Opposti e altri discorsi

mercoledì 14 Gennaio 2009

Allora, dice Alessandro Bonino che, da ricerche che ha fatto, in Abruzzo i nipoti si chiaman nipoti, e non zii. Invece scrive Carla Martella che in Abruzzo i nipoti si chiamano zii. Poi scrive Manuela Ardingo che a lei, sua mamma, della volte, la chiama mamma. E a me mi vien da pensare che anche a me, delle volte, mia figlia mi chiama mamma, ma quello è un altro discorso.
E un altro discorso ancora è una cosa che ho sentito ieri alla scuola materna, dove c’è una bambina che, siccome ha imparato che Voglio non si può dire, a suo babbo e a sua mamma gli dice: Ti vorrei bene.

L’opposto dello zio

giovedì 8 Gennaio 2009

Le scrivo per una parola che in una certa parte d’Italia significa anche il suo opposto. O la controparte, non so come dire. Un po’ come ospite. Infatti mi è venuta in mente leggendo il post di Alessandro Bonino.
Ed è ZIO. L’anno scorso (due anni fa, ormai) ho scoperto da un amico abruzzese che in Abruzzo, o forse solo in qualche provincia (Teramo, Roseto), zio e nipote si chiamano entrambi, fra loro, “zio”. Cioè, il nipote chiama lo zio zio, ovviamente. E questo vale per tutt’Italia, forse. Ma anche lo zio si rivolge al nipote, chiamandolo “zio”. Io, emiliano, ero rimasto sorpreso sentendo un amico di Roseto che al bambino con cui parlava al telefono diceva “zietto”. Proprio all’opposto, come quando i bambini chiamano lo zio, zietto. Anche in questo caso, quindi, non ci si capisce molto e bisogna stare attenti. Inizialmente credevo fosse uno di quei casi, a volte succede, in cui si ha uno zio coetaneo o più giovane. E gli ho chiesto se fosse così. Ma il ragazzino era (è) semplicemente il figlio di sua sorella. E lo chiami zio? ho chiesto, Certo, mi ha risposto, guardandomi un po’ stupito come dire: come vuoi che lo chiami?

[Me l’ha scritto Andrea Bazzanini (grazie)]

E poi

giovedì 8 Gennaio 2009

E poi, sempre lui (Alessandro), ha scritto questo.

Opposti

giovedì 8 Gennaio 2009

Mi scrive Alessandro Bonino:
C’era quella cosa che dicevi sulle cose che significano anche il loro opposto. Mi è venuto da pensarci l’altra sera, mentre ero ospite a cena da un amico.
Secondo me la parola Ospite (colui che ospita, ma anche colui che è ospitato), è una parola, che se non ci stai attento a come la usi, non ci si capisce niente.

Ismaele

mercoledì 12 Novembre 2008


Nel corso della settima lezione della Scuola elementare di scrittura emiliana (succursale di Bologna) abbiamo parlato di un libro del quale si è parlato molto, in rete, il libro dei fincipit, Sempre cara mi quest’ernia al colon, di Alessandro Bonino e Stefano Andreoli.
Chi lo conosce, non troverà nel seguito niente che non sappia già, chi non lo conosce deve sapere che il fincipit, se ho capito bene, è una pratica inventata da Alessandro Bonino e nominata da Stefano Andreoli che consiste nel prendere l’inizio di un libro o di una poesia o di una canzone famosa e nell’immaginare un seguito repentino e disastroso che provocherebbe la fine immediata di quell’opera o di quella canzone.
Dal libro, che ha la prefazione di Stefano Bartezzaghi, nel corso della settima lezione della Scuola elementare di scrittura emiliana (succursale di Bologna) abbiamo letto (più o meno) i fincipit seguenti:

Ei fu. Siccome immobile,
pagava l’ICI.

Chiamatemi Ismaele.
Che a me vede il numero sul cellulare e non risponde.
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Brunch

giovedì 16 Ottobre 2008

Ieri, con Alessandro Bonino, a un certo punto parlavamo di brunch, non so perché è saltato fuori il brunch.
E ci è venuto in mente che il brunch è una di quelle cose che non fan parte dell’impero austroungarico, son venute dopo, però son già finite, è come se fossero già scadute.
Come i tamagotchi (se si scrive così) che non sono oggetti da impero austroungarico, son venuti dopo, ma adesso chi è che ci ha più un tamagotchi?
O come gli orologi con le fasi lunari.
O come la vodka al melone, anche se lì, è una questione anche un po’ regionale, perché lui, Alessandro, dice che dalle sue parti la vodka al melone non è mai stata di moda, io invece mi ricordo che c’era un periodo che nei bar emiliani la gente prendeva delle gran ciotole di vodka al melone che è una bevanda, per me, adesso è questione di gusti, ma io la trovo un po’ disgustosa, così liquorosa, e dolce, a me sembra una specie di estratto di mal di testa.