Verso la stazione di Kursk

martedì 26 Agosto 2014

mosca petuski erofeev

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tutti dicono il Cremlino, il Cremlino. Con tutto quello che ne ho sentito dire, non l’ho mai visto. Quante volte, ormai (mille volte), con addosso il ciclone o l’anticiclone ho attraversato Mosca da nord a sud, da occidente a oriente, dall’inizio alla fine, da una parte all’altra e a casaccio, non l’ho mai visto neanche una volta.
E ieri, ecco, non l’ho visto neanche ieri, eppure ho girato tutto il giorno intorno a quei posti lì, e non è che fossi neanche tanto ubriaco: uscito dalla stazione Savelskaja avevo bevuto per cominciare un bicchiere di vodka del Bisonte perché so per esperienza che, come decotto mattutino, il genere umano non ha ancora inventato niente di meglio.
Quindi. Un bicchiere di vodka del Bisonte. E poi, in via Kaljaevskaja, un altro bicchiere, solo non di vodka del Bisonte ma di vodka al coriandolo. Un mio conoscente diceva che la vodka al coriandolo agisce sull’uomo in senso antiumano, cioè rinvigorisce le membra e indebolisce l’anima. Con me è successo chissà perché il contrario, vale a dire che l’anima si è rafforzata al massimo grado, e le membra si sono indebolite, ma sono d’accordo sul fatto che si tratta di una cosa antiumana. Perciò sempre lì, in via Kaljaevskaja, ho aggiunto due boccali di birra Žiguli e ho bevuto a collo dell’Albe-de-dessert .
Voi, naturalmente, chiedete: E poi, Venička, cos’hai bevuto? Io, di preciso, cos’ho bevuto, non lo so, bene. Mi ricordo, questo me lo ricordo nitidamente, che in via Čechov ho bevuto due bicchierini di vodka del cacciatore. Ma come avrei fatto a arrivar fino alla circonvallazione senza bere niente? Non avrei potuto. Quindi, devo aver bevuto qualcos’altro.
E poi mi sono diretto verso il centro, perché mi succede sempre così, quando cerco il Cremlino, vado sempre a finire alla stazione di Kursk. Io, a dire il vero, dovevo proprio andare alla stazione di Kursk, non in centro, ma mi son comunque diretto verso il centro, perché volevo, almeno una volta, dare un’occhiata al Cremlino: anche se poi, ho pensato, il Cremlino non lo vedrò neanche pitturato, ma finirò, dritto come un fuso, alla stazione di Kursk.
Mi vergogno così tanto che mi viene da piangere. Non è che mi vergogni, naturalmente, perché ieri, poi, alla stazione di Kursk non ci son poi finito (è una stupidata, non ci sono finito ieri, ci finirò oggi). E naturalmente, non per il fatto che stamattina mi sono svegliato in un androne sconosciuto (sembra che ieri mi sia seduto, in questo androne, sopra uno scalino, a contare dal basso il quarantesimo, abbia stretto al cuore la mia valigetta, e mi sia addormentato lì). No, non è per quello che ho vergogna. Ecco perché ho vergogna: ho appena fatto il conto che da via Čechov fino a questo androne ho bevuto ancora per sei rubli, ma cosa ho bevuto? E dove? E in che ordine? E ho bevuto per il mio bene o per il mio male? Nessuno lo sa e, ormai, nessuno lo saprà mai. Non sappiamo ancora: è stato lo zar Boris a uccidere lo zarevič Dimitrij o viceversa?

(Venedikt Erofeev, Mosca–Petuški. Poema ferroviario, esce il tre settembre, se non sbaglio)