sabato 12 Novembre 2022
I cinesi erano così stupidi che la polvere da sparo la usavano solo per i fuochi d’artificio.
[Ieri compivano gli anni Fedor Dostoevskij e Kurt Vonnegut; la citazione viene da: Kurt Vonnegut, Quando siete felici, fateci caso, traduzione di Martina Testa, Roma, minimum fax 2015, p. 61]
mercoledì 27 Gennaio 2021
I cinesi erano così stupidi che la polvere da sparo la usavano solo per i fuochi d’artificio.
[Kurt Vonnegut, Quando siete felici, fateci caso, traduzione di Martina Testa, Roma, minimum fax 2015, p. 61]
venerdì 14 Agosto 2020
A Marina Bukowski
16 settembre 1969
Ciao Marina, piccola mia:
ogni volta che mi telefoni, è così bello sentire la tua voce. Hai la voce più bella del mondo. Ti ringrazio tanto per le telefonate che mi fai. Sto sempre bene per giorni e giorni, dopo che parli con me. E sento che ti rivedrò, un giorno, e questo mi dà forza per andare avanti. Qualche volta quando mi sento male penso a te e mi sento subito meglio. PER FAVORE STAI MOLTO ATTENTA QUANDO ATTRAVERSI LA STRADA. GUARDA DA TUTTE E DUE LE PARTI. Io ti penso sempre e ti amo più del cielo, più delle montagne, più dell’oceano, più di tutto e tutti. Per favore, stai bene, sii felice e non preoccuparti per me.
Con tutto il mio amore, piccola,
Hank.
[Charles Bukowski, Urla dal balcone. Lettere. Volume primo (1959-1969), a cura di Seamus Cooney, traduzione di Christian Raimo e Martina Testa, Roma, minimum fax 2000, p. 225]
mercoledì 10 Giugno 2020
E poi son due o tre giorni che mi torna in mente questa cosa di Vonnegut: «C’è un tragico difetto nella nostra preziosa Costituzione, e non so come vi si possa rimediare. È questo: solo gli scoppiati vogliono candidarsi alla presidenza. Ed era così già alle superiori. Solo gli alunni più palesemente disturbati si proponevano per fare i rappresentanti di classe.»
[Kurt Vonnegut, Un uomo senza patria, traduzione di Martina Testa, Roma, minimum fax 2006, p. 83]
domenica 9 Aprile 2017
ma sospetto fortemente che gran parte del compito della vera letteratura sia esacerbare questo senso di intrappolamento e di solitudine e di morte nelle persone, spingerle a prendere coscienza, perché qualunque possibile redenzione ci richiede innanzitutto di guardare in faccia ciò che ci fa paura, ciò che vogliamo negare.
[David Foster Wallace, Un antidoto contro la solitudine. Interviste e conversazioni, traduzione di Martina Testa, Roma, minimum fax 2013, p. 72]
mercoledì 5 Aprile 2017
Una signora che scrive, e che io ammiro moltissimo, mi disse in una lettera di aver imparato da Flaubert che per rendere reale un oggetto occorrono almeno tre tocchi dei sensi attivi; e ritiene che ciò dia da collegare al fatto che abbiamo cinque sensi. Se ne viene a mancare uno si è ridotti male, ma se ne vengono a mancare più di due allo stesso tempo, è un po’ come non esserci. Non c’è frase di Madame Bovary che, esaminata, non desti meraviglia, ma ce n’è una in particolare davanti alle quale mi fermo ammirata. Flaubert ci ha appena mostrato Emma al piano, con Charles che la guarda. Dice:
Batteva sui tasti con disinvoltura percorrendo senza posa la tastiera, da un’estremità all’altra. Così scosso, il vecchio strumento, con le corde che vibravano, si faceva sentire fino in fondo al paese quando la finestra era aperta, e spesso lo scrivano del balivo, passando per la via principale, a capo scoperto e in pantofole di pezza, si fermava in ascolto, il foglio di carta tra le mani.
Più si guarda una frase come questa e più c’è da imparare. A un estremo siamo con Emma e questo tangibilissimo strumento “con le corde che vibravano”, e all’altro siamo in fondo al paese con questo concretissimo scrivano in pantofole di pezza. Considerando quanto accade a Emma nel resto del romanzo, potremmo pensare che non faccia alcune differenza se lo strumento ha corde vibranti o lo scrivano è in pantofole di pezza e ha un foglio di carta tra le mani, ma Flaubert doveva creare un paese credibile dove collocare Emma. Non va mai dimenticato che cura immediata dello scrittore di narrativa non sono tanto idee grandiose e emozioni tumultuose, quanto infilare pantofole di pezza agli scrivani.
