Tutto tranne che il liscio (5-5)

domenica 7 Giugno 2009

Non so, sarà perché a me piacciono i fiati, io ho l’impressione che i fiati facciano come un discorso, recentemente ho letto un libro di Wynton Marsalis, che si intitola Come il jazz può cambiarti la vita, dove Marsalis dice che diversamente dalla musica pop, la musica Jazz, che prevalentemente è senza parole, proprio per il fatto di essere senza parole, permette di arrivare più a fondo, di dire cose più precise, di parlare di più, in un certo senso, e che quando suo babbo, che era anche lui musicista, suonava coi suoi amici, improvvisando, a lui, Wynton, che aveva dodici anni, sembrava che fossero un gruppo di persone che facevano dei ragionamenti.

Ecco. Per via di questo, di ragionamenti, io quando ho cominciato, avevo delle cose da dire, solo che, siccome è un ragionamento, questo, fatto di parole, c’è un fatto, che i ragionamenti con le parole, finirli, è sempre una cosa tristissima, per me. Cioè come se tutto quello che uno aveva detto prima, l’avesse detto per arrivare lì, alla fine, per dimostrare chissà che cosa. Come se io avessi detto tutto questo per dire che non dobbiamo aver vergogna dei nostri genitori. Per esempio. O per parlare bene del il liscio. O per ricordarmi di Nadir, che sono degli anni che non lo vedo. O di Donelli. O del Bar Riviera, che sono degli anni che non ci vado.

No no. Non l’ho fatto per quello. Non so neanch’io, perché l’ho fatto. L’ho fatto in realtà perché me l’han chiesto, e io detto volentieri, e infatti l’ho fatto poi volentieri, e adesso, volentieri, per il principio di contradizione, finisco con una canzone non russa, né emiliana, e neanche balcanica, e neanche jazz, e oltreutto piena di parole.

State bene.

[Si sente qui]