giovedì 9 Marzo 2017
Era giornalista e geografo, scriveva su Russkoe Bogatstvo sotto lo pseudonimo di Dioneo: era segretario della Società Geografica russa. I suoi libri sono tradotti in molte lingue, il più noto è Nell’estremo Nord-Est dell’Asia. Dirò due parole su di lui per dare un’idea del tipo di famiglia da cui provengo e di certi tratti di costume e della mentalità di allora. Dopo uno sfortunato tentativo terroristico dei tardi populisti, fu esiliato a Kòlyma, in una zona del tutto selvaggia. Aveva il diritto di spostarsi come voleva, purché restasse nel settentrione. Imparò la lingua degli Jukaghiri e quella dei Ciuckci, si recò all’estremo nord della regione consentita, raggiungendo località nelle quali i russi erano affatto ignorati: ci si ricordava solo di aver veduto una volta, tanto tempo prima, un uomo con i bottoni lustri che aveva gridato qualcosa in una lingua incomprensibile – evidentemente era un sergente della polizia rurale. Ed ecco che proprio questo stesso Isaak Šklovskij, sempre con la pelliccia addosso, in mezzo al gelo perenne, vivendo in capanne nelle quali il fumo esce direttamente verso il cielo da un buco e dove il fuoco non viene mai spento, si lesse tutto Shakespeare e si imparò l’inglese. In seguito, prosciolto, venne inviato dal suo giornale a Londra, con il ruolo di corrispondente. Ma a Londra risultò parlare una lingua ignota a tutti, sebbene fosse in grado di leggere qualsiasi cosa. Imparò poi l’inglese degli inglesi, ma a voce preferì sempre spiegarsi in francese.
[Viktor Šklovskij, Viaggio sentimentale, traduzione di Maria Olsoufieva, Milano, SE 1991, p. 12]
domenica 5 Febbraio 2017
È difficile scrivere in che cosa l’anno 1921 differisce dal 1919 e dal 1918. Nei primi anni della rivoluzione non ci furono giorni feriali, o meglio lo furono le bufere. Non esiste uomo di una certa levatura che non abbia vissuto un periodo di fede nella rivoluzione. In certi momenti veniva fatto di credere ai bolscevichi. La Germania, l’Inghilterra sarebbero crollate, l’aratro avrebbe spazzato via i confini, inutili per tutti, il cielo si sarebbe arrotolato come una pergamena.
[Viktor Šklovskij, Viaggio sentimentale, traduzione di Maria Olsoufieva, Milano, SE 1991, p. 270]
giovedì 26 Gennaio 2017
Osip Maldel’štam pascolava per la casa come una pecora, errava per le stanze come Omero. Nella conversazione era straordinariamente intelligente. Il defunto Chlebnikov lo chiamava «mosca di marmo». La Achmatova dice che è un poeta grandissimo. Madel’štam amava istericamente i dolciumi, pur vivendo in condizioni estremamente difficili, senza scarpe, nel gelo, riuscì a restare un bambino viziato. La sua estrosità da donna e la sua superficialità da uccellino non erano privi di logica. La sua era la vera natura da artista, e un artista mente per rimanere libero nella sua unica attività; è come la scimmia che, a detto degli indiani, non parla unicamente per paura di essere costretta a lavorare.
[Viktor Šklovskij, Viaggio sentimentale, traduzione di Maria Olsoufieva, Milano, SE 1991, p. 267]
mercoledì 25 Gennaio 2017
È insomma un tipo ottuso, tagliato per la politica.
[Viktor Šklovskij, Viaggio sentimentale, traduzione di Maria Olsoufieva, Milano, SE 1991, p. 162]
martedì 27 Dicembre 2016
I crociati, durante la prima crociata scambiavano per Gerusalemme ogni città che incontravano. Appena si avvicinavano si accorgevano di essersi sbagliati. Allora facevano un pogrom.
Per dispetto.
