Scuola elementare

sabato 16 Febbraio 2019

Clic

Non vorrei mai

venerdì 25 Gennaio 2019

Quindi poi ho proprio sentito che si apriva tutto, qualcosa di strano. L’ho proprio percepito che si dilatava un sacco, che mi si spostavano delle ossa. Sì c’è un momento in cui senti proprio il rumore delle ossa che si spostano per far passare il bambino. Le ossa si devono spostare e senti crac crac. Faceva paura però ero anche felice perché lì ho capito che era cambiato qualcosa. In quel momento lì oltre alla solita gran pressione sul sedere ho sentito anche una spinta davanti. Questo dolore il bello è che nel momento in cui ci sei dentro sei troppo impegnato a resistere e quando sei fuori dopo è passato. Quindi le ragazze hanno chiamato l’ostetrica che è arrivata e mi ha detto se intanto volevo andare a fare la pipì e io sono andata però non ci riuscivo perché si vede che la Nina era già lì davanti e bloccava la vescica, allora dopo un po’ che provavo sono venuta fuori. Ho chiesto se dovevo insistere, lei mi ha detto no. Vedi tu mi ha detto, se lì seduta stai bene stai pure e io ho detto non vorrei mai fare la bambina nel water. [Da un compito di Giulia Menarbin per la scuola elementare, il testo intero è qui: Clic]

