Un’ottima scusa
Guardando le immagini, avevo pensato che mi sarebbe piaciuta non poco la neve su Napoli, per dare una scossa, per vedere il tutto sotto una luce diversa, ma la neve non c’era e questa cosa m’infastidiva. Mi sembrava l’ennesima bellezza che mi veniva negata da eventi estranei, più forti di me. Mi sentivo messo da parte: una stupida e ignobile particella di un tutto che non mi considerava, che non mi ascoltava. In particolare, mi dava fastidio l’idea di una bellezza che esiste- va e non potevo toccare; reagivo come potevo, scomposto, immaginando il candore, il bianco diffuso sui palazzi, sulle macchine, sulla strada e i cani camminare stupiti odorando la neve, e i bambini correre, cadere e rialzarsi ed io in pie- di, immerso nel bianco, con i vestiti bagnati, con gli occhi socchiusi per la rifrazione della luce. Guardavo e godevo. Riuscivo anche a immaginare i problemi, gli ingorghi che avrebbe provocato in una città non pronta e caotica di suo, ma nonostante tutto tifavo per la neve. Per le sue proprietà lenitive e coprenti. Tutto quel bianco sul senso di colpa, fino a seppellirlo in profondità. Sarebbe stata un’ottima scusa, una nuova, per continuare a non far niente.
[Alessio Forgione, Napoli mon amour, Milano, NN 2018, p. 29]