I nodi
– Tutti i nodi vengono al pettine.
– Quando c’è il pettine.
[Leonardo Sciascia, Nero su nero, in Opere. 1971-1983, Milano, Bombiani 2001, p. 629]
– Tutti i nodi vengono al pettine.
– Quando c’è il pettine.
[Leonardo Sciascia, Nero su nero, in Opere. 1971-1983, Milano, Bombiani 2001, p. 629]
Uno, che si chiamava Velimir Chlebnikov, diceva che per dormire gli bastava il pavimento e per scrivere, al posto del tavolo, poteva usare il davanzale. Siccome poi era senza petrolio, avrebbe imparato a scrivere al buio.
[Dal Repertorio dei matti della letteratura russa, in preparazione]
In questa intervista del 2018 a Rosalba Castelletti (clic), Limonov racconta che ha smesso di leggere Limonov, il romanzo di Carrère, quando Carrère dice che, in Russia, nel 42, fucilavano chi arrivava tardi al lavoro. Che è nella prima pagina del romanzo. Ha letto 18 righe (e, forse, l’introduzione).
Tempo fa, con una mia amica, quando qualcosa non andava bene, io le dicevo : «Ci vuole pazienza». E lei mi rispondeva «E noi ce l’abbiamo». Con quella mia amica non ci vediamo dal 2014, circa, però di pazienza ce ne vuole ancora di più, e noi ce n’abbiamo ancora di più, secondo me. Domani sul foglio dovrebbe uscire un pezzetto sul coronavirus, scritto una decina di giorni fa, non vale più niente, probabilmente.
Stasera su Radio 3, intorno alle 20 e 15, se non sbaglio, vanno in onda 15 minuti di Se mi dicono di vestirmi da italiano non so come vestirmi, con Nicola Borghesi e con me. I primi quindici minuti della recita del 17/11 all’oratorio San Filippo Neri di Bologna.
C’era una che, brindare, lei brindava così:
«Bevo alla casa distrutta,
e alla mia vita brutta».
[Anna Achmatova, dal Repertorio dei matti della letteratura russa, in preparazione]
Questo è uno spot che sta andando su Radio popolare (illustr. di Noemi Vola, montaggio di Andrea Cardoni): il primo che indovina la musica che c’è sotto vince una copia della Notte prima di natale, di Gogol’ (le risposte a paolo punto nori chiocciola gmail punto com):
Andiamo a Mosca dal 29 giugno al 5 luglio 2020, partiamo da Milano Malpensa alle 12 e 10, arriviamo a Mosca alle 16 e andiamo in albergo, all’hotel Pekin, un albergo sovietico in piazza Majakovskij. È molto comodo, centrale, e ha dei corridoi che sembra l’albergo dove Jack Nicholson, in Shining, è andato per scrivere il suo libro intitolato, se non ricordo male, Il mattino ha l’oro in bocca (http://www.gogolmaps.com).
“Ma cosa ti lavi da solo, ma smettila” rispondeva mia mamma “puzzano le cose che lavi te da solo, a mano poi, sei pieno di buchi sei, dove vai tutto sbrindellato?” e poi se per lei era arrivato il momento, partiva per un negozio che si chiamava ‘Intimo caos’.
E una volta c’ero andata anch’io con mia mamma, che prima di uscire mi sistemava sempre qualcosa, il cappello per esempio, e diceva: “forza ossicino”.
La commessa le aveva squadernato festosa dieci modelli di mutande da uomo e dopo, mia mamma, ne aveva scelto un tipo e la commessa l’aveva preso, l’aveva piegato come una reliquia, aveva fissato mia mamma qualche secondo e poi: “ha scelto bene signora” le aveva detto, “vedrà, questa è una mutanda valida”.
Da allora a casa, quando si comprava un oggetto che funzionava bene, come per esempio quel baracchino a manovella per grattugiare il parmigiano, che poi invece si rompeva sempre, ma all’inizio ci sembrava proprio utilissimo, dicevamo tutti: “è una mutanda valida”.
Oggi a Bologna c’è lo spettacolo che abbiamo scritto e che interpretiamo io e Nicola Borghesi, dove ci si chiede cosa vuol dire essere italiani e ci si risponde (anche) che essere italiani è difficile: clic.