sabato 7 Gennaio 2023
Nella prefazione a un libro pubblicato da Feltrinelli nel 1999 e intitolato Racconti impensati di ragazzini, Gianni Celati ha scritto:
«L’anno scorso sono andato in una scuola, e il bibliotecario mi ha portato nella biblioteca che stava riordinando. Su un lungo tavolo c’erano delle montagnole di libri, romanzi di nuovi romanzieri, e il bibliotecario me li illustrava, prendendoli su uno ad uno: “Questo tratta del problema del disagio dei giovani. Questo tratta del problema della donna. Questo tratta del problema della devianza e della tossicodipendenza”. Ho chiesto: “Ma non ce n’è nessuno che non tratti nessun problema?”. Lui sembrava che non capisse, forse anche perché era stanco di spiegarmi. Ma sono sicuro che nella sua mente aveva questo pensiero: “Come, un romanzo sul nulla? Cosa mi viene a raccontare, questo tizio qui?”.
[Oggi, su Tuttolibri, la prefazione che ho scritto per la nuova edizione delle Avventure di Guizzardi di Gianni Celati, la fotografia è di Luigi Ghirri]
lunedì 3 Gennaio 2022
Voi che mi seguite abbiate un po’ di pazienza e non addormentatevi, perché tra poco arrivano i fatti veri più avventurosi.
[Gianni Celati, Lunario del paradiso]
mercoledì 19 Ottobre 2016
Io e Luciano Capelli abbiamo incontrato molte volte il dipintore d’insegne Emanuele Menini, e molte volte abbiamo ascoltato i suoi pensieri sulla condizione delle cose lungo la strada dove abitava, la via Emilia.
Emanuele Menini ha vissuto vent’anni su quella strada, ed essendo anche pittore di paesaggi sapeva bene come la luce viene giù dal cielo, come tocca e avvolge le cose.
La strada dove Menini abitava passa per alcune città di media grandezza e arriva fino al mare, percorrendo una tra le pianure meno ventilate della terra. È una linea divisoria tracciata non so quanto tempo fa tra terre alte e terre basse, che non presenta mai orizzonti molto lontani, perché è chiusa su un fianco dal profilo collinare e sull’altro da campi coltivati che spuntano quasi ad altezza d’occhi.
[Gianni Celati, Quattro novelle sulle apparenze, Macerata, Quodlibet 2016, p. 51]
mercoledì 9 Marzo 2016
Di qui spesso nasce la difficoltà di riconoscersi in quello che si è scritto, come in Delfini: «Quando io scrivo non sono io che scrivo. Quando io parlo non sono io che parlo. Quand’è dunque che dico e scrivo qualcosa? Dov’è che mi si ritrova?». Sono sintomi di una specie di decentramento: qualcosa che succede quando tra me e l’altro me stesso che scrive si apre una scollatura, non essendoci più lo stucco classico del «dover essere», del «tu devi essere questo». Però, solo in base a quel decentramento, io riesco a capire che la lingua non è un puro strumento al servizio delle mie intenzioni, ma una melodia che procede per conto suo verso l’eventualità dell’impensato.
[Gianni Celati, Studi d’affezione per amici e altri, Macerata, Quodlibet 2016, p. 227]
martedì 16 Febbraio 2016
Voi che mi seguite abbiate un po’ di pazienza e non addormentatevi, perché tra poco arrivano i fatti veri più avventurosi.
[Gianni Celati, Lunario del paradiso, in Gianni Celati, Romanzi, cronache e racconti, a cura di Marco Belpoliti e Nunzia Palmieri, Milano, Mondadori 2016, p. 530]
martedì 12 Maggio 2015
Questo è un romanzo d’infanzia: vita e avventure d’un ragazzo chiamato Garibaldi perché corre sempre, di suo padre sbraitone e nevrastenico, di suo fratello che legge troppi libri, e di tutta la sua famiglia di disonesti.
La famiglia è un po’ come la malavita, con i suoi capi tirannici, le sue omertà, rivalità, gruppi chiusi. È un luogo concentrazionario come il manicomio, la fabbrica, la prigione, il servizio militare.
La famiglia è poi un teatro. È come uno spettacolo di varietà fatto di tanti numeri fissi secondo la specialità degli attori. Ha un comico principale (il padre), la sua spalla (la madre) e una serie di esercizi affidati ad altre maschere (i figli, i parenti). I vari numeri si ripetono uguali per anni e anni, finché la compagnia si scioglie.
Quello della famiglia è un romanzo che sappiamo tutti perché ce l’abbiamo scritto nel corpo, nei nostri atteggiamenti, deliri, infantilismi. Ma è proprio il racconto comune che conta, quello che potrebbero fare tutti, avendone voglia: le avventure del disadattamento sociale, l’esperienza nei luoghi concentrazionari ecc.
C’è una grossa differenza rispetto ai romanzi monumentali che i grandi scrittori continuano a proporci, con le loro trame prestabilite, le loro acute interpretazioni della Storia. È che il racconto comune nasce dalla casualità e dalla ripetitività quotidiana, perciò non può essere portatore di grandi visioni tragiche o consolatorie. È un’indiscrezione locale, una violazione d’omertà, un modo di far parlare il corpo matto.
1976.
[Gianni Celati, La banda dei sospiri, Macerata, Quodlibet 2014, pp. 5-6]
venerdì 20 Marzo 2015
Un’altra volta hanno visto un tizio con l’aria da ubriaco, e l’hanno seguito in metropolitana fino a un quartiere di cui non dirò il nome. In quel posto il tizio s’è andata a sedere su un gradino assieme ad altri che sembravano ubriachi come lui, e stavano lì tutti seduti con la testa che penzolava in avanti. In quel momento si sono sentiti degli spari, poi qualcuno indicava una macchina che fuggiva e anche i bambini sono scappati a più non posso, temendo che sparassero ancora.
Mentre correvano una macchina s’è affiancata e un uomo ha detto: “Salite in fretta.” In macchina hanno spiegato l’accaduto e l’uomo ha raccontato che in quel quartiere succedeva spesso che, quando quelli della mafia dovevano provare delle armi, passavano di lì e sparavano ai drogati seduti sul gradino.
[Gianni Celati, Narratori della pianure, Milano, Feltrinelli 2000 (5), p. 23]
martedì 27 Maggio 2014
La Certosa di Parma, nella traduzione di Gianni Celati, letta ieri alla modo infoshop di Bologna (diciottesima e ultima parte): Clic
martedì 20 Maggio 2014
La Certosa di Parma, nella traduzione di Gianni Celati, letta ieri alla modo infoshop di Bologna (parte diciassette di diciotto): Clic
martedì 13 Maggio 2014
La Certosa di Parma, nella traduzione di Gianni Celati, letta ieri alla modo infoshop di Bologna (parte sedici di diciotto): Clic