martedì 14 Luglio 2020
L’altro giorno sono andato a Carpi e, nel cortile di Palazzo Pio, con Pierluigi Senatore abbiamo presentato un libro che è appena uscito. Era una bella serata, c’era tanta gente, in una pazza incantevole, mi presentava un mio amico e eran dei mesi che io non facevo una cosa che mi piace moltissimo, parlare in pubblico, e quella sera ricominciavo, e poco prima di salire sul palco ho pensato a un libro, e lo sono andato a cercare sul mio sito e ho trovato il pezzo che mi interessava, che è questo qua e l’ho letto, come prima cosa: «Quando sono tornato a casa dalla seconda guerra mondiale, mio zio Dan mi ha dato una pacca sulla spalla e mi ha detto: «Adesso sei un uomo». E io l’ho ammazzato. No, non l’ho ammazzato per davvero, ma mi è venuta una gran voglia di farlo. Dan era il mio zio stronzo, quello che diceva che un uomo non è mai un vero uomo finché non è stato in guerra. Ma avevo anche uno zio buono, Alex, che adesso non c’è più. Era il fratello minore di mio padre: laureato ad Harvard, senza figli, abitava a Indianapolis ed era un onesto impiegato di una compagnia di assicurazioni. Era un uomo colto e saggio. E la cosa che più rimproverava agli altri esseri umani era che si rendevano troppo raramente conto della loro stessa felicità. Perciò, quando d’estate stavamo seduti sotto un melo a bere limonata, parlando del più e del meno, quasi ronzando come api, zio Alex all’improvviso interrompeva quelle piacevoli quattro chiacchiere per esclamare: «Ah, questa sì che è vita!» E così io oggi faccio lo stesso, e lo stesso fanno i miei figli e i miei nipoti. E invito anche voi a rendervi conto dei momenti di felicità e a esclamare, mormorare o pensare fra voi, a un certo punto: «Ah, questa sì che è vita!».
«Ecco, – ho detto, l’altro giorno a Carpi, io adesso, poi magari la presentazione verrà malissimo, ma io, adesso, sono proprio contento», ho detto.
Una mia amica il giorno dopo mi ha scritto mi ha chiesto chi era l’autore russo che avevo citato all’inizio, io le ho risposto che non era russo, era americano, si chiama Kurt Vonnnegut (e il libro Un uomo senza patria, nella traduzione di Martina Testa).
mercoledì 10 Giugno 2020
E poi son due o tre giorni che mi torna in mente questa cosa di Vonnegut: «C’è un tragico difetto nella nostra preziosa Costituzione, e non so come vi si possa rimediare. È questo: solo gli scoppiati vogliono candidarsi alla presidenza. Ed era così già alle superiori. Solo gli alunni più palesemente disturbati si proponevano per fare i rappresentanti di classe.»
[Kurt Vonnegut, Un uomo senza patria, traduzione di Martina Testa, Roma, minimum fax 2006, p. 83]
lunedì 8 Giugno 2020
Insomma, quella canzone cretina di Barbra Streisand che dice: “La gente che ha bisogno della gente è la gente più fortunata del mondo”, sicuramente parla dei cannibali. Siamo buoni solo da mangiare.
[Kurt Vonnegut, Un uomo senza patria, traduzione di Martina Testa, Roma, minimun fax 2006, p. 97]
lunedì 17 Febbraio 2014
C’è un tragico difetto nella nostra preziosa Costituzione, e non so come vi si possa rimediare. È questo: solo gli scoppiati vogliono candidarsi alla presidenza. Ed era così già alle superiori. Solo gli alunni più palesemente disturbati si proponevano per fare i rappresentanti di classe.
[Kurt Vonnegut, Un uomo senza patria, traduzione di Martina Testa, Roma, minimum fax 2006, p. 83]
mercoledì 18 Dicembre 2013
Insomma, quella canzone cretina di Barbra Streisand che dice: “La gente che ha bisogno della gente è la gente più fortunata del mondo”, sicuramente parla dei cannibali. Siamo buoni solo da mangiare.
[Kurt Vonnegut, Un uomo senza patria, traduzione di Martina Testa, Roma, minimun fax 2006, p. 97]
lunedì 16 Dicembre 2013
Ecco una lezione di scrittura creativa.
Regola numero uno: non usate il punto e virgola. È un ermafrodito travestito che non rappresenta assolutamente nulla. Dimostra soltanto che avete fatto l’università.
E mi rendo conto che alcuni di voi potrebbero avere qualche difficoltà a capire se sto scherzando o dicendo sul serio. Perciò da ora in poi quando scherzo ve lo farà notare espressamente.
Per esempio: arruolatevi nella Guardia Nazionale o nei marines e insegnate la democrazia. Sto scherzando.
[Kurt Vonnegut, Un uomo senza patria, traduzione di Martina Testa, Roma, minimun fax 2006, pp. 69-70]
sabato 5 Ottobre 2013
Sapete cos’è un umanista?
