L’Italia e la Sorbona

domenica 8 Luglio 2018

E il Baffonero aveva detto:
– Be’, lei ha visto molto, ha viaggiato molto, mi dica: dove stimano di più l’uomo russo, al di qua o al di là dei Pirenei?
– Non so come sia al di là. Ma al di qua non lo stimano affatto. Io per esempio son stato in Italia: là all’uomo russo non ci pensano minimamente. Là cantano e dipingono, e basta. Uno, per dire, sta in piedi e canta. E un altro, lì vicino, sta seduto e fa il ritratto a quello che canta. E un terzo, a una certa distanza, canta di quello che fa il ritratto. Ti vien su una tristezza. E loro la nostra tristezza non la capiscono…
– Son poi italiani. Capiscono forse qualcosa, gli italiani? – mi aveva dato ragione il Baffonero.
– Proprio. Quando ero a Venezia, il giorno di San Marco volevo vedere la regata delle gondole. E m’è venuta una tristezza, a vedere questa regata. Il cuo- re si scioglieva in lacrime ma le labbra serbavano il silenzio. E gli italiani non capivano, ridevano, mi in- dicavano col dito: «Guardate, c’è Erofeev, ancora in giro, tutto scoglionato!». Ero scoglionato? Non ero scoglionato. Solo, le labbra serbavano il silenzio.
Che in Italia, io, a dire il vero, non avevo niente da fare. Volevo solo vedere tre cose: il Vesuvio, Ercolano e Pompei. Ma mi hanno detto che il Vesuvio era già un po’ che non c’era più, e mi hanno mandato a Ercolano. E a Ercolano mi han detto: «Ma cosa te ne fai, coglione, di Ercolano? Vai piuttosto a Pompei».
Arrivo a Pompei, e mi dicono «E basta, con questo Pompei! Vai piuttosto a Ercolano».
Pianto baracca e burattini e parto per la Francia. Cammino cammino, mi avvicino già alla linea Magi- not, e d’un tratto mi vien da pensare: ascolta, penso, torniamo indietro, andiamo a stare un po’ da Lui- gi Longo, leggiamo un po’ di libri, per non girare a vuoto. Certo, sarebbe meglio afittare una branda da Palmiro Togliatti, però è appena morto. E cos’ha, che non va, Luigi Longo1?
Comunque poi indietro non ci son tornato. E passando dal Tirolo sono andato in direzione della Sorbo- na. Sono arrivato alla Sorbona e ho detto: voglio studiare al baccalauréat. E mi chiedono: «Se vuoi studiare al baccalauréat, devi avere qualcosa di caratteristico come fenomeno. E cos’hai, come fenomeno, di caratteristico?». Io, cosa potevo rispondergli? Gli ho detto: «Be’, cosa posso avere, come fenomeno, di caratteristi- co? Sono un orfano». «Dalla Siberia?» mi chiedono. Io dico: «Dalla Siberia». «Be’, se vieni dalla Siberia, in questo caso, almeno nella tua psiche dovrà pur esserci qualcosa di caratteristico. Cosa c’è di caratteristico nella tua psiche?». Ci ho pensato: non eravamo mica a Chrapunovo, eravamo alla Sorbona, bisognava dir qualcosa di intelligente. Ci ho pensato e ho detto «A me, come fenomeno, è caratteristico il logos autocrescente».

Come si depura la vernice per mobili

venerdì 29 Giugno 2018

Qual è l’ingrediente del «Balsamo di Canaan» che apprezziamo più di tutti? Be’, naturalmente il denaturato. Anche se il denaturato, essendo solo oggetto d’ispirazione, il denaturato di per se stesso di ispirazione è assolutamente privo. Che cosa, dunque, apprezziamo più di ogni altra cosa, nel denaturato? Ma certamente, la nuda sensazione gustativa. E ancora di più il miasma che emana. Per attenuare questo miasma serve almeno un pizzico di profumo. Per questo motivo, nel denaturato si versa – nella proporzione di 1:2:1 – della birra vellutata, meglio se Ostankino, o Senator, e della vernice per mobili depurata.
Non mi metto a ricordarvi come si depura la vernice per mobili. È una cosa che sanno anche i bambini. Non si capisce perché in Russia nessuno sa come è morto Puškin, e come si depura la vernice per mobili lo sanno tutti.
In breve, scrivete la ricetta del «Balsamo di Cana- an». Ci è data una vita sola, e dobbiamo viverla in modo da non sbagliare le ricette:

Alcool denaturato 100 g.
Birra vellutata 200 g
Vernice depurata 100 g.

Ed ecco, davanti a voi, il «Balsamo di Canaan» (chiamato familiarmente “volpe bruna”), un liquido che ha effettivamente un colore nero-grigio-marrone, moderatamente forte e con un aroma tenace. Non è neanche un aroma, è un inno. L’inno della gioventù democratica. Proprio così. Dal momento che, in chi beve questo cocktail, maturano la volgarità e le forze oscure. L’ho notato tante di quelle volte.
E per prevenire, in qualche maniera, queste forze oscure, ci sono due modi. Il primo, non bere il «Balsamo di Canaan», il secondo, bere al suo posto lo «Spirito di Ginevra».

