Un rrrublo
– C’era un mio amico, non me lo dimenticherò mai. Era sempre stato, in un certo senso, un uomo appassionato, ma quella volta lì era come se gli fosse entrato dentro un diavolo. Era impazzito, e sapete per chi? Per Ol’ga Erdeli, la famosa arpista sovietica. Forse, anche Vera Dulova è un’arpista famosa. Ma lui era impazzito per la Erdeli. E non l’aveva mai vista in vita sua, l’aveva solo sentita strimpellare sull’arpa per radio e, pensa un po’ te, era impazzito…
Era impazzito e stava a letto. Non lavorava, non studiava, non fumava, non beveva, non si alzava da letto, non gli piacevano le ragazze, non si affacciava alla finestra. Dagli Ol’ga Erdeli, il discorso è tutto lì. Quando mi godrò l’arpista Ol’ga Erdeli, solo allora risorgerò: mi alzerò dal letto, lavorerò e studierò, berrò e fumerò e mi affaccerò alla finestra. Noi gli dicevamo:
– Ma perché proprio Ol’ga Erdeli? Prendi almeno Vera Dulova al posto della Erdeli. Vera Dulova suona benissimo!
E lui:
– Che vi venga un canchero a voi e a Vera Dulova! La vostra Vera Dulova non la posso neanche vedere. Non ci cagherei neanche insieme, con la vostra Vera Dulova!
Insomma, vediamo che il ragazzo ha fuso. E dopo tre giorni andiamo ancora da lui:
– Be’, sei ancora lì a farneticare di Ol’ga Erdeli? Abbiam trovato una medicina: vuoi che ti trasciniamo qua, domani, Vera Dulova?
– Certo – ha risposto, – se volete che la strangoli con una corda della sua arpa, la vostra Vera Dulova, prego, trascinatemela qua. Io la strangolo.
Cosa potevamo fare? Il ragazzo si stava spegnendo, bisognava salvarlo. Sono andato da Ol’ga Erdeli, volevo spiegarle la faccenda, ma poi non ce l’ho fatta. Volevo andare anche da Vera Dulova, ma no, ho pensato, che poi la strangola come un nontiscordardime. E passeggiavo per Mosca, di sera, e ero triste: loro là eran sedute alle loro arpe e suonavano, ingrassavano e si gonfiavano, alle loro arpe, e del ragazzo sarebbero rimaste solo rovine e polvere.
E a quel punto ho incontrato una donnetta, non che fosse troppo vecchia, ma era già ubriaca fradicia. «Un rrrublo! – dice, – Dammi un rrrublo!». E lì qualcosa mi ha illuminato. Le ho dato un rublo e le ho spiegato tutto: lei, questa donnina, si è dimostrata più comprensiva della Erdeli, e perché fosse perfettamente convincente le ho fatto prendere su anche una balalajka.
E allora la porto dal mio amico. Entriamo: è sempre sdraiato, malinconico. Subito gli lancio la balalajka, proprio dalla soglia. E poi gli scaravolto davanti questa Ol’ga, gliela butto addosso, questa Ol’ga! «Eccola, la Erdeli! Se non ci credi, chiediglielo». E al mattino guardo: la finestra è aperta, lui è affacciato alla finestra e fuma piano. Poi, piano piano comincia a lavorare, comincia a studiare, comincia a bere… E ritorna a essere un uomo come si deve. Ecco, visto?
[Venedikt Erfoeev, Mosca-Petuški, pp. 123-124]