sabato 3 Settembre 2016
Dopo poi comunque Seneghe è un paese, nei giorni del festival, che è pieno di cartelli con le scritte dei poeti, come quella cosa di Wisława Szymborska che dice «Preferisco il ridicolo di scrivere delle poesie al ridicolo di non scriverne» e appena sono arrivato, l’altroieri, a me è venuta in mente quella cosa che aveva scritto una volta Zavattini in una lettera che aveva scritto «Io sono un pessimista ma me ne dimentico sempre».
lunedì 14 Dicembre 2015
D’accordo, sono un moralista. Ma non esiliatemi se no muoio.
[Cesare Zavattini, Un paese vent’anni dopo, in Zavattini Berengo Gardin, Un paese vent’anni dopo, Milano, Motta 2002, p. 23]
mercoledì 21 Ottobre 2015
Mercoledì 21 ottobre,
a Torino,
al circolo dei lettori,
in via Bogino 9,
alle 18 e 30, se non sbaglio,
leggo un discorso su Zavattini
che si intitola
Respirare meglio.
mercoledì 21 Ottobre 2015
Il giorno dopo, uscii dall’albergo Normandie per ritrovare quel cinema e prima col metrò e poi a piedi passarono ore, sapendo poco la lingua e quel poco non avevo il coraggio di usarlo tanto che mangiavamo sempre omelettes perché sapevo dirlo.
[Cesare Zavattini, Io, Torino, Einaudi 2002, p. 99]
lunedì 19 Ottobre 2015
Bisogna scrivere non scrivendo.
[Cesare Zavattini, Non libro più disco, Firenze, Le lettere 2009, p. 6]
domenica 18 Ottobre 2015
È un prato. Se ci cammini un secolo
non sei neanche all’inizio.
Cosa c’è?
Solo dei te.
Si vede qualcosa che viene avanti da lontano?
un fumo che a poco poco si fa uomo?
Vai verso di lui,
speri ancora una volta che sia un altro,
le scambierete ben due chiacchiere.
Sai invece chi è?
Sempre quel rompiballe di te.
Scappare è peggio, crescono,
dei nuvoloni.
[Cesare Zavattini, Stricarm’ in d’na parola (Stringermi in una parola). 50 poesie in dialetto, Milano, Bompiani 2006, p. 40]
mercoledì 14 Ottobre 2015
Forse l’emozione più grande della mia vita
è stata una notte, c’era un’afa, un fermo,
come prima del terremoto,
Dio entrò nella mia camera impalpabilmente
e mi disse a te solo a te
faccio sapere che non esisto.
[Cesare Zavattini, Stricarm’ in d’na parola (Stringermi in una parola). 50 poesie in dialetto, Milano, Bompiani 2006, p. 56]
mercoledì 14 Ottobre 2015
Mi chiedi come mai ho deciso di parlare di Cesare Zavattini, allora sono andato nel mio blog a cercare le cose che ci sono, di lui, e ho trovato questa: «Alzi la mano chi non si gratta mai i coglioni». Che va bene. Poi sono andato avanti ho trovato questa: «Io voglio morire lo stesso giorno che non sono più buono di vestirmi e di svestirmi da solo». Poi sono andato avanti ho trovato questa: «Qui ci vorrebbe proprio un punto esclamativo». Poi sono andato avanti ho trovato questa. «Vi racconterò la mia vita. Giuro sui miei figli che ho coscienza che non è più rilevante di quella di nessun altro, ma ormai non resisto alla tentazione, perché ho la speranza di trovarci dentro non so che pagina non so che anno, una grande sorpresa». Poi sono andato avanti ho trovato questa: «La pianola di mia nipote Nicoletta, a schiacciare i diesis alti veniva fuori il suono del clacson». Poi sono andato avanti ho trovato questa: «Certe parole in dialetto mi piacciono quasi come le donne». Poi mi sono fermato perché mi veniva da piangere.
martedì 29 Settembre 2015
[una lettera di Zavattini a Franco Maria Ricci (cliccare sulla lettere per ingrandire, grazie a Paola)]
martedì 15 Settembre 2015
Formaggio formaggio parmigiano, quali strane e grandi cose tu generi nella vita? Eschilo non sdegnerebbe di parlare di te, e neppure Sofocle forse.
Conobbi la figlia di un illustre stagionatore di formaggio parmigiano. Era bella e delicata, una mimosa. Studiava il piano e le lingue e il disegno. Ma il formaggio calò d’improvviso, come suole, il suo prezzo, ed essa dovette andare a servizio, capite. Oh, dovremmo tutti mangiare tanto formaggio parmigiano pensando a queste cose.
[Cesare Zavattini, I giocattoli, Matelica, Hacca 2015, p. 44]