sabato 9 Novembre 2019
Uno rifletteva sul fatto che nell’uomo non c’è solo solo il lato fisico, ci sono anche il lato spirituale, il lato mistico e quello ultra-spirituale. E, siccome era ubriaco, si aspettava che prima o poi gli fuoriuscisse il vomito da tutti e tre questi lati.
[Dal Repertorio dei matti della letteratura russa, redazione di Bologna, questo matto è di Domenico Arenella]
mercoledì 20 Febbraio 2019
Qualcosa è una rivista che tende a fidarsi più dei sostantivi che dell’aggettivo
Clic
domenica 9 Dicembre 2018
Alla domanda su quando uscirà il prossimo numero, Paolo dice che se consideriamo i tempi di gestazione del numero 3 di Qualcosa, a cominciare da quando Qualcosa prima ancora di chiamarsi Qualcosa si doveva chiamare Niente, possiamo stimare che il numero 7 uscirà nel 2022. Ma in verità si spera di fare molto prima.
Il verbalizzante è Domenico Arenella, il testo completo è qui:Verbale Qualcosa 20 ottobre 2018
sabato 20 Ottobre 2018
12 cose che se avessi tempo farei prima di morire
1. Guidare una vecchia Renault 4, quella con il cambio sotto al cruscotto.
2. Entrare in una libreria delle Paoline e chiedere una copia delle 120 giornate di Sodoma di del Marchese de Sade.
3. Nel bel mezzo di un temporale estivo, uscire di casa con il costume e gli infradito, una saponetta in mano, e farmi una doccia come se fossi in spiaggia.
4. Salire sull’albero di una barca a vela e gridare alla prima nave in vista: “Ehi tu, hai veduto la balena bianca!”
5. Affacciarmi alla finestra in una notte di plenilunio e pisciare, come nella poesia di Esenin, contro il disco della luna.
6. Scrivere i seguenti saggi di argomento musicale: “Storia del cromatismo da Gesualdo da Venosa a Toto Cutugno” ; “Estetica del macabro nelle canzoni del primo Pippo Franco”; “Dimenticare Patrizia: appunti per una fenomenologia di Tony Tammaro”.
7. Leggere l’Ulisse di Joyce tutto d’un fiato, facendo in modo che la lettura duri ventiquattro ore precise precise.
8. Viaggiare indietro nel tempo fino agli anni ‘50, e andare in un teatro qualsiasi per vedere recitare Edoardo de Filippo dal vivo .
9. Rivedere la casa dove ho vissuto con la mia famiglia fino ai 18 anni, prima che mi trasferissi, e che ormai anche miei hanno lasciato da più di 10 anni.
10. Salvare un esemplare ferito di tartaruga marina (Caretta Caretta, Linnaeus 1758).
11. Imparare a nuotare come si deve a stile libero.
12. Andare a una festa di piazza di un qualsiasi paesino di provincia della Campania o della Ciociaria e mescolarmi alla folla che assiste adorante a un concerto di Gigione (clic).
[Domenico Arenella, oggi, in Salaborsa, ci ha letto questa sua versione sapdista di Alcune delle cose che dovrei pur fare prima di morire, di Georges Perec, e se qualcuno vuole scriverne altre e mandarle alla redazione di Qualcosa (tosorelaentertainment@gmail.com) noi siamo contenti]
giovedì 20 Settembre 2018
1. Una volta, stavo tornando a casa da una festa, all’epoca vivevo a Cremona, ero in bicicletta ubriaco perso, e all’angolo tra piazza Stradivari e corso Vittorio Emanuele ho visto una volante della polizia. L’ho superata tutto tranquillo e disinvolto e ho proseguito per la mia strada. Dopo centro metri però ho perso l’equilibrio e sono caduto a terra. Allora sono tornato lì, dove stava la volante, mi sono sporto con la testa verso il finestrino e ho detto ai poliziotti: scusate sono solo caduto, tranquilli, non è successo niente.
Chi lo sa che cosa volevo fare. Secondo me, forse mi volevo costituire. Comunque a parte tutto, anche loro erano d’accordo. Non preoccuparti, mi hanno detto, vai pure, che non è successo niente.
[Domenico Arenella, da Qualcosa n. 3]
domenica 3 Giugno 2018
[Il verbale della riunione di Qualcosa, redatto da Domenico Arenella]
Riunione di Qualcosa, Bologna, Biblioteca Sala Borsa, 28/04/2018
h:15:00. Inizio la riunione. Portare i libri in tribunale.