[Flannery O’Connor, Nel territorio del diavolo. Sul mistero di scrivere, a cura di Ottavio Fatica, Roma, minimum fax 2002, p. 45-46]
martedì 14 Marzo 2017
Gli altri non fanno che chiedere: “Qual è il tema del suo racconto?”, aspettandosi poi una dichiarazione del tipo: “Il tema del mio racconto è la pressione economica della macchina sul ceto medio, o assurdità del genere. E quando ottengono questo tipo di risposta, se ne vanno via contenti, senza più sentire il bisogno di leggere il racconto.
Alcuni credono che una volta compiuta l’immersione nella storia si risalga al significato, ma per lo scrittore di narrativa l’intera storia è il significato, in quanto esperienza e non astrazione.
[Flannery O’ Connor, Nel territorio del diavolo. Sul mistero di scrivere, edizione italiana a cura di Ottavio Fatica, Roma, minimum fax 2002, p. 123]
martedì 3 Gennaio 2017
Gli scrittori che scrivono di scrittori possono produrre facilmente il peggior genere di aborti letterari. Questo lo sanno tutti. Incominciate un racconto con «Craig spense la sigaretta e si avviò deciso alla macchina da scrivere», e non troverete negli Stati Uniti un solo editore che andrà avanti a leggere la frase successiva.
Quindi non preoccupatevi: il racconto che state per leggere sarà una normalissima storia diretta e senza fronzoli che parla di un tassista, di un divo del cinema e di un famoso psicologo per bambini. Ve lo prometto. Ma dovrete avere un po’ di pazienza perché nella storia ci sarà di mezzo anche uno scrittore. Non lo chiamerò Craig, e posso garantire che non risulterà l’unico individuo sensibile tra i personaggi; dovremo però sopportarlo dal principio alla fine, e sarà meglio immaginarselo maldestro e importuno come sono quasi tutti gli scrittori, sia nei romanzi che nella vita.
[Richard Yates, Undici solitudini, traduzione di Maria Lucioni, Milano, Minimum fax 2006, pp. 102-103]
lunedì 2 Gennaio 2017
A nove anni Walter Henderson era convinto, e con lui molti suoi amici, che morire fosse l’esperienza più emozionante di tutte. Una volta scoperto che l’unica parte veramente soddisfacente di una partita a guardie e ladri era il momento in cui fingendo d’essere colpito a morte, con le mani serrate al cuore, lasciavi andare la pistola e stramazzavi a terra, il resto finì quasi per essere eliminato – la seccatura di fare le squadre e di muoversi qua e là senza farsi vedere – e il gioco si ridusse all’essenziale. Diventò insomma una prova di abilità, quasi un’arte. Uno dei ragazzi, a turno, correva lungo la cresta della collina, e a un certo punto cadeva nell’agguato: al simultaneo apparire di piccole pistole puntate, in un coro di quei ritmati suoni gutturali – una specie di «P-kiuu… P-kiuu» con cui i ragazzini imitano a sussurri rochi il rumore degli spari – l’assalito si fermava, si rigirava, fingeva per un secondo una bella agonia e ripiegandosi su se stesso ruzzolava giù per la collina in un groviglio di braccia e gambe, e sollevando una magnifica nuvola di polvere giaceva infine completamente disteso a pancia all’aria, cadavere scomposto. Quando poi si alzava e si ripuliva i vestiti, gli altri giudicavano la sequenza dei suoi gesti. «Niente male», «Troppo rigido» oppure «Non sembravi tanto naturale» e quindi toccava a un altro. Il gioco era tutto qui, ma a Walter Henderson piaceva tanto.
[Richard Yates, Undici solitudini, traduzione di Maria Lucioni, Milano, Minimum fax 2006, pp. 102-103]
martedì 18 Ottobre 2016
D’altra parte noi siamo quelli che non hanno fatto. Non hanno fatto la rivoluzione e non hanno fatto la guerra, non hanno fatto la resistenza, non hanno fatto il miracolo economico. E il personal computer l’hanno inventato negli Stati Uniti, mentre il cubo di Rubik in Ungheria. Noi abbiamo fatto alcune piccole e cruente guerriglie, mentre i più adulti e più riformisti hanno approvato lo statuto dei lavoratori, approvato il divorzio e l’interruzione volontaria di gravidanza e perfino liberato i matti.
[Luigi Manconi, Corpo e anima. Se ti vien voglia di fare politica, a cura di Christian Raimo, Roma, minimum fax 2016, pp. 162-163]