La zona

mercoledì 23 Gennaio 2019

Che voi, mi rendo conto, potreste chiedermi «Ma cos’è, di preciso, questa zona, che non si capisce molto bene?!, e io potrei rispondervi che non si sa bene, o meglio che io, non lo so bene, che posso dire soltanto che, dopo che ho letto il romanzo dei fratelli Strugackij, la Zona per me sono stati i campi di lavoro sovietici descritti da Sergei Dovlatov nel suo romanzo Regime speciale, che nell’originale si intitola Zona, così si chiamavano, in gergo, i lager controllati dall’esercito; dopo che ho letto questo romanzo la Zona per me è stata il campo di concentramento di Birkenau quando mi han raccontato che a Birkenau, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, dei civili entravano abusivamente nel campo e scavavano delle buche per cercare i tesori sepolti degli ebrei, e trovavano invece delle bottiglie con dentro delle testimonianze di quelli che erano morti, i cosiddetti rotoli di Auschwitz; e dopo che ho letto il romanzo dei fratelli Strugackij le zone sono, nella mia testa, i cosiddetti centri di identificazione e espulsione che sono dei posti che quando ci penso mi viene in mente una targa che c’è in stazione a Pistoia, targa che ricorda la seconda guerra mondiale e in cui quelli che l’hanno scritta auspicano che il mondo, dopo il sacrificio della seconda guerra mondiale, sia un mondo senza fili spinati.

Quello che ha avuto in cambio

lunedì 19 Marzo 2018

E voglio finire con una pagina di un libro (scritto con Paola Tavella) di Anna Laura Braghetti, una brigatista che ha partecipato al rapimento di Moro e ha ucciso Vittorio Bachelet:
Ai funerali di Vittorio Bachelet – scrive la Braghetti, – la famiglia perdonò gli assassini, pregò per me. Adolfo Bachelet prese a girare per le carceri e a intrattenersi con i detenuti politici. Fu così che incontrò Francesca, e le chiese di me. Mi raccontava spesso dei figli e delle figlie dell’uomo che io ho assassinato, ma la domanda “Perché proprio mio fratello?” non era un ingombro fra noi. Da lui ho avuto una grande energia per ricominciare, e un aiuto decisivo nel capire come e da dove potevo riprendere a vivere nel mondo e con gli altri. Ho capito di avere mancato, innanzitutto, verso la mia propria umanità, e di aver travolto per questo quella di altri. Non è stato un cammino facile. Quando si ammalò, trascorsi molto tempo con lui, e verso la fine mi disse: «io muoio, ma non ti lascio sola, perché per te c’è sempre mio fratello Paolo»”. Don Paolo è il cappellano della città universitaria.
Non sono andata ai funerali di Adolfo. Lo desideravo, ma in quella chiesa sarebbero potute esserci persone cui non posso imporre la mia presenza, per le quali io sono un insulto. Ho mandato una lettera senza firma per ringraziare Adolfo di avermi indicato la via della riconciliazione, mi hanno detto che è stata letta. Molti devono aver capito da chi proveniva. Ho poi telefonato a suo fratello, che ha voluto vedermi e mi ha regalato una statua della Madonna. L’ho affidata alla mamma di Francesca Mambro, perché con lei mi sembra al sicuro.
Mia madre è stata travolta da un’automobile sulle strisce pedonali mentre andava a prendere l’autobus. Era impiegata alle Poste. Aveva appena affidato me e mio fratello, usciti dall’asilo, a mio padre. Facevano in modo di non lavorare negli stessi orari perché uno di loro potesse sempre stare con noi. Fui io a girarmi indietro, mentre già trotterellavamo verso casa, e la vidi riversa sulla strada. Dissi a papà che la mamma era caduta, e mi sembrava che la sua testa fosse in una posizione strana. L’hanno portata all’ospedale ma è stato completamente inutile. Si chiamava Gina.
Recentemente sono stata invitata a parlare in Campidoglio a un convengo sul carcere organizzato dalla Caritas, e fra gli altri relatori c’era anche il figlio di Vittorio Bachelet. Ci siamo conosciuti. Mi ha parlato e mi ha detto che bisogna saper riaccogliere chi ha sbagliato. Lui e i suoi familiari sono stati capaci di farlo addirittura con me. Li ho danneggiati in modo irreparabile e ne ho avuto in cambio solo del bene.
Ecco, a me, questa pagina, ricorda quella poesia di Mariangela Gualtieri che a un certo punto dice: «Benedico ogni centimetro d’Amore ogni minima scheggia d’Amore ogni venatura o mulinello d’Amore ogni tavolo e letto d’Amore l’Amore benedico che d’ognuno di noi alla catena fa carne che risplende Amore che sei il mio destino insegnami che tutto fallirà se non mi inchino alla tua benedizione.».

[Letto l’altro giorno a Roma, a Libri come]

17 marzo – Roma

sabato 17 Marzo 2018

Sabato 17 marzo,
a Roma,
all’auditorium Parco della Musica,
dentro Libri come,
alle 14,
allo Studio 1,
Strategia della crisi

4 novembre – Radio radicale

venerdì 3 Novembre 2017

Sabato 4 novembre,
a Radio radicale,
all’una di notte,
con Emilio Targia
si parla di
Strategia della crisi

20 ottobre – Rubiera

venerdì 20 Ottobre 2017

Venerdì 20 ottobre,
a Rubiera,
in biblioteca,
in Via Emilia Est, 11
alle 21
(per il decennale
della biblioteca),
Strategia della crisi.

