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domenica 8 Dicembre 2013

celati, selve d'amore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

È appena uscito, per la collana Compagnia extra della casa editrice Quodlibet, un libro di Gianni Celati che si intitola Selve d’amore che è fatto di quattro racconti il primo dei quali mi ha ricordato Un bambino, di Thomas Bernhard, quella parte dell’autobiografia di Bernhard che comincia con un viaggio in bicicletta che Bernhard ha fatto da piccolo, sulla bici di suo babbo, e che diventa una specie di epico fallimento, e poi di epico successo, e la stessa cosa, mi sembra, succede al protagonista del primo racconto di Selve d’amore, che, innamoratosi della signora Gazzi, moglie del colonello Gazzi, decide di andarla a cercare con la bicicletta del suo amico Zoffi, solo che la bici a un certo punto si buca e lui passa la notte dietro un cespuglio e poi viene caricato da un’insegnante con la quale si dà le arie del sociologo («Vada pure alla sua scuola – le dice, – perché avrei voglia di visitarla, sotto il profilo storico») e continua a darsele con un bidello («Cosa cerchi?». «Vorrei vedere come si svolge la vita umana da queste parti». Bidello: «La vita umana?». Io: «Sì, la vita umana sotto il proflo storico e sociale, capisce?». «Cosa vuol dire?». Gli davo fastidio perché parlavo in stile elevato. Ma mi era venuta quella vena e non potevo farci niente) e alla fine salta fuori che gli han rubato la bicicletta («La mia bicicletta! L’unica mia proprietà! Che poi non era neanche mia. Adesso come faccio!»). Nel secondo racconto, che si intitola Il caso Muccinelli, ci son degli investigatori privati che investigano su un investigatore privato, e alla fine non si sa che fine fanno né gli uni né gli altri, e viene in mente quella cosa che ha scritto Celati nel 1999, nell’introduzione a un libretto intitolato Racconti impensati di ragazzini: L’anno scorso – scriveva Celati – sono andato in una scuola, e il bibliotecario mi ha portato nella biblioteca che stava riordinando. Su un lungo tavolo c’erano delle montagnole di libri, romanzi di nuovi romanzieri, e il bibliotecario me li illustrava, prendendoli su uno ad uno: “Questo tratta del problema del disagio dei giovani. Questo tratta del problema della donna. Questo tratta del problema della devianza e della tossicodipendenza”. Ho chiesto: “Ma non ce n’è nessuno che non tratti nessun problema?”. Lui sembrava che non capisse, forse anche perché era stanco di spiegarmi. Ma sono sicuro che nella sua mente aveva questo pensiero: “Come, un romanzo sul nulla? Cosa mi viene a raccontare, questo tizio qui?”. Continua a leggere »

Una alla volta

venerdì 6 Dicembre 2013

celati, selve d'amore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Però devo dire le cose una alla volta, altrimenti le frasi diventano ingarbugliate.

[Gianni Celati, Selve d’amore, Macerata, Quodlibet 2013, pp. 18-19]

Sempre ieri sera

domenica 6 Ottobre 2013

Prima, ieri sera, Ermanno Cavazzoni ha detto che Gianni Celati, quello che ha fatto, riassumendo, è stato liberare l’italiano dalla ruggine scolastica.

Non si legge ad alta voce per far bella figura

domenica 1 Luglio 2012

[Metto qua sotto un pezzo di Francesco Borgonovo che è uscito ieri sul foglio]

