Un poeta

giovedì 4 Settembre 2014

Oggi a Mantova comincia il Festivaletteratura e stasera, alle 21 e 15, al conservatorio Campiani, con Carlo Boccadoro al pianoforte, proverò a fare una lettura integrale della Fondazione, di Raffaello Baldini, che è un monologo teatrale che a me sembra una meraviglia. Quando è uscito, La fondazione, nel 2008, io l’ho letto, e poi l’ho riletto, e poi l’ho riletto ancora; tre volte di seguito, non mi era mai capitata una cosa del genere, e a pensare alla Fondazione a me viene in mente la casa dove abitavo, in un quartiere di Bologna che si chiama Borgo Panigale, la porta finestra che c’era nella mia cucina e la vista dal balcone sul fiume Reno, con tutto quel verde, e lo stupore di quella lettura, di quella rilettura e di quella ririlettura che ho fatto in quella cucina che potrei forse chiamare la cucina Baldini dove adesso abita qualcuno che probabilmente di Baldini non sa e non saprà mai niente, ed è un peccato, perché Baldini è un poeta, un grande poeta, di lui, sul Corriere della sera, Pier Vincenzo Mangaldo ha scritto, nel giugno del 2000, «Raffaello Baldini è uno dei maggiori poeti d’Italia, il più grande anzi che sia apparso negli ultimi decenni»; e è un poeta, Baldini, le cui poesie hanno un pregio raro, che si capisce da una cosa che è successa a Ivano Marescotti. Una volta Ivano Marescotti ha fatto una lettura delle poesie di Baldini in Romagna, e una signora, alla fine, gli si è avvicinata gli ha detto «Mi son divertita, ma proprio divertita, son così belle che non sembrano neanche delle poesie». Ecco, Baldini, per come lo capisco io, è un poeta così poeta che non sembra neanche un poeta, e per spiegarmi con un esempio mi viene in mente una poesia di Baldini che si intitola Tom e fa così: «Quanto abbiamo giocato con Tom, quel che mi sono divertito, ma intelligente, era il cane di mio zio, più intelligente di lui». E le cose che ha scritto, Baldini, un po’ tutte, e la Fondazione, forse, sopra tutte, son degli esempi così magistrali di letteratura, che a leggerli ad alta voce non sembran neanche letteratura. Leggere ad alta voce La fondazione di Baldini mi sembra significhi sentire la voce del protagonista, che è un signore che si lamenta che la moglie l’ha lasciato, e non è un signore normale, è un signore che «tiene da conto», cioè non butta via niente, neanche i tappi delle bottiglie, neanche i giornali vecchi, neanche le bottiglie vuote, niente, e ha la casa piena di quei tappi, e di quei giornali, e di quelle bottiglie, e di tutto, compresa una matita tricolore che era un gadget del partito liberale per le elezioni politiche del ’74, se non ricordo male, e per spiegarmi con un altro esempio vorrei spiegarmi con un pezzetto in cui si senta questa voce, e è un pezzetto in cui il protagonista spiega cosa succede in casa sua quando arriva la donna di servizio, e fa così: «che poi io, perché da me viene una donna, la Chiarina di Turòt, e io non mi posso far vedere, le cose vanno messe a posto, che uno dice: ma non c’è lei? non è lei che deve mettere a posto? ho capito, sì, ma non posso, dài, non si può, che arriva, questa donna, che trova che è una casa da zingari, non va bene, ne va anche della mia reputazione, perché lei viene, lava, stira, dà la polvere, dà una passata di straccio, pulisce il bagno, la cucina, delle volte mi fa anche un po’ di ragù, che lo fa bene, mi fa anche un ragù con i fagioli, più buono che mai, però non può arrivare in una casa che è un casino, e io, perché lei viene il pomeriggio, il martedì e il venerdì, e io il martedì e il venerdì mattina è un castigo, lavoro più di lei, da scoppiare, che verso mezzogiorno, porca puttana, mi butto sul divano stanco morto, e sto lì mezz’ora, oh, tiro il fiato, lei viene alle due e mezzo, sta fino alle cinque e mezzo, insomma, per me la donna di servizio è una croce, ma non posso fare a meno, non posso farne a meno, ci sono delle volte che mi telefona che non può venire, mi telefona il giorno prima, gliel’ho detto io di telefonarmi il giorno prima, e beh se no, se mi telefona la mattina sul tardi, che magari io ho già fatto quasi tutto, insomma quando mi telefona che il giorno dopo non può venire, per me è una festa, lo dico sinceramente».

[uscito ieri su Libero]