Intanto, Gerusalemme esiste.
[Viktor ŠKlovskij, Il punteggio di Amburgo, traduzione di Maria Olsoufieva, Bari, De Donato 1969, p. 30]
venerdì 3 Giugno 2016
Sono a tal punto smarrito che se incrocio le gambe non so più quale sia la destra e quale la sinistra.
[Viktor Šklovskij, La mossa del cavallo, traduzione di Maria Olsoufieva, Bari, De Donato 1967, p. 176]
sabato 21 Maggio 2016
Chiunque non vuol morire, vanga.
Non tutti accettano di morire.
La città si è trasformata in un orto.
[…]
Che paese curioso.
Ognuno è il proprio mezzo di trasporto, ognuno è ortolano, e ognuno si fabbrica da sé le scarpe.
[Viktor Šklovskij, La mossa del cavallo, traduzione di Maria Olsoufieva, Bari, De Donato 1967, pp. 181-182]
domenica 17 Aprile 2016
Gor’kij e un dirigente comunista discutevano se il popolo capisca l’espressione «la religione è l’oppio del popolo».
Decisero d’interrogare una sentinella dell’armata rossa.
– Che cos’è l’oppio?
– È una medicina – rispose il soldato.
[Viktor ŠKlovskij, Il punteggio di Amburgo, traduzione di Maria Olsoufieva, Bari, De Donato 1969, p. 41]
martedì 1 Marzo 2016
Quell’inverno gelarono quasi tutti i gabinetti. Fu peggio della fame.
Prima ancora era gelata l’acqua. Nel Talmud c’è scritto che quando l’acqua non basta per dissetarsi e per completare i lavacri, è meglio non bere ma lavarsi. Noi non ci lavavamo. Gelavano i cessi. Come avvenne, lo dirà la storia. Il blocco e la rivoluzione distrussero i trasporti e la legna venne a mancare. L’acqua gelò.
Tutti noi, quasi tutta Pietroburgo, portavamo l’acqua e l’immondizia su e giù con i secchi ogni giorno. Com’è difficile vivere senza gabinetto. Un amico mio, professore, mi diceva affranto mentre percorrevamo una strada insieme, intirizziti: «Sai, invidio i cani, quelli almeno non si vergognano». La città si ricoprì di escrementi: i coltili, i portoni, per poco anche i tetti, ne erano pieni.
La visione era ributtante, a volte addirittura oscena. C’era molta spudoratezza: qualcuno faceva sfoggio di feci.
La gente orinò molto, quell’anno, spudoratamente, più spudoratamente di quanto io possa scrivere: in pieno giorno sulla prospettiva Nevskij; ovunque. Orinavano senza sfilarsi i tiranti delle slitte, senza togliersi il giogo, senza lasciare la presa delle corda degli slittini.
V’era in questo un che di sconvolto e di disperato. Per vivere occorre battersi, battersi ogni giorno, far la coda per un grado di calore, lasciarsi corrodere le mani nella cenere per la pulizia.
Poi la città venne invasa dai pidocchi. L’angoscia genera i pidocchi.
[Viktor Šklovskij, La mossa del cavallo, traduzione di Maria Olsoufieva, Bari, De Donato 1967, pp. 19-20]
lunedì 29 Febbraio 2016
È difficile dire in poche parole cosa intenda fare nel futuro: più che altro cercherò di chiarirlo a me stesso. Forse desidererei, in fondo è umano e comprensibile, che venisse l’ora di «togliere l’incomodo»; non che mi senta poi tanto vecchio, ho soltanto settantatré anni, ma sento difficoltà a scrivere un libro quando vorrei farlo. Del resto ogni nuovo libro – e ne ho scritti tanti – in principio sembra sempre impossibile, sembra sempre superare le tue forze.
[Viktor Šklovskij, Viaggio sentimentale, traduzione di Maria Olsoufieva, Milano, SE 1991, p. 19]