Il compagno Longo

venerdì 4 Maggio 2018

[Mi è arrivata a casa la nuova edizione della guida del Touring di Mosca e San Pietroburgo, con dei miei contributi, se così si può dire, su alcuni luoghi letterari nelle due città, e sulla letteratura russa in generale, tra i quali questo pezzettino su Mosca–Petuški]

In questo romanzo il protagonista dice di essere stato in Italia, ospite del segretario del Partito Comunista Italiano, il compagno Longo, e che gli italiani sono stranissimi, non fanno altro che cantare e dipingere. «Uno, per dire, sta in piedi e canta. E un altro, lì vicino, sta seduto e fa il ritratto a quello che canta. E un terzo, a una certa distanza, canta di quello che fa il ritratto. Ti vien su una tristezza. E loro la nostra tristezza non la capiscono…».

Nugoli e nugoli e nugoli

sabato 2 Dicembre 2017

C’è un libro russo che è stato scritto nel 1970 e è stato pubblicato, in Russia, nel 1989 (sulla rivista Sobrietà e cultura) e, ancora prima che fosse pubblicato, era un dei libri più importanti del secondo novecento; grazie al fenomeno del samizdat, la circolazione di copie dattiloscritte, non ufficiali, e grazie alla singolarità del romanzo, come scrive Evgenij Popov, in Russia «lo conoscevano tutti quelli che avevano un rapporto, per quanto minimo, con la letteratura o, nella peggiore delle ipotesi, con la vodka», e in Russia quelli che hanno un rapporto con la letteratura sono molti, e quelli che hanno un rapporto con la vodka moltissimi (voi siete milioni, noi siamo nugoli e nugoli e nugoli, direbbe Aleksandr Blok, poeta simbolista).
Il libro si intitola Mosca – Petuški, è un romanzo, ma ha come sottotitolo «poema» (come le Anime morte di Gogol’). Il protagonista si chiava Venička e, nella prima pagina, beve un bicchiere di vodka del Bisonte, uno di vodka al coriandolo, due boccali di birra Žiguli e, a collo, dell’Albe-de-dessert, che era un vino bianco moldavo che sembra che fosse uno dei vini più economici che si potevano trovare alla fine degli anni ’60 in Unione Sovietica, e informa i lettori che un suo conoscente diceva che la vodka al coriandolo agisce sull’uomo in senso antiumano, cioè rinvigorisce le membra e indebolisce l’anima. A lui invece succede il contrario, vale a dire che l’anima si rafforza al massimo grado, e le membra si indeboliscono, ma è d’accordo sul fatto che si tratta di una cosa antiumana. È uno, questo protagonista, che abita a Mosca e vuol sempre andare al Cremlino, e non ci riesce mai, mai una volta che sia andato davvero al Cremlino, finisce sempre alla stazione di Kursk, da dove prende un treno per Petuški. Ed è un treno, questo per Petuški, dove il biglietto costa un grammo di vodka al chilometro, e i controllori vanno in giro con i bicchieri e se li fanno riempire dai passeggeri, e se un passeggero ha il biglietto vero e proprio gli altri passeggeri lo guardan malissimo.
E Venička parla con gli angeli e suggerisce preziose ricette di strani cocktail (come la «Lacrima della giovante comunista»: «Lavanda 15 g., Verbena 15 g., Eau de Cologne “Acqua di bosco” 30 g., Lacca per le unghie 2 g., Elisir odontologico 150 g., Limonata 150 g. ) e racconta dei suoi viaggi tra cui un viaggio in Italia, dove si ferma in una branda a casa del compagno Longo, segretario del Partito Comunista Italiano, e quando gli chiedono com’è l’Italia e come sono gli italiani, lui risponde che gli italiani, se tu vai in una strada italiana, la gente, cantano e dipingono, e basta. «Uno, per dire, – c’è scritto, – sta in piedi e canta. E un altro, lì vicino, sta seduto e fa il ritratto a quello che canta. E un terzo, a una certa distanza, canta di quello che fa il ritratto a quello che canta. Ti vien su una tristezza». Questo per quel che riguarda il personaggio. L’autore, invece, io conosco uno che ha fatto una tesi sulla vodka nella letteratura russa, e nella sua tesi ha scritto che una volta c’era una amica di Venedikt Erofeev che lo doveva ospitare, e prima che arrivasse aveva pensato «Aspetta che nascondo i profumi», che aveva paura che Erofeev le bevesse i profumi: in Russia, soprattutto dopo che Gorbačëv aveva cominciato una campagna contro l’alcolismo che aveva portato alla nascita di alcune strane riviste, come Sobrietà e cultura, e aveva reso più difficile trovare da bere, succedeva che la gente si accontentasse dell’eau de Cologne o dei profumi in genere, o di certi insetticidi che, spruzzati nelle bibite, avevano un qualche potere ubriacante.
C’era anche una canzone, di un gruppo russo che si chiama Nautilus Pompilius, che si chiamava Uno sguardo dallo schermo e che parlava di Alain Delon e il cui ritornello diceva «Alain Delon, Alain Delon, non beve eau de cologne; Alain Delon, Alain Delon, beve dei gran bourbon; Alain Delon, lui parla in francese). Poi s’era scordata, l’amica di Erofeev, di nascondere i profumi, Erofeev era arrivato, lei era andata a lavorare, era tornata, era andata a guardare in bagno, non c’erano più i profumi.
Allora aveva cacciato di casa Erofeev. «Mi ricorderò sempre il modo in cui mi guardava, – ha scritto anni dopo questa signora, – è uscito di casa guardandomi senza dir niente, ascoltava i miei insulti in assoluto silenzio con un’espressione beata e pacifica che mi faceva arrabbiare ancora di più».
Dopo era arrivato il marito, di questa signora, «Dov’è Erofeev?» le aveva chiesto. «Dev’essere andato dalla Gončarova». «Ma non doveva venire da noi?». «È venuto, ma poi mi ha bevuto i profumi l’ho cacciato di casa». «Ti ha bevuto i profumi? – le aveva chiesto il marito, – E come ha fatto, che li ho nascosti io li ho messi in cantina?». Allora quella signora, aveva scritto quel mio conoscente nella sua tesi, aveva chiamato Erofeev dalla Gončarova, «Mi devi scusare», gli aveva detto. «Scusare di cosa?». «Che ti ho cacciato via perché pensavo che avevi bevuto i profumi». «Ma figurati, – le aveva detto Erofeev, – mi ero già dimenticato». «Anche te però, – aveva detto la signora, – non dicevi niente». «Eh, – aveva detto Erofeev, – mi dispiaceva per te, pensavo a come ci saresti rimasta quando ti saresti accorta che non ero stato io».
Erofeev a me sembra un grande scrittore di frasi: «Voglio essere la più insaponata di tutte le bolle»; «In questo mondo di gente onestissima, cosa ci faccio io, che mi piace raccontare delle balle?»; «Impara ad affliggerti, che di godersela anche i coglioni son capaci»; «Sto facendo tanti di quei progressi che sembro un villaggio del Kazakistan»; «Le persone più insopportabili sono quelle per le quali tutto si spiega da sé. Cos’è questo tutto? E cos’è da sé? E cosa si spiega?»; «A me, quest’anno, succedono delle cose che alla gente normale succedono solo negli anni bisestili»; «Hai le mani che puzzano di piedi, ma è lo stesso»; «Sono così sconsolatamente felice, in mezzo a questi sofferenti bon vivants»: «E perché mai dovrei essere gradevole? Anche nella nuova Costituzione non c’è questo articolo: essere gradevoli»; «Non dimenticare la cosa più importante, la commozione»; «Dal Pentagono al Cremlino, dal cielo alla terra, dalla testa ai piedi, è cambiato tutto». «Ci sono lingue nelle quali non esistono parole e espressioni offensive, e neanche indecenti. Per i malesi, per esempio, l’offesa e l’ingiuria più grande è: “Non hai vergogna?”».
Ma soprattutto, Erofeev ha scritto un romanzo che fa molto ridere ma che, alla fine, quando l’ho letto ad alta voce, in una libreria di Bologna, qualche anno fa, alla fine nessuno di noi che eravamo lì, saremo stati una ventina, aveva il coraggio di parlare, che ci sembrava che saremmo scoppiati a piangere qualsiasi cosa avessimo detto.

