Una voglia quasi sensuale di camminare
Tutto può cambiare a Pietroburgo tranne la sua meteorologia. E la sua luce. È la luce nordica, pallida e diffusa, una luce in cui memoria e occhio operano con insolita acutezza. In questa luce, e grazie alle strade così lunghe e rettilinee, i pensieri di un passante vanno più lontano della sua destinazione, e un uomo con una vista normale può distinguere a più di un chilometro di distanza il numero dell’autobus in arrivo o indovinare l’età del poliziotto che lo pedina. Almeno nella giovinezza un uomo nato in questa città trascorre tanto tempo camminando quanto un buon beduino. E non è e per la penuria di automobili o per il loro prezzo (c’è un eccellente sistema di trasporti pubblici), né per le code che davanti ai negozi di generi alimentari si allungano per centinaia di metri. È solo perché camminare sotto questo cielo, lungo gli argini di granito di bruno di questo immenso fiume grigio, è di per sé un buon prolungamento della vita e una scuola che migliora la vista e la mente. Nella trama granulare del selciato di granito che corre accanto al flusso continuo, alla fuga costante dell’acqua, c’è qualcosa che infonde alle suole una voglia quasi sensuale di camminare. Dal mare soffia soffia un vento di tramontana, odoroso di alghe, che qui ha guarito molti cuori soprassaturi di menzogne, disperazione e impotenza.
[Iosif Brodskij, Guida a una città che ha cambiato nome, in Fuga da Bisanzio, traduzione di Gilberto Forti, Milano, Adelphi 2008 (8), p. 53]