Probabilmente c’è qualcosa che non va

lunedì 25 Febbraio 2019

Uno dei personaggi di Anna Karenina, il fratellastro di Levin, che fa lo scrittore, all’inizio della terza parte va in campagna per «riposarsi dal lavoro intellettuale». Io, devo dire, non lo sento mai, il bisogno di riposarmi, dal lavoro intellettuale.

Anna Karenina a Milano

sabato 16 Febbraio 2019

«Quello che c’è scritto in Anna Karenina è più vero di quel che scrivono sul giornali e nelle enciclopedie».
Viktor Šklovskij

Scuola media inferiore di Anna Karenina a Milano: clic

Signor Lev

mercoledì 6 Febbraio 2019

Signor Lev,
le ho già scritto due volte, nel 2017.
Non mi ha risposto. Tutti quelli che mi piacciono non mi rispondono.
Ogni volta che penso a lei penso a due cose:
Primo.
Che lei era perfetto per fare babbo Natale, che quest’anno le maestre della materna han chiamato mio babbo e i bambini eran così scontenti, se ci andava lei, con quella barba, sarebbe stato un successone.
Secondo.
Ma lei davvero, in Guerra e Pace quando parlava di Sonja aveva capito come ci sente a essere un ‘fiore sterile come quelli delle fragole’?
Scusi se glielo rinfaccio, ma lei cosa ne vuole capire di questa cosa che di figli ne ha avuti 13?
Tredici, ma le sembra giusto chi niente, chi 13?
Però l’ha detta in un modo così bello quella cosa là, che male, mi fa star male, ma la perdono.

[Soluzione di Elvira Antinozzi al primo compito della scuola media inferiore di Anna Karenina a Bologna (descrivete Lev Tolstoj in 5 righe)]

Il vostro formaggio

martedì 5 Febbraio 2019

«Sissignore. Comandate il vostro formaggio?»
«Ma sì, del parmigiano.»

[Lev Tolstoj, Anna Karenina, traduzione di Sergio Zveteremich, Milano, Garzanti 1981 (7), p. 39]