Si riprende il discorso di Portare i libri in tribunale. L’idea è sempre quella di mettere in scena un processo al tribunale di Bologna, dove l’imputato è il personaggio di un romanzo, i giudici sono dei veri giudici e gli avvocati dei veri avvocati.
Paolo propone di processare Mersault, il protagonista dello Straniero di Camus. Dice anche che un altro personaggio che aveva pensato come imputato è Hans Schnier, il protagonista di Opinioni di un clown di Heinrich Böll; ma poi gli è venuto in mente che è difficile capire qual è la colpa di Schnier, che a parte il fatto di essere una specie di parassita è l’unica persona normale in tutto il romanzo. Altri libri che Paolo porterebbe volentieri in tribunale sono Chadži-Murat di Tolstoj e Un eroe dei nostri tempi di Lermontov. Ma si tratta di testi poco noti al grande pubblico e per questo motivo forse non sono molto adatti allo scopo. Dall’assemblea arrivano anche altre proposte, tra cui le Anime morte di Gogol le Benevole di Littel. Paolo dice che questi due sono libri belli ma un po’ troppo lunghi e che siccome per preparare la messa in scena si dovrà chiedere a dei giudici e degli avvocati di leggere il libro, sarebbe meglio non imporre loro un impegno troppo gravoso.
Si discute del ruolo dei lettori. Ci si chiede se dovranno deporre solo come testimoni o se avranno anche un ruolo nel decidere la sentenza, cosa che succede in parte anche in Italia in alcuni processi per reati come l’omicidio, dove è prevista in corte d’assise la presenza di una giuria popolare. Un’altra proposta è che i lettori intervengano per difendere o accusare i personaggi, come succede ad esempio negli incontri di Pugilato letterario, anche se negli incontri di pugilato letterario il bersaglio da colpire non è tanto il singolo personaggio ma il libro in generale. Dalla discussione su questo specifico punto a ogni modo viene fuori che secondo l’assemblea la soluzione migliore è quella più semplice, cioè utilizzare i lettori solo come testimoni del processo.
Si discute anche se si debba mettere in scena un processo per un crimine che il personaggio ha realmente commesso, oppure se si debba fare più una specie di processo morale sulle qualità umane del personaggio, come è stato fatto a Bisceglie per Madame Bovary. Per rendere più verosimile la cornice del tribunale, l’assemblea ritiene che sia meglio fare un processo vero e proprio che prevede un reato. Anche a questo proposito Lo straniero di Camus sembra fare proprio al caso nostro. Domenico chiede però se non è un problema il fatto che il processo a Mersault i magistrati glielo fanno già nel romanzo. Paolo dice che secondo lui non importa, perché si tratta di un procedimento svoltosi in Algeria negli anni 50, cioè molto lontano e tempo fa, quindi il caso, secondo lui, può essere tranquillamente riaperto dal tribunale di Bologna. Paolo ricorda per inciso che esiste anche un libro di uno scrittore algerino che è una specie di spin off dello Straniero, e che racconta la stessa storia dal punto di vista del fratello dell’arabo ammazzato da Mersault.
A seguito della discussione sopra riportata l’assemblea decide all’unanimità che il libro da portare in tribunale è lo Straniero di Camus.
Deciso quale sarà il libro, Paolo parla dell’organizzazione del processo. Dice che le cose sono a buon punto: gli avvocati ci sono e i lettori si troveranno facilmente; bisogna solo trovare i magistrati disposti a partecipare e vedere se il tribunale di Bologna offre uno spazio. Poi bisognerà pubblicizzare anche l’evento.
15:23. Le copertine. Paolo mostra due proposte per la copertina del numero 3 (cioè il primo) di Qualcosa, disegnate da Stefano. Le copertine sono simili, ma a Paolo piace di più quella più semplice, cioè quella senza la banda rossa laterale.
