Un giornalista
Mi chiamavo Pietramellara, Marco Pietramellara, un nome assurdo, per uno che vuol fare il giornalista.
Uno che fa il giornalista dovrebbe avere almeno il buongusto di avere un nome minimamente memorabile, come Giorgio Bocca, o Enzo Biagi, o Piero Ottone, o Calindro Montanelli, io volevo fare il giornalista e mi chiamavo Pietramellara, Marco Pietramellara, ma che testa avevo?
Ma cosa può pensare di combinare, uno così?
O Marco Travaglio.
O Emilio Fede, al limite.
O Maurizio Costanzo.
O Paolo Mieli.
Ma Pietramellara.
Ma cosa volevo fare?
E fosse stato solo il nome.
Anche il modo, di lavorare.
Quel giorno qualsiasi del mese di maggio dell’anno 2017, per esempio, nella redazione di Emila Today, il vostro quotidiano preferito, mi ero dedicato a una delle forme di decoro della vita sociale che il noto sociologo canadese Erving Goffman aveva classificato come «Far finta di lavorare».
Ero fatto così, mi piaceva fare il contrario di quello che avrei dovuto fare.
Uno potrebbe pensare “Eri un ragazzo”, no.
No, non ero un ragazzo.
Avevo quarantotto anni, avevo.
[Paolo Onori, Fare pochissimo, Milano, Marcos y Marcos 2017, pp. 16-17 (è uscito oggi)]