Questo è un romanzo d’infanzia

martedì 12 Maggio 2015

Gianni Celati, La banda dei sospiri

Questo è un romanzo d’infanzia: vita e avventure d’un ragazzo chiamato Garibaldi perché corre sempre, di suo padre sbraitone e nevrastenico, di suo fratello che legge troppi libri, e di tutta la sua famiglia di disonesti.
La famiglia è un po’ come la malavita, con i suoi capi tirannici, le sue omertà, rivalità, gruppi chiusi. È un luogo concentrazionario come il manicomio, la fabbrica, la prigione, il servizio militare.
La famiglia è poi un teatro. È come uno spettacolo di varietà fatto di tanti numeri fissi secondo la specialità degli attori. Ha un comico principale (il padre), la sua spalla (la madre) e una serie di esercizi affidati ad altre maschere (i figli, i parenti). I vari numeri si ripetono uguali per anni e anni, finché la compagnia si scioglie.
Quello della famiglia è un romanzo che sappiamo tutti perché ce l’abbiamo scritto nel corpo, nei nostri atteggiamenti, deliri, infantilismi. Ma è proprio il racconto comune che conta, quello che potrebbero fare tutti, avendone voglia: le avventure del disadattamento sociale, l’esperienza nei luoghi concentrazionari ecc.
C’è una grossa differenza rispetto ai romanzi monumentali che i grandi scrittori continuano a proporci, con le loro trame prestabilite, le loro acute interpretazioni della Storia. È che il racconto comune nasce dalla casualità e dalla ripetitività quotidiana, perciò non può essere portatore di grandi visioni tragiche o consolatorie. È un’indiscrezione locale, una violazione d’omertà, un modo di far parlare il corpo matto.

1976.

[Gianni Celati, La banda dei sospiri, Macerata, Quodlibet 2014, pp. 5-6]