Verdemezzo

giovedì 14 Aprile 2016

Schermata 2016-02-15 alle 09.20.51

«Avevo appena cominciato a studiare la lingua italiana, – scrive Mandel’štam, – e ne conoscevo appena la fonetica e la prosodia, quando capii di colpo che in essa il baricentro dell’attività fonica è più vicino alle labbra, si sposta verso l’esterno della bocca. La punta della lingua assurge a improvviso onore; il suono si precipita verso la barriera dei denti. Un’altra cosa mi colpì: la puerilità della fonetica italiana, il suo bellissimo infantilismo, l’affinità con un melodico balbettio, con un dadaismo originario», e a leggere questa cosa a me è venuto in mente la ricetta del fegatello, messa in rima da Margutte nel cantare decimo ottavo:

Del fegatello non ti dico niente:
vuol cinque parte, fa’ ch’a la man tenga:
vuol esser tondo, nota sanamente,
acciò che ‘l fuoco equal per tutto venga,
e perché non ne caggia, tieni a mente,
la gocciola che morvido il mantenga:
dunque in due parti dividiàn la prima,
ché l’una e l’altra si vuol farne stima.

Piccolo sia, questo è proverbio antico,
e fa’ che non sia povero di panni,
però che questo importa ch’io ti dico,
non molto cotto, guarda non t’inganni!
ché così verdemezzo, come un fico
par che si strugga quanto tu l’assanni;
fa’ che sia caldo; e puoi sonar le nacchere,
poi spezie e melarance e l’altre zacchere.
(XVIII, 125-126)

dove a me piace moltissimo verdemezzo, che non so bene cosa voglia dire ma è una parola, come sempre mai, che si trova, anche, nel Morgante («Dicea Margutte: Io ho sempre mai inteso / che gnun non si vorrebbe mai beffare» IX, 89), ecco sempre mai è un avverbio che mi sembra incantevole, nella sua apparente insensatezza, ed è uno di quei casi in cui la traduzione, la parafrasi, mi sembra impossibile, dove la linea del suono e la linea del significato trovano un incrocio miracoloso, come dice ancora Mandel’štam in un altro passo del suo Discorso su Dante: «Il discorso o pensiero poetico può essere chiamato sonoro soltanto in via convenzionale; infatti ciò che udiamo è unicamente l’interferenza di due linee, una delle quali, presa da sola, è assolutamente muta, mentre l’altra, senza il sostegno del movimento delle immagini, è priva di ogni significazione e interesse e si presta alla parafrasi, sintomo certissimo, a mio vedere, dell’assenza di poesia: dove è possibile la parafrasi, le lenzuola non sono gualcite, la poesia non ha pernottato».

[questo libro forse è uscito oggi]