Paolo vorrebbe proporre quella, ma più di un partecipante dice che l’altra è più bella. Si decide dunque di mettere la questione ai voti. L’assemblea vota a favore della copertina con la banda rossa laterale. Paolo, messo in minoranza, accetta ufficialmente il verdetto, anche se poi cerca con lo sguardo Matteo Girardi, che ha votato anche lui per la copertina più semplice, e i due dicono “Poi vediamo”. Continua a leggere »
lunedì 5 Marzo 2018
Tengo, da anni, una scuola di scrittura che si chiama Scuola elementare di scrittura emiliana e, da anni, per chi ha già fatto la scuola elementare faccio delle Scuole medie di scrittura emiliana, e in questo periodo sto facendo, a Milano, una Scuola media di scrittura su Michail Bulgakov: leggiamo dei racconti e dei romanzi di Bulgakov, ne parliamo, e chiedo ai partecipanti di scrivere delle cose che hanno a che fare con quel che ha scritto Bulgakov. La scorsa settimana, avevamo parlato della lettera che Bulgakov, nel 1930, scrive a Stalin dopo che le sue opere sono proibite. «Passando in rassegna i miei ritagli di giornale, – scrive Bulgakov, – ho constatato di aver ricevuto dalla stampa sovietica, nei dieci anni della mia attività letteraria, 301 recensioni, di cui 3 favorevoli e 298 ostili e ingiuriose» (la traduzione è di Mario Alessandro Curletto). Poi Bulgakov chiede o che lo lascino lavorare, o che gli permettono di andare all’estero. Sembra che Stalin, che dicono avesse visto una dozzina di volte I giorni dei Turbin, l’opera teatrale che Bulgakov aveva tratto dal proprio romanzo La guardia bianca, dopo qualche giorno abbia telefonato a Bulgakov e gli abbia detto che non era il caso che andasse all’estero e che gli avrebbero trovato da lavorare, e, con l’interessamento di Stalin, glielo trovarono davvero, allo Mchat, il teatro moscovita fondato da Stanislavskij. Allora io, come compito, ho chiesto ai partecipanti alla scuola media di scrivere una lettera a Gentiloni, e il mercoledì dopo ho ascoltato le lettere che avevano scritto e ho detto loro di questa serie di pezzi sui politici che avrei scritto per la Verità, e gli ho detto che avrei voluto finire con Gentiloni e che mi sarebbe piaciuto citare le loro lettere e loro, gentilissimi (o Gentilonissimi, come si legge in una di quelle lettere), mi hanno dato l’autorizzazione a usarle. Ho saputo, da quelle lettere, un po’ di cose che non sapevo, di Gentiloni, per esempio che appartiene alla famiglia dei conti Gentiloni Silveri, che è imparentato con Vincenzo Ottorino Gentiloni, responsabile del Patto Gentiloni, che ha determinato l’ingresso dei cattolici nella vita politica italiana, che è stato maoista, in Democrazia proletaria e, con Rutelli, nella Margherita. Non posso mettere tutte e 17 le lettere che son state scritte, ne citerò solo due. Domenico, il primo, scrive: «Io, di quello che tu hai combinato in questi ultimi mesi, cioè da quando ti hanno messo al governo al posto di quell’altro che ha perso il referendum, non so assolutamente niente. Io ti ho solo visto per sbaglio qualche volta alla televisione, ma se avessi parlato alla radio, non avrei riconosciuto nemmeno la tua voce.
Non potendomi lamentare per il tuo operato, ho pensato che forse potrei indirizzarti almeno qualche supplica. Mi piacerebbe poterti chiedere, ad esempio, come ha fatto Bulgakov con Stalin, di lasciarmi lavorare in santa pace, o in alternativa di permettermi almeno di lasciare il Paese, con tutta la famiglia. Ma a me, il fatto di lavorare in santa pace, mi fanno lavorare. Nessuno mi dice niente, ti assicuro. Per quanto riguarda andare all’estero, io e mia moglie invece, per il momento non abbiamo tanta voglia. Stiamo bene qui a Milano, siamo felici, il mese scorso ci siamo presi anche la macchina».
Ci sarebbero poi molte altre belle lettere, da citare, ma siccome ne voglio pubblicare una intera, c’è spazio solo per quella, la lettera di Luisella, con la quale chiudo questa serie di dieci pezzi sui politici, che mi è molto piaciuto scrivere, e per la quale ringrazio la Verità e i lettori che mi hanno sopportato tutti i giorni per così tanti giorni di fila.
