1 dicembre – Bologna

lunedì 1 Dicembre 2014

Lunedì 1 dicembre,
a Bologna,
alle 19 e 15,
alla libreria Modo infoshop,
in via Mascarella 24/B,
seconda parte (di quattro)
della lettura integrale di
Mosca–Petuški
di Venedikt Erofeev.

La lettura integrale di Mosca–Petuški

martedì 25 Novembre 2014

erofeev, mosca petuski

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Prima parte (di quattro) della lettura integrale di Mosca–Petuški di Venedikt Erofeev: Clic

24 novembre – Bologna

lunedì 24 Novembre 2014

Lunedì 24 novembre,
a Bologna,
alle 19 e 15,
alla libreria Modo infoshop,
in via Mascarella 24/B,
Prima parte (di quattro)
della lettura integrale di
Mosca–Petuški
di Venedikt Erofeev.

Una cosa lunghissima

mercoledì 1 Ottobre 2014

erofeev, mosca petuski

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Clic

30 settembre – Bologna

martedì 30 Settembre 2014

Martedì 30 settembre,
a Bologna,
alla libreria Modo infoshop,
in via Mascarella 24/B,
alle 21,
con Ermanno Cavazzoni
parliamo di
Mosca – Petuški,
poema ferroviario
di Venedikt Erofeev.

Un rrrublo

lunedì 22 Settembre 2014

erofeev, mosca petuski

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

– C’era un mio amico, non me lo dimenticherò mai. Era sempre stato, in un certo senso, un uomo appassionato, ma quella volta lì era come se gli fosse entrato dentro un diavolo. Era impazzito, e sapete per chi? Per Ol’ga Erdeli, la famosa arpista sovietica. Forse, anche Vera Dulova è un’arpista famosa. Ma lui era impazzito per la Erdeli. E non l’aveva mai vista in vita sua, l’aveva solo sentita strimpellare sull’arpa per radio e, pensa un po’ te, era impazzito…
Era impazzito e stava a letto. Non lavorava, non studiava, non fumava, non beveva, non si alzava da letto, non gli piacevano le ragazze, non si affacciava alla finestra. Dagli Ol’ga Erdeli, il discorso è tutto lì. Quando mi godrò l’arpista Ol’ga Erdeli, solo allora risorgerò: mi alzerò dal letto, lavorerò e studierò, berrò e fumerò e mi affaccerò alla finestra. Noi gli dicevamo:
– Ma perché proprio Ol’ga Erdeli? Prendi almeno Vera Dulova al posto della Erdeli. Vera Dulova suona benissimo!
E lui:
– Che vi venga un canchero a voi e a Vera Dulova! La vostra Vera Dulova non la posso neanche vedere. Non ci cagherei neanche insieme, con la vostra Vera Dulova!
Insomma, vediamo che il ragazzo ha fuso. E dopo tre giorni andiamo ancora da lui:
– Be’, sei ancora lì a farneticare di Ol’ga Erdeli? Abbiam trovato una medicina: vuoi che ti trasciniamo qua, domani, Vera Dulova?
– Certo – ha risposto, – se volete che la strangoli con una corda della sua arpa, la vostra Vera Dulova, prego,  trascinatemela qua. Io la strangolo.
Cosa potevamo fare? Il ragazzo si stava spegnendo, bisognava salvarlo. Sono andato da Ol’ga Erdeli, volevo spiegarle la faccenda, ma poi non ce l’ho fatta. Volevo andare anche da Vera Dulova, ma no, ho pensato, che poi la strangola come un nontiscordardime. E passeggiavo per Mosca, di sera, e ero triste: loro là eran sedute alle loro arpe e suonavano, ingrassavano e si gonfiavano, alle loro arpe, e del ragazzo sarebbero rimaste solo rovine e polvere.
E a quel punto ho incontrato una donnetta, non che fosse troppo vecchia, ma era già ubriaca fradicia. «Un rrrublo! – dice, – Dammi un rrrublo!». E lì qualcosa mi ha illuminato. Le ho dato un rublo e le ho spiegato tutto: lei, questa donnina, si è dimostrata più comprensiva della Erdeli, e perché fosse perfettamente convincente le ho fatto prendere su anche una balalajka.
E allora la porto dal mio amico. Entriamo: è sempre sdraiato, malinconico. Subito gli lancio la balalajka, proprio dalla soglia. E poi gli scaravolto davanti questa Ol’ga, gliela butto addosso, questa Ol’ga! «Eccola, la Erdeli! Se non ci credi, chiediglielo». E al mattino guardo: la finestra è aperta, lui è affacciato alla finestra e fuma piano. Poi, piano piano comincia a lavorare, comincia a studiare, comincia a bere… E ritorna a essere un uomo come si deve. Ecco, visto?
 
[Venedikt Erfoeev, Mosca-Petuški, pp. 123-124]

Ferroviaria

venerdì 19 Settembre 2014

erofeev, mosca petuski

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con la Battaglia stamattina siamo entrati in libreria, c’era Mosca–Petuški di Erofeev esposto e lei ha detto «Ma se è un poema ferroviario, perché ci avete messo un rospo?». «Cosa dovevamo metterci – le ho chiesto io, – una poesia?». «No, – mi ha detto lei, – un ferroviario».