Ci vorrebbe che Gulliver s’imbarcasse su una chiatta e si facesse trasportare dalle acque del Po, s’intrufolasse nelle vie d’acqua padane, pescando ogni tanto dal Grande Fiume una bottiglia. Ce ne sono tante, spinte dalla corrente, e contengono tutte strampalati messaggi. «E’ frequente però nelle pianure, mi hanno detto, trovare nei pozzi lettere, biglietti, lettere minatorie o scarabocchi tappati dentro a una bottiglia», scriveva Ermanno Cavazzoni, strambo Erodoto di quelle zone. «Questo fenomeno non si sa spiegare; anzi in molti credono che l’acqua dei pozzi sia comunicante nel sottosuolo, e che qui in pianura si sentono dai pozzi spesso venire voci o lamenti, e ci si sente a volte chiamare per nome».
Dalle bottiglie possono spuntare i disegni che Federico Fellini inviava al Marc’Aurelio; i raccontini che Giovannino Guareschi annusava sulla carta la mattina, dopo notti senza dormire trascorse fumando sigarette, fino a incidersi la faccia slavata d’occhiaie profonde. Sono bottiglie in balìa della corrente le buste gialle e sottili che Maurizio Milani imbuca da Codogno, immaginando che arrivino in chissà quali città lontane, e chissà se arriveranno mai, dunque meglio spedirle in duplice o triplice copia. Stesso incerto destino avevano le opere del filosofo Learco Pignagnoli, la cui biografia recita: «Nato a Campogalliano e a San Giovanni in Persiceto. Lavora presso la ditta Scoppiabigi & Figli, dove tiene dietro al loro lupo».
Se Gulliver aprisse una di quelle bottiglie gettate nei pozzi e trascinate poi nel fiume, penserebbe che le ha scritte qualche matto dei dintorni, gli parrebbero sconclusionate e magari comiche, ma di una comicità che a lungo andare ti fa venire il magone. Seguendo la traccia delle bottiglie s’imbatterebbe allora nella popolazione dei Lunatici, che vive di soppiatto nelle terre da Lodi a Bologna, con qualche enclave in Romagna e poche altre colonie sparse nel resto della Penisola. Più o meno, i territori esplorati da Gianni Celati – talvolta in compagnia del fotografo Luigi Ghirri – e raccontati in Verso la foce: «Nella pianura stradale a scacchiera si intersecano tutti dritti per trenta o quaranta chilometri, sentieri su e giù dagli argini dei canali che costeggiamo, ed è sempre come essere in una piega della terra. Zone così piatte e uniformi che tutto compare ad altezza d’occhi senza orizzonte, si sente nostalgia d’un punto un po’ sopraelevato per guardarsi intorno». Continua a leggere »

Comiche

giovedì 24 Maggio 2012

Fantini di notte parla molto sempre per tenersi in esercizio. Si vantava custode della morale affermando: – io sono custode della morale. E: – difendo gli interessi dell’Italia. Giorno 23. Biagini. Con una candela in mano il professore villeggiante Biagini venuto assieme ad altri a mezzanotte. Lo sentivo bisbigliare prendendo la voce dell’ignoto: – ti ho detto che verso quest’ora non si dorme. Voleva ridurmi all’obbedienza perché dice essere diventato ministro. Poi invece è l’ignoto con voce del Biagini bisbigliava: – mi è arrivata la nomina. Intende la nomina da ministro. Giorno 23. In camera. Descrizione della venuta notturna del Biagini. Quando erano venuti di notte con una candela in mano nella mia stanza in apparizione l’ignoto assieme agli altri ho udito la voce del Biagini dire: – mi è arrivata la nomina. Aggiunge una lunga risata isterica di quelle che l’hanno reso celebre da quando vuole essere ministro. Dopo non ho udito più nulla siccome qualcuno consigliava: – riprendiamo più tardi. Intende la mia persecuzione per sottomettermi all’alleanza di governo.  