«Gentile Presidente del Consiglio, le scrivo per descriverle un po’ l’Italia. Credo sia difficile pensarlo questo Paese quando si vive in un palazzo che ha il tuo stesso cognome. 100 passi da Palazzo Chigi. E da lì, da quella casa, credo che si faccia fatica a pensare a come si sta qui, dall’altro lato della strada. A volte mi domando se in quella sua bella casa, e in quella di altri politici, ci siano gli specchi in bagno. Ci saranno i bagni , no? Anche da voi. E si farà la barba o se la fa fare a Palazzo Chigi? Un giorno ho letto che la retribuzione di un barbiere di Palazzo Chigi supera i 120.000 euro, i rasatori e acconciatori dei deputati sono qualificati come operatori tecnici. Forse è questo il problema, non farsi la barba a casa, non guardarsi allo specchio in bagno e non stare soli con se stessi. Quei gesti lì, alzare il mento, il sopracciglio destro e poi quello sinistro. Potrebbe esserci un momento di verità. Ma ripeto è difficile pensare al Paese quando si vive in un palazzo che ha il tuo stesso cognome, anche se al liceo ci si firmava Paolo e nella O la falce e martello. Adesso rimane solo il martello con il quale sono state distrutte, certo non solo è colpa sua, tante cose per esempio la Scuola, il Lavoro, la Sanità.
Ho iniziato a capirlo quando si è smesso di chiamare il Primo Maggio la festa dei lavoratori ed è diventato la festa del Lavoro. Così generico. Lavoro come Sole Cuore Amore. Niente quindi. E in generale a chiamare le cose in inglese tipo giobszach. Non so a un certo punto è come se vi fosse venuta vergogna a chiamare le cose con il loro nome. A parlare di lavoro, di operai, di sciopero. E insieme al lavoro, la Scuola. Mica è un caso eh… e pensare che proprio oggi è un momento storico in cui studiare, allenare il pensiero critico, allenarsi alla complessità sarebbe importante per affrontare un mondo del Lavoro, appunto, che cambia ogni 15 giorni. Quando vedo tirare un’altra martellata alla Scuola mi viene in mente uno dei contadini di Fontamara. Il padrone gli aveva detto che il campo sarebbe stato diviso in due: ¾ ai contadini e ¾ al padrone. Uno a cui non tornavano le cose aveva detto che se c’era guadagno per padroni e contadini c’era un inganno. E che comunque ai cafoni “erano impediti i ragionamenti”.
Ecco distruggere la Scuola è questa cosa qui. Ci pensi». Firmato: Luisella.
[uscito ieri sulla Verità]
mercoledì 31 Gennaio 2018
15:01. La riunione si apre. Paolo presenta la copertina del numero 3 di Qualcosa (disegnata da Stefano), che sarà il primo numero della rivista a uscire, si spera a settembre di quest’anno. Una bozza del volume, con i testi già messi nell’ordine in cui saranno probabilmente pubblicati, è stata preparata già da Paolo, che l’ha fatta girare via mail.
15:05. Sbobinature. Il volume dovrebbe aprirsi con un frammento del discorso di Daniele Benati tenuto a Baiso, dove Benati parla di com’è arrivato alla letteratura attraverso la musica, e in particolare attraverso le canzoni di Bob Dylan. Altri frammenti di discorsi sbobinati che saranno pubblicati nel numero 3 di Qualcosa sono quello di Dente, trascritto da Graziano, dove Dente parla del fatto che lui da ragazzo si è voluto iscrivere all’ITIS, ma poi alla fine andava bene solo nelle materie letterarie, e quello di Andrea Moro, trascritto da Elvira, dove Moro parla del concetto di Logos e del Vangelo secondo Giovanni, dopo aver iniziato il suo intervento parlando del Manuale delle giovani marmotte.
15:11. L’argomento della riunione. Due signore presenti in sala, che è la prima volta che vengono alle riunioni di Qualcosa, chiedono a Paolo di cosa sta parlando e vogliono sapere se per caso non hanno sbagliato a venire a questa riunione che riguarda un argomento che loro non comprendono. Paolo risponde che hanno fatto bene a venire, e che la riunione è aperta a tutti e verte sulla fondazione e di una nuova rivista letteraria che si chiama Qualcosa. Continua a leggere »
sabato 3 Giugno 2017
Riunione di Qualcosa, Bologna, Biblioteca Sala Borsa, 27/05/2017
15:15. Campagna di tesseramento. Si apre la seduta. I partecipanti sono informati che per tesserarsi all’associazione To soréla entertainment possono rivolgersi a Sara, che è seduta al banchetto sulla sinistra. Visto che Paolo le ha dimenticate a casa, le tessere non potranno essere consegnate al momento ma saranno spedite a casa mezzo posta.