I misteri dell’etrusco

sabato 6 Ottobre 2018

Qualche anno fa, il periodo che mia figlia faceva le elementari, quando andavo a prenderla a scuola, al lunedì, arrivavo di solito un quarto d’ora prima e c’erano sempre due o tre genitori di bambini che facevano le elementari con mia figlia che parlavano delle partite del campionato di calcio del giorno prima e io mi mettevo a ascoltare e mi stupivo della cura e dell’attenzione con le quali questi genitori avevano seguito la giornata di campionato, della profondità dell’analisi tecnica, tattica, strategica e psicologica e degli sviluppi che lì, nel cortile della scuola Armandi Avogli, a Bologna, sembravano certi, inevitabili, in virtù del tono quasi scientifico di quelle conversazioni che sentivo e che si ripetevano, pensavo, tutti i lunedì all’uscita di tutte le scuole di tutt’Italia, e mi ero detto che, se una parte anche minima di questa intelligenza e di questa capacità di analisi fosse dirottata, per dire, sullo studio della lingua etrusca, probabilmente nel periodo di tempo corrispondente a un girone di ritorno si sarebbe trovata la risposta a molti misteri che, credo, da secoli tormentano i linguisti di mezzo mondo. Adesso, son passati quattro anni, mia figlia fa lo scientifico e io, in questi quattro anni, non ho dato nessun significativo contributo allo studio della lingua etrusca, mi sono invece rimesso a seguire con una certa continuità il campionato di calcio. La scusa è un libro che sto provando a scrivere, ma il motivo vero credo che sia che, a me, il calcio piace più della lingua etrusca; ho dei gusti così, un po’ alla buona, nonostante ogni tanto me ne dimentichi, e la nuova serie di pezzi che scriverò per La verità, è una serie che parla delle partite di calcio più belle che ho visto nella mia vita, e son proprio curioso di vedere cosa salterà fuori e comincio da una partita che ho visto male e che è finita in un modo orribile, per me. Io, essendo nato a Parma, io tengo per il Parma, e ho cominciato a tenere per il Parma nel 1970, quando avevo sei anni e il Parma giocava in serie D, nel girone B, e i suoi principali avversari erano il Crema, la Gallaratese, la Pergolettese e la Cremonese.
Ho cominciato a andare allo stadio qualche anno dopo, quando il Parma era in serie C, e i ricordi più vividi, della mia esperienza di tifoso del Parma, hanno a che fare col freddo. Ho preso tanto di quel freddo, allo stadio Tardini di Parma, e ho l’impressione che, nei miei periodici riavvicinamenti al calcio, oltre al fatto che mi piace, c’entri anche il desiderio di dare un senso a tutto quel freddo e a quella nebbia e a tutte quelle sconfitte, perché io, devo dire, ho elaborato una teoria che a me sembra che, il senso del calcio, non sia vincere, ma perdere. Perché vincere, io mi ricordo l’Italia, i mondiali, le due volte che ha vinto, la gente sopra le macchine, con le bandiere, con le facce pitturate di blu, o di tricolore, a gridare, a suonare il clacson, a bere, non so, io non lo capisco tanto bene, che gusto c’è, a vincere. Secondo me, mi sbaglierò, ma quando perdi, magari quattro a zero, o cinque a uno, e nell’andare a casa guardi per terra e vedi tutte le foglie, tutte le crepe che ci son sull’asfalto e ti vien da pensare a tutto quello che non va mica bene nella tua vita, a tutte le cose che ti eri ripromesso che le facevi e poi non le hai fatte, tutto il freddo che hai preso, ecco, quei momenti lì, che te ti chiedi «Ma che vita sto facendo?», secondo me son momenti che hanno più senso, di quando sei in centro, imbottigliato sopra una macchina, che canti l’inno nazionale con una bandiera in mano e la faccia dipinta di blu, o di tricolore. Il tennista Andre Agassi, in un libro che si intitola Open, racconta cos’ha pensato dopo che ha vinto il primo Wimbledon della sua vita (la traduzione è di Giuliana Lupi): «Ho la sensazione di essere stato messo a parte di un piccolo, ignobile segreto – vincere non cambia niente. Adesso che ho vinto uno slam, so qualcosa che a pochissimi al mondo è concesso sapere. Una vittoria non è così piacevole quant’è dolorosa una sconfitta. E ciò che provi dopo aver vinto non dura altrettanto a lungo. Nemmeno lontanamente». Ciò detto, io non parlerò solo di partite del Parma, e non parlerò solo di sconfitte, e la partita da cui voglio cominciare è una partita del Parma ma non è una partita in cui il Parma ha perso. No. Ha vinto. Però non ha vinto. Una partita strana. Era il febbraio del 1985, quell’anno il Parma giocava in serie B e quel giorno era ultimo in classifica, e giocava contro il Bari, che era secondo in classifica, e apparteneva a Matarrese, che era il fratello del Matarrese che era presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio, se non ricordo male, e quando avevan cominciato a giocare, Parma e Bari, il Parma dopo un po’ aveva fatto gol (Pin), poi era finito il primo tempo, era scesa un po’ di nebbia, io ero in curva nord, non si vedeva tanto bene dall’altra parte, si sentiva però, e a un certo punto si era sentito gridare, e dopo qualche secondo era arrivata la notizia che il Parma aveva fatto il secondo gol (Lombardi), e dopo un po’ si era sentito gridare, e dopo qualche secondo si era sparsa la notizia che il Parma aveva fatto il terzo gol (Berti), e dopo un po’, si era sentito gridare ancora, e tutti avevamo pensato che il Parma aveva fatto il quarto gol invece dopo qualche secondo si era sparsa la notizia che l’arbitro, Pezzella da Frattamaggiore, aveva sospeso la partita all’ottantasettesimo, a tre minuti dalla fine, per nebbia. Allora noi, che eravamo in curva, eravamo scesi dalla curva ma non eravamo andati a casa, eravamo rimasti nel piazzale a vedere cosa succedeva. Io mi ero messo a parlare con un poliziotto gli avevo detto «Ma secondo lei, è normale fare delle cose del genere?». E lui, che era un signore pelato, che mi sembrava pacato, ragionevole, ha scosso la testa ha detto qualcosa del tipo «Lascia perdere». Poi, tutto d’un tratto, deve aver ricevuto un ordine, ha abbassato il casco, mi ha detto «Vai via». Io, non davo fastidio a nessuno gli ho detto «No, non vado via, non do fastidio a nessuno». Lui mi ha detto «Vai via». Io gli ho detto «No, non vado via». Lui ha afferrato il manganello, mi ha dato una manganellata di punta sulla pancia. Io, sono andato via. E nell’andare via pensavo Che cose interessanti succedono, allo stadio Tardini di Parma, e ero quasi contento. La partita l’hanno rifatta la settimana dopo, ha vinto il Parma uno a zero (gol di Facchini). Ecco. Alla prossima.

[Uscito ieri sulla Verità]

Trentotto

martedì 14 Novembre 2017

Alla scuola elementare, stasera, il compito era il Mi ricordo (che sarebbe Sul modello del Mi ricordo di Joe Brainard e Georges Perec, scrivete una cartella di Mi ricordo) e uno, che si chiama Massimo, di cartelle ne ha scritte 38, mi ha detto.

Una corsa

mercoledì 12 Luglio 2017

Sono andato a correre, a Mosca, ho preso улица автозаводская, la strada della fabbrica di automobili, proprio sotto il mio albergo, sono andato fino in fondo, ho voltato a sinistra, ho visto che ero in улица велозаводская, la strada della fabbrica di biciclette.
Ho tirato dritto fino al primo a semaforo, ho voltato a destra, ho visto che ero in улица машиностроенияя, la strada dell’industria metalmeccanica, e sono andato fino in fondo, poi son tornato indietro, ho rifatto tutta la strada dell’industria metalmeccanica, tutta la strada della fabbrica di biciclette, tutta la strada della fabbrica di automobili e son tornato in albergo.