[Gianni Celati, Comiche, Macerata, quodlibet 2012, p. 32]

Celati

sabato 18 Giugno 2011

Intervistato da Cortellessa, su doppiozero, clic

Il nuovo libro di Gianni Celati

giovedì 9 Giugno 2011

A pensare a Gianni Celati, stamattina, mi è venuto in mente lo scienziato Robert Mayer, al quale Evgenij Zamjatin ha dedicato il racconto Il destino di un eretico, tradotto in italiano qualche anno fa (1988) da Sellerio per la cura di Gemma Gallo. E mi è venuta in mente un’etimologia dalla quale credevo derivasse la parola eretico, che era, nella mia memoria, una cosa del tipo: “Fuori dal solco”. Invece sono andato a guardare sul De Mauro, diceva: “Colui che sceglie”. Allora sono andato a guardar sul Battaglia, diceva: “Colui che sceglie”. Peccato. Se fosse stato: “Fuori dal solco”, avrei potuto dire che Celati, secondo me, ha tracciato, coi suoi libri, un proprio solco, ha percorso, in un certo senso, una strada che prima non c’era, e nel percorrere questa strada ha tirato fuori dei libri che, a leggerli, stanno su come per miracolo, con un incanto, per chi legge, e un’intelligenza, nello sguardo, e una misura, nella scrittura, e una musica, dentro, che li rendono memorabili. Continua a leggere »

Un rituale

giovedì 2 Giugno 2011

Scrivere è in fondo un rituale che impariamo a scuola, quando siamo bambini: un rituale dove si cerca di mettere in moto il pensare-immaginare, per farsi venire in mente una frase, per ricordare una parola. Tutto questo fa parte di qualcosa che è molto costruito in noi, e va inevitabilmente insieme a un certo grado di fantasticazione. Poi c’è qualcos’altro, che è la distanza da cui si guarda la figurazione delle parole che sorge dai segnetti scritti. In Altrove di Henri Michaux si parla di una popolazione immaginaria, se ne descrivono i costumi e i teatri: «A teatro si rivela il loro gusto del lontano. La sala è lunga, il palcoscenico è profondo. Le immagini, le forme dei personaggi vi appaiono grazie a un gioco di specchi. gli attori recitano in un’altra sala, e vi appaiono più reali che se fossero presenti. Più concentrati, più purificati, più definitivi, sbarazzati di quell’alone che produce sempre la presenza reale, faccia a faccia…» Questa idea di attori che recitano in un teatro dove sono visti attraverso un gioco di specchi, mi sembra una figurazione del gioco dello scrivere, che non può mai essere diretto. È sempre un gioco sulla distanza che ci sottrae al faccia a faccia con la realtà, e al tempo stesso potenzia la percezione come un gioco di specchi. Perché in questo modo non vediamo soltanto qualcosa: vediamo il vedere, guardiamo il guardare, percepiamo l’atto di percepire. Il rituale dello scrivere prevede questo effetto, come una messa a distanza delle percezioni, per sottrarle alla casualità e portarle verso la trasparenza dell’intelleggibile. Solo in questi termini riesco a scrivere, e sopporto poco chi prende lo scrivere come un riflesso della sua esperienza personale o della cosiddetta realtà nuda e cruda, senza vedere il processo rituale a cui le parole devono essere sottoposte (metrica, ritmo, colore tonale, distanza focale).

[Gianni Celati, Conversazioni del vento volatore, cit., pp. 79-80]

Giacometti

mercoledì 1 Giugno 2011

E un’altra cosa che diceva, in un’intervista: «C’è molta gente che trova la realtà banale e pensa che le opere d’arte siano più belle. Una volta andavo al Louvre e i quadri mi davano sempre l’impressione del sublime. Adesso vado al Louvre, e non posso fare a meno di guardare la gente che guarda le opere d’arte. Il sublime per me adesso sta nelle facce di quelli che guardano».

[Gianni Celati, Conversazioni del vento volatore, Macerata, Quodlibet Compagnia Extra 2011, p. 38]

29 aprile – Bologna

venerdì 29 Aprile 2011

Venerdì 29 aprile,
a Bologna,
alle ore 20,
all’Auditorium dei Laboratori DMS
(Dipartimento di Musica e Spettacolo
dell’Università di Bologna),
in via Azzo Gardino 65/a,
Narratori di Pianura e da Bar
con Gianni Celati, Paolo Nori, Simona Vinci,
Ermanno Cavazzoni, Cristiano Cavina, Eraldo Baldini
un film in due parti di
Francesco Conversano e Nene Grignaffini