15:20. Andrea Cardoni legge la nota biografica del suo romanzo Tutti romani tutti romanisti (Marcos y Marcos 2017), che riporta il numero della tessera di To soréla entertainment in possesso dell’autore (n.29). La nota di Cardoni entrerà nella Storia della letteratura italiana dal dopoguerra a oggi, fatta di sole note biografiche, a cura di Qualcosa. Paolo propone che tutti gli iscritti a To soréla entertainment, lui per primo, d’ora in avanti, scrivano il numero della loro tessera associativa nella nota biografica dei loro prossimi libri, se dovessero pubblicare dei libri.
15:22. Cose che ci governano. Si parla dell’idea di sbobinare gli interventi degli autori che in questi anni hanno parlato dei libri, dei film e delle musiche loro vita nelle diverse edizioni della rassegna che, nella prima edizione, si è intitolata Cose che ci governano [poi Questa è l’acqua, poi Le mani che scrivono le poesie (sono le stesse mani che fanno le pulizie) poi Sono un pessimista ma me lo dimentico sempre, poi La licenza poetica], organizzato dall’Arci di Reggio Emilia in provincia di Reggio. Dall’Arci hanno già segnalato a Paolo quindici possibili interventi che si potrebbero sbobinare. Tra questi, quello di Daniele Benati e Ilide Carmignani si può fare a meno di sboninarli perché ci ha pensato già lui a mandarci il testo completo. Paolo ha già scritto delle mail agli autori e alle autrici suggeriti da Bertini per chiedergli se vogliono partecipare e se ci danno il permesso di sbobinare i loro interventi. Oltre a loro, hanno detto di sì Francesco Cataluccio,, Elena Stancanelli, Claudia Tarolo, Romeo Castellucci, Nicola Lagioia, Felice Cimatti, Dente, Nadia Terranova, Giuseppe Civati, Andrea Moro, Igort, ha detto di no Silvia Avallone, non hanno risposto Carlo Boccadoro e Mariangela Gualtieri.
15:30. Storia della letteratura italiana dal dopoguerra a oggi. Nei mesi scorsi sono state raccolte decine di bio-bliografiche, molte delle quali sono state lette nella precedente riunione. Siccome non è venuto Mauro Orletti, che se ne occupa, si passa all’argomento successivo (comunque, chi vuole inviare delle note biobibliografiche che secondo lui meritano di entrare nella Storia della letteratura italiana dal dopoguerra a oggi, può inviarle all’indirizzo storiadellaitaliana@gmail.com indicando titolo, autore, editore e anno di pubblicazione del libro da cui sono tratte).
15:32. Brutte figure. Anche qui sono già arrivati un po’ di testi, e chiunque voglia mandarne di nuovi può farlo scrivendo a bruttefigure@gmail.com. Paolo dice che sarebbe bello se Qualcosa pubblicasse ogni anno un Almanacco delle brutte figure, con il meglio delle brutte figure raccolte durante l’anno precedente.
15:35. Critica del popolo. Luca ha raccolto circa settantacinque cartelle di brevi recensioni di grandi classici fatte da utenti di ibs, amazon e altri siti dove la gente comune può scrivere recensioni. Il materiale è stato da Luca indicizzato e suddiviso per genere letterario (narrativa, poesia, teatro, massime, etc). Queste recensioni, dice Paolo, potranno diventare un libro oppure potranno essere pubblicate a blocchi nella rivista. Qualunque sia la modalità di pubblicazione, Luca propone che quest’idea abbia un titolo (o un sottotitolo) ben preciso, e cioè: Un solo neo: Ofelia non meritava quella fine, che è una recensione ad Amleto fatta dall’utente di IBS Sandina. Continua a leggere »
giovedì 25 Maggio 2017
Una volta, stavo tornando a casa da una festa, all’epoca vivevo a Cremona, ero in bicicletta ubriaco perso, e all’angolo tra piazza Stradivari e corso Vittorio Emanuele ho visto una volante della polizia. L’ho superata tutto tranquillo e disinvolto e ho proseguito per la mia strada. Dopo centro metri però ho perso l’equilibrio e sono caduto a terra. Allora sono tornato lì, dove stava la volante, mi sono sporto con la testa verso il finestrino e ho detto ai poliziotti: scusate sono solo caduto, tranquilli, non è successo niente.
Chi lo sa che cosa volevo fare. Secondo me, forse mi volevo costituire. Comunque a parte tutto, anche loro erano d’accordo. Non preoccuparti, mi hanno detto, vai pure, che non è successo niente.
[di Domenico Arenella (grazie)]