Ventesima scuola

lunedì 26 Giugno 2017

Sono aperte le iscrizioni alla ventesima scuola elementare di scrittura emiliana e letteratura russa (con esercizi pratici); dieci incontri di due ore e mezzo, dalle 21 alle 23 e 30 (martedì 10 ottobre, lunedì 16, 23, 30 ottobre, lunedì 6, 13, 20 e 27 novembre, lunedì 4 e 11 dicembre all’Atelier Sì di via San Vitale, a Bologna) nei quali si tratta:
dei semicolti e delle loro scritture,
di letterario e di non letterario,
del suono e del senso,
di letteratura di finzione e di letteratura del fatto,
dell’andare fuori tema,
dello straniarsi,
del non sapere,
delle liste, delle fattografie,
della storia delle cose,
della frase,
della ripetizione della frase,
dei diversi modi di ripetere la frase,
della trama e della non trama,
del montaggio,
del tutto e del niente,
delle biografie,
delle agiografie e del contrario delle agiografie,
delle poesie,
del suono nelle poesie e
del contrario delle poesie,
dell’editoria,
delle pubblicazioni,
del senso dello scrivere,
del nostro portafoglio e di molte altre cose.

[per informazioni e iscrizioni: workshop@ateliersi.it, 338 3625724 (da lunedì a sabato h. 15.00-18.00)]

Bologna – 13 ottobre / 15 dicembre

giovedì 26 Maggio 2016

Sono aperte le iscrizioni alla scuola elementare di scrittura emiliana e letteratura russa (con esercizi pratici), dieci incontri di due ore e mezzo, dalle 21 alle 23 e 30 (giovedì 13, 20 e 27 ottobre, giovedì 3, 10, 17 e 24 novembre novembre, giovedì primo, 8 e 15 dicembre all’Atelier Sì di via San Vitale, a Bologna).
Si tratta:
dei semicolti e delle loro scritture,
di letterario e di non letterario,
del suono e del senso,
della paura e del riso,
dell’andare fuori tema,
dello straniarsi,
del non sapere,
delle liste, delle fattografie,
della storia delle cose,
della frase,
della ripetizione della frase,
dei diversi modi di ripetere la frase,
della trama e della non trama,
del tutto e del niente,
delle biografie,
delle agiografie e del contrario delle agiografie,
delle poesie,
del suono nelle poesie e
del contrario delle poesie,
dell’editoria,
delle pubblicazioni,
del senso dello scrivere e li si tratta passando attraverso dei capolavori della letteratura russa dell’ottocento, che leggeremo insieme (il cappotto di Gogol’ e La donna di picche di Puškin, per esempio) e dei capolavori della letteratura italiana del 900 che è meglio non anticipar quali sono che sono un po’ una sorpresa.
Per informazioni info@ateliersi.it, tel. 3290898744

Una lingua del genere

martedì 12 Gennaio 2016

Atelier sì

[Mi hanno chiesto di scrivere un pezzetto per raccontare cosa succede a fare la scuola elementare di scrittura emiliana e letteratura russa che comincia tra poco a Atelier sì (clic) lo metto qua sotto]

La prima scuola elementare di letteratura emiliana è stata organizzata a Reggio Emilia nel 2006, dieci anni fa, nei locali dell’Arci di Reggio Emilia; eravamo in tre maestri, se così si può dire, Daniele Benati, Ugo Cornia e io.
Poi, nel 2008, ho cominciato a fare la scuola a Bologna, alla Modo infoshop, in via Mascarella e ho continuato fino al 2015 e adesso, nel 2016, proviamo a farla a Atelier Sì, in via San Vitale.
È una scuola dove, in sostanza, si insegna che si può scrivere anche male, cioè si insegna che la lingua letteraria non è necessariamente una lingua colta, non è necessariamente diversa dalla lingua che parliamo tutti i giorni e che tutti i giorni sentiamo parlare per strada, sui treni o sugli autobus, e che anche con una lingua umile, povera, sgrammaticata, magari, si possono fare delle cose non brutte.
La letteratura russa dell’otto e del novecento è fatta, per buona parte, con una lingua del genere, e nella scuola elementare di scrittura emiliana e di letteratura russa che faremo a Atelier Sì proveremo anche a leggere dei racconti russi come Il cappotto di Gogol’ o La donne di picche di Puškin e a ragionare su come son fatti.
E, partendo dalla lezione di un critico che si chiama Viktor Šklovskij, proveremo a verificare se funziona il consiglio che dà lui quando formula la teoria dello straniamento, cioè che per scrivere bisogna guardare le cose che ci stanno intorno, anche quelle che conosciamo benissimo, come la nostra casa, o la nostra città, come se le vedessimo per la prima volta.
E verificheremo se è vero, come mi sembra, che scrivere significhi farsi crescere dentro la pancia una piccola macchina per lo stupore.
E staremo attenti agli effetti che produce il fatto di mettersi a scrivere, che mettersi a scrivere è una cosa che mi sembra produca degli effetti stranissimi, che sono stati riassunti in un’intervista che Iosif Brodskij ha rilasciato qualche anno fa a Gabriella Caramore, quando ha detto: «Non sono le circostanze a creare uno scrittore, quanto piuttosto il contrario: uno scrittore, ciò che ha scritto, crea le proprie circostanze. Gli scritti di una persona non dipendono dalla sua biografia. È la biografia che deriva dagli scritti».

