui ha detto: “che cosa altro mi dovevi dire?”
Ho detto: “Lei mi ha detto di venire per l’articolo”.
Lui mi guarda come se mi vedesse per la prima volta e mi dice: “Che cos’è?”
Io dico: “L’articolo, quello che lei mi ha detto di scrivere per la… quello tratto dalla tesi di l# dalla tesi”. Non ho detto la tesi di laurea. Lui mi guarda ancora ma cioè mi sembra di dire le cose tipo… cretino di merda così.
[pausa 10 secondi]
“Che tesi?”
“Mah, ho detto mah la mia# il mio articolo sui geosinonimi in Salento tutto quanto”
“Ma nella tua tesi non ci sono i geosinonimi in Salento!”
Ho detto “come non ci sono? Ci sono. Nella mia tesi di laurea è sui geosinonimi in Salento, la ricerca su Rüegg”
Ahh, la ricerca su Rüegg, ma questa è la tua tesi di laurea, ah! Perché nella tua tesi di laurea non c’è la cosa di Rüegg.
“No effettivamente la cultura materiale non c’entra”.
“Ok. E che cosa vai# vuoi fare con l’articolo?”
Ho detto, ho capito che dei giorni lui non capisce niente, che ci sono delle giornate quando lui non capisce proprio niente e io vado via e torno quando lui ce l’ha attiva, nel senso la settimana dopo capisce perfettamente, forse ha qualche… perché Marcello m’ha detto dai per me ha il diabete una cosa del genere quando tu non capisci cioè ci son dei momenti quando sei svarionato.
Ho detto va bè io non ci faccio caso perché a volte è un po’ fuori.

Un po’ come le donne

martedì 21 Ottobre 2008

Come terzo compito gli allievi della scuola elementare di scrittura emiliana han dovuto registrare un discorso orale e sbobinarlo, cioè trascriverlo facendo le modifiche che gli sembrava servissero (aggiungendo per esempio la punteggiatura, mettendo magari la traduzione di eventuali parti in dialetto, togliendo magari le parti più confuse e via di seguito).
Copio qua sotto la soluzione di Pasquale (Vollo)

Mi chiamo Terzo Bortolani, sono di Grizzana Morandi, c’ho 87 anni, sono del 21, la classe di ferro, di quelli che sono andati in Russia, anche se poi io mica ci sono andato, ero il terzo di tre fratelli. Loro si che ci sono andati in guerra, ma non sono più tornati. Primo, è morto in Africa, per mano degli inglesi; Secondo, è morto in Jugoslavia ammazzato dai titini, i partigiani di Tito, quando eravamo ancora alleati dei tedeschi, prima dell’otto di settembre. I miei lavoravano a giornata i fevan i brazzant (facevano i braccianti) Me, a nov an a son andé a bottega (Io a nove anni sono andato a bottega). A io fat d’incosa, al manvel, al carpantir, al pitaur (Ho fatto di tutto, il muratore, il carpentiere, l’imbianchino). Dato che siccome non mi piaceva di lavorare sotto padrone, sono andato a bottega da mi zio che al feva al fabr (che faceva il fabbro). Iandevan tout da mi zio (Ci andavano tutti da mio zio), finanche i padroni. Ivlevan (Volevano) essere serviti per primi e pagavano per ultimi, più iavevan i sold più eran grec (più avevano i soldi più erano tirchi). Lavorare il ferro non è mica una cosa da tutti, bisogna saperlo prendere, un po’ come con le donne, che bisogna essere buoni di prenderle. Finché l’è cheld (finché è caldo) lo modelli come più ti piace e così è per le donne, ci devi stare addosso. Quando il ferro diventa freddo è finita, va per conto suo, e così sono le donne, se le fai raffreddare se ne vanno per conto loro. Le martellate vanno date con giudizio, brisa alla dio boia (mica come capita) e così è per la donna. T’la po picher (La puoi picchiare) ma devi stare i campana e lasciarla intera. Io con le donne non ci sapevo fare, non è mica come al de din cu (al giorno d’oggi). Ogni volta quando ne incontravo una attraversavo la strada perché mi vergognavo e mi zio se ne accorgeva perché al de dop (al giorno dopo) a pensarci picchiavo il ferro più forte e capiva che mi era andata a buca. Poi mi sono fidanzato colla Pina, che era bella ma nessuno la voleva perché c’aveva una gamba più corta, ma l’era tante bon (era tanto buona) che l’ho sposata dopo sei mesi, c’avevo ventisei anni e lei ce ne aveva ventuno. A san sté insam quarant’an, e an l’ho mai piché ( Siamo stati insieme quaranta anni e non l’ho mai picchiata). Ci volevamo bene.

Vedere fuori

mercoledì 8 Ottobre 2008

Il secondo compito che è toccato agli iscritti alla scuola elementare di scrittura emiliana (il primo era stato Descrivi te stesso in cinque righe) è stato Descrivi quello che vedi fuori dalla finestra giovedì due ottobre alle ore 15.
È uno dei compiti più difficili, secondo me.
Uno degli allievi, Massimo (Bianconi), l’ha risolto in un modo che gli ha dato anche un titolo, l’ha intitolato Vedere fuori

Vedere fuori

Suona l’allarme dell’agenda elettronica; controllo e vedo lampeggiare un memo che mi ricorda il compito della Scuola di scrittura.
Subito alzo la testa per guardare fuori.
Dico fuori perche’ mi trovo all’interno della cabina di pilotaggio di un Boeing 757 proveniente da Tel Aviv parcheggiato sulla pista dell’aeroporto di Bergamo Orio al Serio.
Il finestrino davanti inquadra la pista in due piccolissime metà.
Chiedo al Comandante come faccia a vedere con un vetro cosi’ piccolo e lui mi risponde in inglese: “meno vedo meglio sto”.