Le prime tredici righe di Anna Karenina

lunedì 4 Luglio 2016

Anna Karenina Le Tolstoj Einaudi

In L’energia dell’errore Viktor Šklovskij racconta in che modo Tolstoj scriveva i suoi libri: «Desiderava che gli errori non finissero. Erano le tracce della verità. Erano la ricerca del senso della vita». Di Anna Karenina, il romanzo al quale Tolstoj aveva cominciato a pensare nel 1870 e che aveva pubblicato nel 1878, dopo dodici successive redazioni, Šklovskij scrive: «ciò che vi è scritto è più vero di quanto si trova sui giornali e, forse, nelle enciclopedie» (la traduzione di questi passi di Šklovskij è di Maria Di Salvo). Allora, quando l’altro giorno ho trovato in libreria la nuova traduzione di Anna Karenina, appena uscita per Einaudi (la traduttrice è Claudia Zonghetti, il libro è un supercorallo, ha 961 pagine e costa 28 euro) sono stato contento e l’ho aperto subito. E ho letto: «Le famiglie felici si somigliano tutte, le famiglie infelici lo sono ognuna a modo suo». E ho avuto un’impressione strana, come se mi mancasse qualcosa; sono poi andato a verificare l’originale e ho trovato che Tolstoj scrive: «Vse sčastlivye sem’i pochoži drug na druga, každaja nesčastlivaja sem’ja nesčastliva po-svoemu», dove sem’ja significa famiglia, sčastlivye significa felici, nesčastlivaja significa infelice; sono poi andato a vedere la mia vecchia edizione italiana, di Anna Karenina, quella tradotta da Pietro Zveteremich e pubblicata da Garzanti, e ho trovato che dice: «Tutte le famiglie felici sono simili tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo». E qui a me è sembrato di ritrovare l’architettura sonora, se così si può dire, della frase di Tolstoj, con quella ripetizione finale di infelice che a me sembra capitale, nell’economia della frase e che la Zonghetti, non si capisce bene perché, elimina. Ho poi continuato a leggere la traduzione della Zonghetti: «Casa Oblonskij era sottosopra. La moglie aveva scoperto la tresca fra il marito e l’istitutrice francese che era stata per qualche tempo con loro, e lo aveva informato che non potevano più vivere sotto lo stesso tetto. Non c’era più motivo di stare insieme /…/ La signora non usciva dai suoi appartamenti e il signore non si vedeva da tre giorni». Sono tornato a Zveteremich: «Tutto era in scompiglio in casa Oblonskij. La moglie aveva saputo che il marito intratteneva una relazione con la governante francese che era stata in casa loro, e aveva dichiarato al marito di non poter più vivere nella stessa casa con lui /…/ la loro convivenza non aveva più senso /…/ La moglie non usciva dalle sue stanze, il marito non era in casa da più di due giorni». Com’è evidente, dalla nuova traduzione dell’Einaudi sono state tolte le ripetizioni (infelice, marito, moglie, casa), che nell’originale russo ci sono. Quando trovo una cosa del genere mi vien sempre in mente il caso della prima traduzione di American Psycho, il romanzo del 1991 di Bret Easton Ellis, nella prima pagina del quale compariva tre volte la parola «bus», parola che il traduttore italiano aveva reso prima con «autobus», poi con «corriera», poi con «torpedone», e per il lettore italiano era difficilissimo capire che quel «torpedone» alla fine della pagina era lo stesso autobus che c’era all’inizio che poi a metà si era trasformato in corriera. Cosa aveva fatto, quel traduttore? Aveva applicato a Ellis la regola che hanno insegnato a tutti noi alle scuole medie, nei temi di italiano, di non fare delle ripetizioni e usare dei sinonimi. Che è una regola che a scuola può forse andar bene, perché permette all’insegnante di valutare il bagaglio lessicale dell’alunno, ma Bret Easton Ellis che bisogno ha di provare di avere un bagaglio lessicale sviluppato? E Lev Tolstoj? I romanzieri russi, a sentire Dostoevskij, vengono tutti «dal Cappotto di Gogol’», e c’è un celebre studio di Boris Ejchenbaum che dimostra come Gogol’, le parole, le scegliesse per il suono, e così faceva probabilmente anche Tolstoj e se Tolstoj, dopo dodici successive stesure, ha deciso di usare più volte, nella prima pagina del suo romanzo (e anche nelle pagine successive), la figura retorica e fonica della ripetizione, che senso ha correggere questo romanzo come se fosse un tema di seconda media? Oltretutto Tolstoj, come dice sempre Šklovskij, «da vero grande scrittore, era un uomo fuori posto», e se fosse andato alle medie probabilmente l’avrebbero bocciato, secondo me. Però, come lettura per l’estate, Anna Karenina mi sembra un’idea bellissima, e la consiglio senz’altro, nell’edizione Garzanti, traduzione di Pietro Zveteremich, 803 pagine, 9 euro.

Anna Karenina, Tolstoj, Garzanti

[uscito ieri su Libero]

4 marzo – Parma

mercoledì 4 Marzo 2015

Mercoledì 4 marzo,
a Parma,
alla biblioteca Palatina,
alle 17,
un discorso su Anna Karenina.