I corsi di quest’autunno alla Modo infoshop

martedì 15 Settembre 2015

Sono aperte le iscrizioni alla scuola elementare di letteratura russa e scrittura emiliana (con esercizi pratici), dieci incontri di due ore e mezzo, dalle 21 alle 23 e 30 (lunedì 12, 19 e 26 ottobre, martedì 3 novembre, lunedì 9, 16, 23 e 30 novembre e lunedì 7 e 14 dicembre), alla Modo infoshop di via Mascarella, a Bologna, dove ragioneremo:
dei semicolti e delle loro scritture,
di letterario e di non letterario,
del suono e del senso,
della paura e del riso,
dell’andare fuori tema,
dello straniarsi,
del non sapere,
delle liste, delle fattografie,
della storia delle cose,
della frase,
della ripetizione della frase,
dei diversi modi di ripetere la frase,
della trama e della non trama,
del tutto e del niente, delle biografie,
delle agiografie e del contrario delle agiografie,
delle poesie,
del suono nelle poesie e
del contrario delle poesie,
dell’editoria,
delle pubblicazioni,
del senso dello scrivere, e ci ragioneremo passando attraverso dei capolavori della letteratura russa dell’ottocento, che leggeremo insieme (il cappotto di Gogol’, La donna di picche di Puškin, Un eroe dei nostri tempi di Lermontov, Chadži-Murat di Tolstoj.
Per informazioni e iscrizioni: clic (questo corso è riservato a chi non ha mai fatto un corso con me alla modo infoshop).
Poi sono aperte le iscrizioni anche alla scuola elementare di scrittura gialla, nera, del terrore e del brivido, con esercizi pratici, (questo corso è riservato a chi ha già fatto un corso con me alla Modo infoshop), otto incontri dalle 21 alle 23 e 30 sempre alla Modo infoshop di via Mascarella a Bologna (martedì 27 ottobre, giovedì 5, 12, 19 e 26 novembre e giovedì 3, 10 e 17 dicembre), dove si ragionerà
di cos’è la scrittura gialla (o nera, o del terrore o del brivido),
del perché ci piace avere paura,
del genere come sponda letteraria,
della naturalezza,
o della non naturalezza,
dell’immedesimazione con il colpevole e
di tante altre cose, e dove leggeremo insieme Il postino suona sempre due volte, di James Cain, L’amico americano di Patricia Highsmith, Roseanna, di Maj Sjöwall e Per Wahlöö e di Ad occhi chiusi, di Gianrico Carofiglio.
Per informazioni e iscrizioni: clic

Mi ricordo

giovedì 6 Maggio 2010

[Dal quinto quaderno della scuola elementare di scrittura emiliana, lo svolgimento di Silvia Torlone del compito Sul modello di Mi ricordo di G. Perec, scrivete una serie di Mi ricordo]

Mi ricordo che un anno a  mio fratello gli regalarono l’Allegro chirurgo, che il pezzo più facile da estrarre dal corpo del pagliaccio, per me era l’osso, mentre quello più difficile era il cestello. Mi ricordo che vinceva sempre lui e che a me quindi mi piaceva giocarci anche da sola.
Mi ricordo quando il sangue non bastava. Cominciò all’improvviso a inaridirsi nelle vene.
Mi ricordo che sul muretto Silvio mi dava un bacio dopo che era stato dal dentista, io lo sentivo il gusto di medicina. Mi ricordo che lui mi piaceva perché era l’unico maschio che avevo conosciuto che si chiamava come me e perché aveva le lentiggini. Mario perché andava già alle superiori e aveva le sopracciglia unite che sembrava un gabbiano. Antonio perché si faceva le canne. Marcello perché mi portava due merende e ai concerti del primo maggio. Guglielmo perché mi piaceva solo lui, perché era altissimo e aveva i mocassini. Continua a leggere »