Una lingua del genere
[Mi hanno chiesto di scrivere un pezzetto per raccontare cosa succede a fare la scuola elementare di scrittura emiliana e letteratura russa che comincia tra poco a Atelier sì (clic) lo metto qua sotto]
La prima scuola elementare di letteratura emiliana è stata organizzata a Reggio Emilia nel 2006, dieci anni fa, nei locali dell’Arci di Reggio Emilia; eravamo in tre maestri, se così si può dire, Daniele Benati, Ugo Cornia e io.
Poi, nel 2008, ho cominciato a fare la scuola a Bologna, alla Modo infoshop, in via Mascarella e ho continuato fino al 2015 e adesso, nel 2016, proviamo a farla a Atelier Sì, in via San Vitale.
È una scuola dove, in sostanza, si insegna che si può scrivere anche male, cioè si insegna che la lingua letteraria non è necessariamente una lingua colta, non è necessariamente diversa dalla lingua che parliamo tutti i giorni e che tutti i giorni sentiamo parlare per strada, sui treni o sugli autobus, e che anche con una lingua umile, povera, sgrammaticata, magari, si possono fare delle cose non brutte.
La letteratura russa dell’otto e del novecento è fatta, per buona parte, con una lingua del genere, e nella scuola elementare di scrittura emiliana e di letteratura russa che faremo a Atelier Sì proveremo anche a leggere dei racconti russi come Il cappotto di Gogol’ o La donne di picche di Puškin e a ragionare su come son fatti.
E, partendo dalla lezione di un critico che si chiama Viktor Šklovskij, proveremo a verificare se funziona il consiglio che dà lui quando formula la teoria dello straniamento, cioè che per scrivere bisogna guardare le cose che ci stanno intorno, anche quelle che conosciamo benissimo, come la nostra casa, o la nostra città, come se le vedessimo per la prima volta.
E verificheremo se è vero, come mi sembra, che scrivere significhi farsi crescere dentro la pancia una piccola macchina per lo stupore.
E staremo attenti agli effetti che produce il fatto di mettersi a scrivere, che mettersi a scrivere è una cosa che mi sembra produca degli effetti stranissimi, che sono stati riassunti in un’intervista che Iosif Brodskij ha rilasciato qualche anno fa a Gabriella Caramore, quando ha detto: «Non sono le circostanze a creare uno scrittore, quanto piuttosto il contrario: uno scrittore, ciò che ha scritto, crea le proprie circostanze. Gli scritti di una persona non dipendono dalla sua biografia. È la biografia che deriva dagli scritti».