[Uscito ieri sulla Verità]

Un’epigrafe

lunedì 12 Ottobre 2015

erofeev 2

– Uffaaaa!
– Chi è che ha detto «Uffaaaa»? Siete voi, angeli, che avete detto «Uffaaaa»?

[Venedikt Erofeev, Mosca – Petuški, traduzione di Paolo Nori, Macerata, Quodlibet 2014, p. 63]

La lettura integrale di Mosca–Petuški

martedì 16 Dicembre 2014

erofeev, mosca petuski

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quarta e ultima parte della lettura integrale di Mosca–Petuški di Venedikt Erofeev: clic

15 dicembre – Bologna

lunedì 15 Dicembre 2014

Lunedì 15 dicembre,
a Bologna,
alle 19 e 15,
alla libreria Modo infoshop,
in via Mascarella 24/B,
ultima parte (di quattro)
della lettura integrale di
Mosca–Petuški
di Venedikt Erofeev.

La lettura integrale di Mosca–Petuški

mercoledì 10 Dicembre 2014

erofeev, mosca petuski

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Terza parte (di quattro) della lettura integrale di Mosca–Petuški di Venedikt Erofeev: Clic

8 dicembre – Bologna

lunedì 8 Dicembre 2014

Lunedì 8 dicembre,
a Bologna,
alle 19 e 15,
alla libreria Modo infoshop,
in via Mascarella 24/B,
terza parte (di quattro)
della lettura integrale di
Mosca–Petuški
di Venedikt Erofeev.

La lettura integrale di Mosca–Petuški

martedì 2 Dicembre 2014

erofeev, mosca petuski

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Seconda parte (di quattro) della lettura integrale di Mosca–Petuški di Venedikt Erofeev (l’audio gracchia un po’, questa volta): Clic