Perché

giovedì 28 Agosto 2014

F. Wallace, Tennis, tv, trigonometria, tornado
 

 

 

 

 

 

 

 

Perché le persone sole in genere non sono sole per ripugnanti deformità o perché puzzano o perché sono sgradevoli – del resto oggi esistono gruppi di assistenza e di reinserimento per le persone con queste precise caratteristiche. Le persone sole tendono invece a restare sole perché rifiutano di sostenere i costi psicologici richiesti dal vivere in mezzo agli altri esseri umani. Sono allergici alle persone. Le persone hanno su di loro effetti troppo profondi. Chiamiamo per esempio la persona sola media americana Joe Valigetta. Joe Valigetta prova paura e disgusto per lo stress dovuto alla particolare forma di paranoia che sembra coglierlo ogni volta che altri esseri umani reali stanno nei paraggi, a fissarlo, con le loro antennine sensibili tutte ritte. Joe V. ha paura dell’impressione che può fare a chi lo guarda.

 

[David Foster Wallace, E unibus pluram: gli scrittori americani e la televisione, in Tennis, tv, trigonometria, tornado, traduzione di Christian Raimo e Martina Testa, Roma, minimum fax 2011, pp. 36-37]

Mentre noi

venerdì 22 Agosto 2014

F. Wallace, Tennis, tv, trigonometria, tornado
 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mentre noi, nel tentativo disperato di mostrare nonchalance, siamo figure inquietanti che sudano nella metropolitana.

 

[David Foster Wallace, E unibus pluram: gli scrittori americani e la televisione, in Tennis, tv, trigonometria, tornado, traduzione di Christian Raimo e Martina Testa, Roma, minimum fax 2011, p. 35 ]

Effettivamente

martedì 19 Agosto 2014

F. Wallace, Tennis, tv, trigonometria, tornado
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Effettivamente non ho mai visto una famiglia americana media.

 

[David Foster Wallace, E unibus pluram: gli scrittori americani e la televisione, in Tennis, tv, trigonometria, tornado, traduzione di Christian Raimo e Martina Testa, Roma, minimum fax 2011, p. 35 ]

Non hanno idea

martedì 12 Agosto 2014

foster wallace, solitudine

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

WALLACE: Gli scrittori che conosco hanno una certa autoconsapevolezza, una capacità di lettura critica di sé e degli altri che li aiuta nel loro lavoro. Ma quel tipo di sensibilità rende molto difficile stare in mezzo alla gente senza ritrovarsi per così dire a levitare dalle parti del soffitto, guardando quello che succede. Una delle cose che voi due scoprirete, una volta usciti dall’università, è che riuscire a vivere davvero come un essere umano, e contemporaneamente produrre qualcosa di valido, con quel grado di ossessività che è necessario per farlo, è veramente complicato. Non è un caso che si vedano tanti scrittori entrare nel trip della celebrità da popstar, o iniziare a bere e drogarsi, o rovinarsi il matrimonio. Oppure uscire semplicemente di scena dopo i trenta o quarant’anni. È veramente complicato.

G. P.: Probabilmente bisogna fare un sacco di sacrifici.
WALLACE: Non so neanche se sia una decisione volontaria o totalmente conscia. Quasi tutti gli scrittori che conosco sono molto concentrati su se stessi, non nel senso che si pavoneggiano davanti allo specchio, ma che hanno una tendenza non solo verso l’introspezione, ma verso una tremenda forma di autoconsapevolezza. Quando scrivi, ti devi continuamente preoccupare dell’effetto che farai sul tuo pubblico. Stai dicendo le cose in maniera troppo sottile, o non abbastanza sottile? Cerchi sempre di comunicare in modo originale, e quindi diventa molto difficile, almeno per me, comunicare come vedo comunicare fra loro i normali abitanti dei Cleveland, con le loro guanciotte rosse, quando si incontrano per la strada.
La mia risposta, per quanto mi riguarda, sarebbe che no, non è un sacrificio; è semplicemente il mio modo di essere, e credo che non sarei felice a fare qualunque altra cosa. Penso che le persone congenitamente portate per questo tipo di lavoro siano per certi versi dei sapienti, per altri versi quasi dei ritardati. Andate a un convegno di scrittori, una volta o l’altra, e ve ne renderete conto. Si va lì per incontrare autori che sulla carta sono semplicemente straordinari, e di persona sono del tutto disadattati. Non hanno idea di cosa dire o cosa fare. Tutto quello che dicono viene controllato, e in fondo minato, da una specie di editor che hanno dentro. La mia esperienza è stata questa. Perciò negli ultimi due anni ho investito una parte molto maggiore della mia energia a insegnare, cioè di fatto esercitandomi a vivere da essere umano.