I miei genitori e i miei nonni erano umanisti, ossia quelli che un tempo venivano definiti Liberi Pensatori. Perciò, in quanto umanista, sto onorando i miei antenati, come la Bibbia sostiene che è giusto fare. noi umanisti cerchiamo di comportarci nella maniera più dignitosa, leale e onesta possibile senza aspettarci nessuna ricompensa o punizione in una vita dopo la morte. Mio fratello e mia sorella non credevano nell’aldilà, così come non ci credevano i miei genitori e i miei nonni. Gli bastava sapere che erano vivi. Noi umanisti facciamo del nostro meglio per servire l’unico ente astratto che ci risulta davvero familiare, ossia la nostra comunità.
Io, fra parentesi, sono presidente onorario dell’Associazione Umanista Americana, essendo subentrato in questa carica completamente priva di funzione al defunto Isaac Asimov, il grande scrittore di fantascienza. Qualche anno fa abbiamo organizzato una cerimonia per Isaac, io ho tenuto un breve discorso e a un certo punto ho detto: «Adesso Isaac è lassù in cielo». Era la battuta più esilarante che potessi fare di fronte a una platea di umanisti. Li ho fatti rotolare fra le poltrone per le risate. Ci sono voluti parecchi minuti per riportarli all’ordine. E se mai dovessi morire anch’io – Dio non voglia – spero che voi direte: «Adesso Kurt è lassù in cielo». È la mia battuta preferita.
Cos ne pensano gli umanisti di Gesù? Io, come tutti gli umanisti, di Gesù dico questo: «Se le cose belle che ha detto sono giuste, e in buona parte anche bellissime, che differenza fa se era Dio oppure no?»
Ma se Cristo non avesse pronunciato il Discorso della Montagna, con il suo messaggio di misericordia e di pietà, io non vorrei essere un essere umano.
Tanto varrebbe essere un serpente a sonagli.
[Kurt Vonnegut, Un uomo senza patria, traduzione di Martina Testa, Roma, minimun fax 2006, pp. 69-70]
lunedì 25 Febbraio 2013
Sì, questo pianeta si trova in un gran brutto casino. Ma è sempre stato un casino. Non ci sono mai stati “i bei vecchi tempi”, c’è stato soltanto il tempo. E come dico ai miei nipoti: «Non guardate me. Io qui ci sono appena arrivato».
Ci sono anche vecchi babbioni che dicono che per diventare veramente adulto uno deve essere sopravvissuto, come hanno fatto loro, a qualche celebre calamità: la Grande Depressione, la seconda guerra mondiale, il Vietnam eccetera. Sono i narratori a mettere in giro questa falsa credenza, che è distruttiva, per non dire suicida. Spesso e volentieri, nelle loro storie, dopo qualche casino tremendo, il personaggio alla fine può dire «Oggi sono una donna. Oggi sono un uomo. Fine».
Quando sono tornato a casa dalla seconda guerra mondiale, mio zio Dan mi ha dato una pacca sulla spalla e mi ha detto: «Adesso sei un uomo». E io l’ho ammazzato. No, non l’ho ammazzato per davvero, ma mi è venuta una gran voglia di farlo.
Dan era il mio zio stronzo, quello che diceva che un uomo non è mai un vero uomo finché non è stato in guerra.
Ma avevo anche uno zio buono, Alex, che adesso non c’è più. Era il fratello minore di mio padre: laureato ad Harward, senza figli, abitava a Indianapolis ed era un onesto impiegato di una compagnia di assicurazioni. Era un uomo colto e saggio. E la cosa che più rimproverava agli altri esseri umani era che si rendevano troppo raramente conto della loro stessa felicità. Perciò, quando d’estate stavamo seduti sotto un melo a bere limonata, parlando del più e del meno, quasi ronzando come api, zio Alex all’improvviso interrompeva quelle piacevoli quattro chiacchiere per esclamare: «Ah, questa sì che è vita!»
E così io oggi faccio lo stesso, e lo stesso fanno i miei figli e i miei nipoti. E invito anche voi a rendervi conto dei momenti di felicità e a esclamare, mormorare o pensare fra voi, a un certo punto: «Ah, questa sì che è vita!»
[Kurt Vonnegut, Un uomo senza patria, traduzione di Martina Testa, Roma, minimum fax 2006, pp. 105-6]
giovedì 27 Settembre 2012
C’è un tragico difetto nella nostra preziosa Costituzione, e non so come vi si possa rimediare. È questo: solo gli scoppiati vogliono candidarsi alla presidenza. Ed era così già alle superiori. Solo gli alunni più palesemente disturbati si proponevano per fare i rappresentanti di classe.
[Kurt Vonnegut, Un uomo senza patria, traduzione di Martina Testa, Roma, minimum fax 2006, p. 83]
domenica 23 Settembre 2012
Ecco: ho appena usato un punto e una virgola, che in principio vi avevo detto di non usare mai. L’ho fatto per chiarire un concetto importante, e cioè che le regole, anche quelle buone, sono utili fino a un certo punto.
[Kurt Vonnegut, Un uomo senza patria, traduzione di Martina Testa, Roma, minimum fax 2006, p. 107]