Della crisi

giovedì 5 Ottobre 2017

Conversazione con Emilio Targia su Strategia della crisi (a Radio radicale): Clic

29 settembre – Radio Rock

venerdì 29 Settembre 2017

Venerdì 29 settembre,
a Radio Rock,
dalle 8 alle 10
Strategia della crisi

28 settembre – Roma

giovedì 28 Settembre 2017

Giovedì 28 settembre,
a Roma,
da Giufà,
in via degli Aurunci, 38,
alle 19 (se non mi sbaglio)
Strategia della crisi

La crisi

domenica 24 Settembre 2017

In un libro del poeta polacco Czesław Miłosz, pubblicato in Italia dal Adelphi col titolo La mente prigioniera e tradotto da Giorgio Origlia, c’è un pezzetto cha fa così:

«Gli americani sono proprio così stupidi?» mi chiedeva un amico di Varsavia, e nella sua voce c’era una nota di disperazione e al tempo stesso di speranza che lo contraddicessi. Questa domanda è abbastanza sintomatica dell’atteggiamento che regna nelle democrazie popolari nei confronti dell’Occidente; una quasi completa delusione con un residuo di speranza.
Sul piano politico l’Occidente ha offerto nel corso degli ultimi anni una quantità sufficiente di motivi di dubbio. Tuttavia nel caso degli intellettuali sono in gioco anche altri elementi, di gran lunga più complessi. Prima di entrare a far parte dell’Impero, i paesi dell’Europa centrale e orientale hanno fatto l’esperienza della seconda guerra mondiale, che per essi è stata infinitamente più dura che per l’Europa occidentale. Non soltanto la guerra ha distrutto la loro economia, ma ha anche annientato numerosi valori che fino allora erano considerati incrollabili.
In generale l’uomo è incline a considerare naturale l’ordine nel quale vive. Le case che guarda andando al lavoro gli appaiono più come rocce generate dalla terra stessa che come opera della mente e delle braccia umane. La sua attività in una ditta o in un ufficio viene da lui considerata importante e decisiva per l’armonico funzionamento del mondo. Il modo di abbigliarsi, suo e degli altri, è a suo avviso esattamente quello che deve essere e l’idea che sia lui sia i suoi conoscenti potrebbero altrettanto bene indossare tuniche romane o armature medievali lo fa ridere. La posizione sociale di un ministro o di un direttore di banca gli sembra qualcosa di serio e degno di invidia, e il possedere una cospicua somma di denaro una garanzia di tranquillità e sicurezza. Non riesce a credere che in quella strada che conosce così bene, dove dormono gatti e giocano bambini, possa fare la sua comparsa un cavaliere che getterà un laccio al collo dei passanti per poi portarli in un mattatoio dove saranno subito uccisi e appesi a uncini. È anche abituato a soddisfare quei bisogni fisiologici comunemente considerati intimi nel modo più discreto possibile, lontano dagli occhi dei suoi simili, senza nemmeno riflettere sul fatto che tale usanza non è comune a tutti i consorzi umani. Insomma, si comporta un po’ come Chaplin nel film La febbre dell’oro che è tutto affaccendato nella sua baracca e nemmeno sospetta di essere sospeso sull’orlo di un burrone.
Ma basta che una sola volta percorrendo quella strada egli veda sui marciapiedi uno spesso strato di vetri rotti dalle bombe mentre il vento porta via documenti a uffici evacuati in preda al panico, che già è intaccata la sua fiducia nell’illusoria naturalezza delle sue abitudini fino a quel momento. Come volano tutti quei fogli così pieni di timbri, con le diciture «confidenziale» e «segretissimo»! Quante casseforti, quante chiavi, quante pappagorge dirigenziali, quante conferenze, quanti uscieri, quanti sigari, quante signorine che battono tese sulle loro macchine da scrivere! E il vento si porta via tutti quei fogli che ognuno può prendere e leggere mentre invece nessuno lo fa perché ci sono cose più pressanti, come ad esempio procurarsi un chilo di pane. E il mondo va avanti come se niente fosse. Che strano! L’uomo avanza lungo la strada e si ferma davanti a una casa sventrata da una bomba. L’intimità delle abitazioni umane, i loro odori familiari, il loro tepore di cellule d’ape, i loro mobili che serbano la memoria dell’amore e dell’odio. Tutto è nudo adesso! La casa mostra la sua struttura: non più roccia che ha sfidato i secoli ma intonaco, calce, mattoni, armature. E al terzo piano, solitaria e accessibile ai soli angeli, una vasca da bagno bianca dalla quale la pioggia cancellerà il ricordo di coloro che vi si sono lavati. Persone ancora poco tempo fa potenti e venerate hanno perduto tutto ciò che avevano, e vanno per i campi mendicando dai contadini qualche patata. I soldi da un giorno all’altro cambiano valore, diventando mucchi di assurdi rettangoli stampati. Su un ammasso di rovine fumanti sta seduto un ragazzino che frugando nella cenere con un filo di ferro canticchia una canzone su un grande condottiero, tanto valoroso che non permette al nemico di avvicinarsi nemmeno alla frontiera.

Ecco. Io, quel momento lì, che uno guarda la casa che mostra la sua struttura: intonaco, calce, mattoni, armature, e al terzo piano, «solitaria e accessibile ai soli angeli, una vasca da bagno bianca dalla quale la pioggia cancellerà il ricordo di coloro che vi si sono lavati», ecco, a me, una vista del genere, mi sembra meravigliosa; io, c’è poco da fare, ho un’attrazione, per questi momenti che il mondo va a rotoli, e devo averlo già detto più di una volta, in questo libro, che ho questa attrazione, ma portate pazienza, considerate che sono in crisi, per cortesia, grazie.

2 settembre – Ligonchio

sabato 2 Settembre 2017

Sabato, 2 settembre,
a Ligonchio,
allo
Spazio Pianoterra / Teatro di Ligonchio,
via alla Valla,
alle 16,
Strategia della crisi