Quelle orecchie

mercoledì 27 Novembre 2013

Qualche mese fa ho visto in libreria una nuova edizione di Anna Karenina che aveva una fascetta che diceva: «Da questo capolavoro della letteratura mondiale un nuovo grande film con Keyra Knightley e Jude Law». Ecco. Il film io poi non l’ho visto, così come non avevo visto, qualche anno prima, lo spettacolo teatrale di Eimuntas Nekrošius, spettacolo nel quale ero stato in qualche modo implicato, perché il teatro Asioli di Correggio, dove era prevista una data dell’Anna Karenina di Nekrošius, considerando la natura molto visiva e poco narrativa del modo di fare teatro di Nekrošius, e pensando che gli abbonati che non avevano letto Anna Karenina avrebbero fatto fatica a seguire le cinque ore dello spettacolo senza aver presente la trama, il teatro Asioli di Correggio mi aveva commissionato due conferenze di un’ora ciascuna dove dovevo raccontare agli abbonati la trama del romanzo, cosa che avevo poi fatto effettivamente, in due sabati successivi, e ogni volta che penso a quelle due ore mi viene in mente che poi la data dello spettacolo era saltata perché era stata male Mascia Musy, che interpretava Anna Karenina, e lo spettacolo era stato rimandato di qualche mese solo che poi, qualche mese dopo, era stato male l’attore che interpretava Vronskij e lo spettacolo a Correggio non c’era poi stato e quell’anno l’unica Anna Karenina che era andata in scena a Correggio, era stata la mia, e in quell’Anna Karenina improvvisata per gli abbonati del teatro Asioli io dicevo che Anna Karenina, nel romanzo di Tolstoj, non era efebica come Greta Garbo, che l’ha interpretata in un film americano del 1935, o come Lea Massari, che l’ha interpretata in uno sceneggiato in bianco e nero che chi ha la mia età forse se lo ricorda, o come Mascia Musy, che l’ha fatta a teatro con Nekrošius, o come Keyra Knightley, che l’ha poi interpretata nel film dell’anno scorso, o come Vittoria Puccini, che la interpreterà in una imminente fiction della Rai, no. Anna Karenina aveva gli occhi grigi, scrive Tolstoj, scintillanti, che sembravano scuri a causa delle folte sopracciglia, e era come se in lei ci fosse qualcosa che sovrabbondava, che riempiva talmente il suo essere da esprimersi al di fuori della sua volontà. Aveva una stretta di mano forte e ardita, e un’andatura rapida che sosteneva in modo così stranamente leggero il suo corpo piuttosto pieno. A me, nelle prime pagine, prima che cominci il suo dramma, Anna Karenina sembra più un’eroina da romanzo sovietico, piuttosto che un’eroina tragica, e se qualcuno obiettasse che l’Unione Sovietica allora non esisteva, io risponderei che Tolstoj era bravo anche per quello, perché descriveva le cose prima che esistessero. E le descriveva in un modo che io, certe cose che ci son nel romanzo, come il celebre inizio «Tutte le famiglie felici sono simili tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo», o quel che Anna, dopo aver conosciuto Vronskij, pensa quando rivede suo marito, in stazione, a Pietroburgo, e la prima cosa che pensa è “Dio mio, ma perché ha quelle orecchie?”, come se fosse la prima volta che le vedeva, come se non fossero state le orecchie che vedeva tutti i giorni da dieci anni, ecco io non vado a vedere gli spettacoli e i film tratti da Anna Karenina perché come si fa, a mettere in scena quelle orecchie, o quell’infelicità, come si fa a rendere il fatto che il comportamento di Anna è un comportamento in un certo senso insensato ma che faceva così bene, a avere orrore di quelle orecchie, e a andare incontro a braccia aperte alla propria infelicità, come si fa?

[uscito mercoledì scorso su Vanity fair]