Sotto le gambe dei tavolini

lunedì 1 Settembre 2014

erofeev, mosca petuski

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E vorrei finire con due cose, una scritta da Evgenij Popov, l’altra da Fëdor Dostoevskij. Popov, che è quello che ha scritto che Mosca–Petuškì in Russia lo conoscono tutti quelli che hanno un rapporto, per quanto minimo, con la letteratura o, nella peggiore delle ipotesi, con la vodka, prova anche a spiegarsi il motivo della straordinaria popolarità del poema (ferroviario) di Erofeev. E dice che forse dipende dal fatto che Erofeev, «diversamente da altri scrittori, non è venuto dal popolo, ma nel popolo è rimasto». Erofeev, scrive Popov, «ha vissuto la sua vita terrena come un uomo semplice: ha bevuto, ha girovagato, si è sposato due volte, è diventato padre e nonno, i suoi taccuini sono stati trovati sotto le gambe di tavolini zoppi di legno, dove avevan servito da zeppe, fogli con la sua scrittura sono stati usati per chiudere barattoli di marmellata», scrive Popov, e con questo abbiam quasi finito. Volevo solo aggiungere che, chiedo scusa se parlo di cose che mi sono successe, volevo solo aggiungere che tradurre questo libro mi ha fatto tornare la voglia di leggere i classici russi, e mi son messo a leggere i Fratelli Karamazov, di Dostoevskij, e avevo appena cominciato che ho trovato una frase che ho pensato che forse era la frase ideale per finire questa introduzione. Alla fine della sua prefazione, Dostoevskij scrive: «E questa, in sostanza, è la prefazione. Sono perfettamente consapevole del fatto che era superflua, ma, dal momento che è stata scritta, lasciamola qui».

[Dall’Introduzione al poema ferroviario di Venedikt Erofeev Mosca-Petuški (che esce dopodomani, se non sbaglio)]

Verso la stazione di Kursk

martedì 26 Agosto 2014

mosca petuski erofeev

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tutti dicono il Cremlino, il Cremlino. Con tutto quello che ne ho sentito dire, non l’ho mai visto. Quante volte, ormai (mille volte), con addosso il ciclone o l’anticiclone ho attraversato Mosca da nord a sud, da occidente a oriente, dall’inizio alla fine, da una parte all’altra e a casaccio, non l’ho mai visto neanche una volta.
E ieri, ecco, non l’ho visto neanche ieri, eppure ho girato tutto il giorno intorno a quei posti lì, e non è che fossi neanche tanto ubriaco: uscito dalla stazione Savelskaja avevo bevuto per cominciare un bicchiere di vodka del Bisonte perché so per esperienza che, come decotto mattutino, il genere umano non ha ancora inventato niente di meglio.
Quindi. Un bicchiere di vodka del Bisonte. E poi, in via Kaljaevskaja, un altro bicchiere, solo non di vodka del Bisonte ma di vodka al coriandolo. Un mio conoscente diceva che la vodka al coriandolo agisce sull’uomo in senso antiumano, cioè rinvigorisce le membra e indebolisce l’anima. Con me è successo chissà perché il contrario, vale a dire che l’anima si è rafforzata al massimo grado, e le membra si sono indebolite, ma sono d’accordo sul fatto che si tratta di una cosa antiumana. Perciò sempre lì, in via Kaljaevskaja, ho aggiunto due boccali di birra Žiguli e ho bevuto a collo dell’Albe-de-dessert .
Voi, naturalmente, chiedete: E poi, Venička, cos’hai bevuto? Io, di preciso, cos’ho bevuto, non lo so, bene. Mi ricordo, questo me lo ricordo nitidamente, che in via Čechov ho bevuto due bicchierini di vodka del cacciatore. Ma come avrei fatto a arrivar fino alla circonvallazione senza bere niente? Non avrei potuto. Quindi, devo aver bevuto qualcos’altro.
E poi mi sono diretto verso il centro, perché mi succede sempre così, quando cerco il Cremlino, vado sempre a finire alla stazione di Kursk. Io, a dire il vero, dovevo proprio andare alla stazione di Kursk, non in centro, ma mi son comunque diretto verso il centro, perché volevo, almeno una volta, dare un’occhiata al Cremlino: anche se poi, ho pensato, il Cremlino non lo vedrò neanche pitturato, ma finirò, dritto come un fuso, alla stazione di Kursk.
Mi vergogno così tanto che mi viene da piangere. Non è che mi vergogni, naturalmente, perché ieri, poi, alla stazione di Kursk non ci son poi finito (è una stupidata, non ci sono finito ieri, ci finirò oggi). E naturalmente, non per il fatto che stamattina mi sono svegliato in un androne sconosciuto (sembra che ieri mi sia seduto, in questo androne, sopra uno scalino, a contare dal basso il quarantesimo, abbia stretto al cuore la mia valigetta, e mi sia addormentato lì). No, non è per quello che ho vergogna. Ecco perché ho vergogna: ho appena fatto il conto che da via Čechov fino a questo androne ho bevuto ancora per sei rubli, ma cosa ho bevuto? E dove? E in che ordine? E ho bevuto per il mio bene o per il mio male? Nessuno lo sa e, ormai, nessuno lo saprà mai. Non sappiamo ancora: è stato lo zar Boris a uccidere lo zarevič Dimitrij o viceversa?

(Venedikt Erofeev, Mosca–Petuški. Poema ferroviario, esce il tre settembre, se non sbaglio)

Ecco

martedì 19 Agosto 2014

Mosca Petuskì Erofeev

 

 

 

 

 

 

[Esce i primi di settembre]