La zona
Che voi, mi rendo conto, potreste chiedermi «Ma cos’è, di preciso, questa zona, che non si capisce molto bene?!, e io potrei rispondervi che non si sa bene, o meglio che io, non lo so bene, che posso dire soltanto che, dopo che ho letto il romanzo dei fratelli Strugackij, la Zona per me sono stati i campi di lavoro sovietici descritti da Sergei Dovlatov nel suo romanzo Regime speciale, che nell’originale si intitola Zona, così si chiamavano, in gergo, i lager controllati dall’esercito; dopo che ho letto questo romanzo la Zona per me è stata il campo di concentramento di Birkenau quando mi han raccontato che a Birkenau, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, dei civili entravano abusivamente nel campo e scavavano delle buche per cercare i tesori sepolti degli ebrei, e trovavano invece delle bottiglie con dentro delle testimonianze di quelli che erano morti, i cosiddetti rotoli di Auschwitz; e dopo che ho letto il romanzo dei fratelli Strugackij le zone sono, nella mia testa, i cosiddetti centri di identificazione e espulsione che sono dei posti che quando ci penso mi viene in mente una targa che c’è in stazione a Pistoia, targa che ricorda la seconda guerra mondiale e in cui quelli che l’hanno scritta auspicano che il mondo, dopo il sacrificio della seconda guerra mondiale, sia un mondo senza fili spinati.