Oblomovka

mercoledì 2 Marzo 2011

I temporali non sono terribili, lì, ma solo benefici; vengono sempre in periodi precisi, e non mancano mai il giorno di Sant’Elia, come per tener svglia nel popolo la memoria della nota leggenda. Il numero e la forza dei fulmini, sembra, ogni anno è lo stesso, come se dall’erario fosse stata destinata, ogni anno, a quella regione, la stessa quantità di elettricità.
Neanche le tempeste sono terribili, non si sente parlare di devastazioni, in quella regione.
Sui giornali mai una volta qualcuno che abbia letto qualcosa di simile su quell’angolino benedetto da Dio. E mai niente sarebbe stato stampato, e nessuno avrebbe mai sentito parlare, di quell’angolino, se la vedova di un contadino, Marina Kul’kova, di anni ventotto, non avesse messo al mondo in un colpo quattro bambini, avvenimento che in nessun modo si poteva tacere.

Oblomov

sabato 19 Febbraio 2011

Si figurava che gli impiegati dello stesso ufficio stabilissero tra di loro degli amichevoli legami familiari, che badassero, con cura vigilante, alla propria tranquillità e ai propri piaceri, che la presenza, sul posto di lavoro, non fosse affatto un obbligo che bisognava rispettare tutti i giorni, e che il fango, l’afa o, semplicemente, il cattivo umore, fossero pretesti sufficienti e leciti per non andare in ufficio.
E come gli dispiacque quando vide che ci voleva per lo meno un terremoto, per non andare in ufficio quando si stava bene, e di terremoti, per sfortuna, a Pietroburgo non ce n’era; le inondazioni, naturalmente, potevano essere un ostacolo, ma anche quelle erano rare.

Oblomov

mercoledì 16 Febbraio 2011

Scrivere di notte, – pensò Oblomov, – e quando dorme? Certo, guadagnerà sui cinquemila l’anno. Non son mica da buttar via. Però anche scrivere sempre; sprecare le idee, la propria anima per delle sciocchezze; cambiare parere, fare commercio della propria intelligenza e della propria immaginazione, forzare la propria natura, agitarsi, scaldarsi, infuocarsi, non aver pace e muovesi sempre in una qualche direzione… E sempre scrivere, sempre scrivere, come una ruota, come una macchina: ma scrivi domani, dopodomani; oggi è festa, è arrivata l’estate, e lui scrive sempre? Quand’è che si ferma e si riposa? Infelice!

Oblomov

martedì 15 Febbraio 2011

– Ha letto il mio articolo?
– No.
– Glielo mando, lo legga.
– Di cosa parla? – chiese, con un grande sbadiglio, Oblomov.
– Del commercio, dell’emancipazione della donna, delle splendide giornate di aprile che ci sono toccate in sorte e dell’invenzione di una nuova miscela contro gli incendi. Come mai non le legge, queste cose? Eppure si parla della nostra vita quotidiana. Ma più di tutto, io mi batto per l’indirizzo realistico in letteratura.
– E ha molto da fare? – chiese Oblomov.
– Sì, abbastanza. Due articoli sui giornali tutte le settimane, poi scrivo delle critiche letterarie, e adesso ho scitto un racconto…
– Su cosa?
– Sul fatto che, in una città, il sindaco dà dei pugni nei denti ai borghesi.
– Sì, effettivamente, indirizzo realistico, – disse Oblomov.

Oblomov

sabato 12 Febbraio 2011

Stare sdraiato, per Il’ja Il’ič, non era né una necessità, come per un malato o per una persona che voglia dormire, né un caso, come per chi sia stanco, né un piacere, come per un fannullone: era la sua condizione normale. Quand’era in casa – e era quasi sempre in casa – tutto il tempo stava sdraiato, e tutto il tempo nella stessa stanza dove l’abbiamo trovato, stanza che gli serviva da camera da letto, da studio e da salotto.

In via Gorochovaja

martedì 1 Febbraio 2011

In via Gorochovaja, in una di quelle grandi case la cui popolazione sarebbe sufficiente per un intero capoluogo di distretto, era a letto, un mattino, nel suo appartamento, Il’ja Il’ič Oblomov.
Costui era un uomo sui trentadue-trentatré anni, di media statura, di piacevole aspetto, con degli occhi grigio-scuri e l’assenza di qualsivoglia idea precisa, di qualsivoglia capacità di concentrazione nei tratti del viso. Il pensiero vagava come un libero ucello sopra al suo viso, svolazzava sopra agli occhi, si posava sulle labbra semiaperte, si nascondeva nelle pieghe della fronte poi spariva del tutto, e allora tutto il suo viso luccicava di un uguale candore di spensieratezza. Dal viso, la spensieratezza si trasferiva agli atteggiamenti di tutto il corpo, perfino alle pieghe della vestaglia.

[Ivan Aleksandrovič Gončarov, Oblomov, romanzo in quattro parti, parte prima, capitolo primo]