[Hugh Kennedy e Geoffrey Polk, In cerca di una «guardia» a cui fare da «avanguardia». Un’intervista con David Foster Wallace, in David Foster Wallace, Un antidoto contro la solitudine. Interviste e conversazioni, traduzione di Martina Testa, Milano, minimum fax 2013, pp. 40-41]

Nove anni fa

mercoledì 21 Maggio 2014

foster wallace

 

 

 

 

 

 

 

It is unimaginably hard to do this, to stay conscious and alive in the adult world day in and day out. Which means yet another grand cliché turns out to be true: your education really IS the job of a lifetime. And it commences: now.

[Clic, clic]

Quando va tutto bene

venerdì 29 Novembre 2013

foster wallace, solitudine 2

 

 

 

 

 

 

Quando va tutto bene, alla fine ti senti stanco in un modo molto bello. Ecco, provi una stanchezza davvero molto bella.

[John O’Brien, Una conversazione con David Foster Wallace e Richard Powers (2000), in David Foster Wallace, Un antidoto contro la solitudine. Interviste e conversazioni, a cura di Stephen J. Burn, traduzioni di Sara Antonelli, Francesco Pacifico e Martina Testa, Roma, minimum fax 2013, p. 202]

Le interviste

martedì 26 Novembre 2013

foster wallace, solitudine 2

 

 

 

 

 

 

Come riassumeresti la tua vita, dalla nascita all’estate del 2005?

Presa alla lettera, questa è una domanda cui è impossibile rispondere. Posso solo supporre che sia stata fatta per scherzare, o per portare l’altro a dare una risposta spiritosa o salace. Purtroppo, però, ogni volta che mi sento costretto a dire qualcosa di spiritoso e salace, la testa mi si riempie del ronzio assordante tipico di un canale televisivo fuori onda, e non mi viene niente da dire. È una delle ragioni per cui non sono molto adatto alle interviste.

[Didier Jacob, Intervista con David Foster Wallace (2005), in David Foster Wallace, Un antidoto contro la solitudine. Interviste e conversazioni, a cura di Stephen J. Burn, traduzioni di Sara Antonelli, Francesco Pacifico e Martina Testa, Roma, minimum fax 2013, p. 250]

Unsexy

lunedì 28 Ottobre 2013

Roberto Natalini mi segnala la sua traduzione del Kenyon speech di Foster Wallace (pubblicata su Nazione Indiana nel 2008 e dove «unsexy» viene reso con «poco attraenti»: clic).

Unsexy

domenica 27 Ottobre 2013

Delle volte, alle scuole elementari che faccio, leggo il discorso per il conferimento delle lauree del Kenyon College che David Foster Wallace ha tenuto il 21 maggio 2005, discorso che si intitola Questa è l’acqua e che io leggo nella traduzione di Giovanna Granato pubblicata da Einaudi stile libero nel 2009. Alla scuola elementare di scrittura emiliana all’estero che è finita oggi a Torino, al Circolo dei lettori, uno dei partecipanti, Giovanni, mi ha detto che questo era un testo che lui aveva letto tantissime volte nell’originale e che c’è un passaggio che lui la traduzione non la capisce molto bene, questo: «Il genere di libertà davvero importante richiede attenzione, consapevolezza, disciplina, impegno e la capacità di tenere davvero agli altri e di sacrificarsi costantemente per loro, in una miriade di piccoli modi che non hanno niente a che vedere col sesso, ogni santo giorno»; che questo «che non hanno niente a che vedere col sesso» non è, secondo lui, «che non hanno niente a che vedere col sesso», è «unsexy», cioè, forse, semplicemente, poco attraenti, o non attraenti. Sono arrivato a casa, e ho trovato in rete il pdf di Questa è l’acqua (clic o Clic). Il testo originale sembra essere questo: «The really important kind of freedom involves attention, and awareness, and discipline, and effort, and being able truly to care about other people and to sacrifice for them, over and over, in myriad petty little unsexy ways, every day». Ecco; io devo dire, l’inglese non lo so, ma mi vien da pensare che difficilmente Foster Wallace volesse dire che quelle piccole cose non avevano niente a che vedere col sesso, credo.

L’acqua

mercoledì 5 Settembre 2012

Clic (uno)

Clic (due)

[grazie a Claudio]