Quelle orecchie

mercoledì 27 Novembre 2013

Qualche mese fa ho visto in libreria una nuova edizione di Anna Karenina che aveva una fascetta che diceva: «Da questo capolavoro della letteratura mondiale un nuovo grande film con Keyra Knightley e Jude Law». Ecco. Il film io poi non l’ho visto, così come non avevo visto, qualche anno prima, lo spettacolo teatrale di Eimuntas Nekrošius, spettacolo nel quale ero stato in qualche modo implicato, perché il teatro Asioli di Correggio, dove era prevista una data dell’Anna Karenina di Nekrošius, considerando la natura molto visiva e poco narrativa del modo di fare teatro di Nekrošius, e pensando che gli abbonati che non avevano letto Anna Karenina avrebbero fatto fatica a seguire le cinque ore dello spettacolo senza aver presente la trama, il teatro Asioli di Correggio mi aveva commissionato due conferenze di un’ora ciascuna dove dovevo raccontare agli abbonati la trama del romanzo, cosa che avevo poi fatto effettivamente, in due sabati successivi, e ogni volta che penso a quelle due ore mi viene in mente che poi la data dello spettacolo era saltata perché era stata male Mascia Musy, che interpretava Anna Karenina, e lo spettacolo era stato rimandato di qualche mese solo che poi, qualche mese dopo, era stato male l’attore che interpretava Vronskij e lo spettacolo a Correggio non c’era poi stato e quell’anno l’unica Anna Karenina che era andata in scena a Correggio, era stata la mia, e in quell’Anna Karenina improvvisata per gli abbonati del teatro Asioli io dicevo che Anna Karenina, nel romanzo di Tolstoj, non era efebica come Greta Garbo, che l’ha interpretata in un film americano del 1935, o come Lea Massari, che l’ha interpretata in uno sceneggiato in bianco e nero che chi ha la mia età forse se lo ricorda, o come Mascia Musy, che l’ha fatta a teatro con Nekrošius, o come Keyra Knightley, che l’ha poi interpretata nel film dell’anno scorso, o come Vittoria Puccini, che la interpreterà in una imminente fiction della Rai, no. Anna Karenina aveva gli occhi grigi, scrive Tolstoj, scintillanti, che sembravano scuri a causa delle folte sopracciglia, e era come se in lei ci fosse qualcosa che sovrabbondava, che riempiva talmente il suo essere da esprimersi al di fuori della sua volontà. Aveva una stretta di mano forte e ardita, e un’andatura rapida che sosteneva in modo così stranamente leggero il suo corpo piuttosto pieno. A me, nelle prime pagine, prima che cominci il suo dramma, Anna Karenina sembra più un’eroina da romanzo sovietico, piuttosto che un’eroina tragica, e se qualcuno obiettasse che l’Unione Sovietica allora non esisteva, io risponderei che Tolstoj era bravo anche per quello, perché descriveva le cose prima che esistessero. E le descriveva in un modo che io, certe cose che ci son nel romanzo, come il celebre inizio «Tutte le famiglie felici sono simili tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo», o quel che Anna, dopo aver conosciuto Vronskij, pensa quando rivede suo marito, in stazione, a Pietroburgo, e la prima cosa che pensa è “Dio mio, ma perché ha quelle orecchie?”, come se fosse la prima volta che le vedeva, come se non fossero state le orecchie che vedeva tutti i giorni da dieci anni, ecco io non vado a vedere gli spettacoli e i film tratti da Anna Karenina perché come si fa, a mettere in scena quelle orecchie, o quell’infelicità, come si fa a rendere il fatto che il comportamento di Anna è un comportamento in un certo senso insensato ma che faceva così bene, a avere orrore di quelle orecchie, e a andare incontro a braccia aperte alla propria infelicità, come si fa?

[uscito mercoledì scorso su Vanity fair]

Stiva e Ralph

domenica 3 Novembre 2013

Stasera ho visto, con la Battaglia, un film che non avevo mai visto che credo me lo ricorderò prevalentemente per un motivo: ogni tanto, in questi ultimi anni, mi è capitato di dire che all’inizio di Anna Karenina (Mosca 1878) viene citato – il formaggio preferito di Stiva Oblonskij – il Parmigiano Reggiano; d’ora in poi forse dirò anche che viene citato nella prima battuta di Karate Kid (Stati Uniti 1984) – Ralph Macchio: Ho lasciato nel frigorifero del Parmigiano Reggiano –.

Un nuovo grande film

lunedì 31 Dicembre 2012

13 novembre – Sala Baganza

sabato 13 Novembre 2010

Sabato 13 novembre,
a Sala Baganza (PR),
nella Biblioteca Vilma Preti,
al piano terra della
Rocca Sanvitale,
alle 17,
lungo discorso
su Anna Karenina