Turbolenze
Un ragazzo che si chiama Domenico mi ha detto che lui, quando era piccolo, pensava che Turbolento fosse il superlativo di lentissimo.
Che a me è sembrato un significato così bello, di Turbolento, che d’ora in poi io ho pensato che lo uso così; se vado a veder per esempio a uno spettacolo di Bob Wilson, ammesso che sia lui il regista teatrale che fa muovere i suoi attori in maniera turbolenta, se vado a vederlo e dopo quando esco mi chiedono com’è stato, io gli rispondo «Turbolento», e mi vien da definir turbolente certe giornate in pianura padana quando ti aspetti che succeda qualcosa e non succede niente, che quella mi sembra che sia un po’ una costante della mia vita che io mi aspetto sempre che succeda chissà che cosa e dopo alla fine succede chissà niente anche se ci sono delle eccezioni come in questi giorni che è appena uscito un romanzo che ho scritto e mi invitano in giro a presentarlo o mi chiedono di fare delle interviste e questa settimana ho fatto un’intervista televisiva a una trasmissione che si chiama Buongiorno regione che va in onda al mattino alle sette e un quarto dalla sede regionale della Rai che io, siccome abito lontano dalla sede Rai, e siccome per muovermi uso la bicicletta, devo andarci in bicicletta e esco di casa alle sei e un quarto, ci metto tre quarti d’ora, e questi viaggi in bicicletta, la notte prima penso «Ma chi me l’ha fatto fare, di accettare questa intervista a Buongiorno regione?», la mattina dopo son contentissimo, di uscire in bicicletta alle sei un quarto, che Bologna alle sei e un quarto è una città completamente diversa da quella che vedo di solito e a me viene in mente Piero Manzoni quando usciva alle cinque del mattino a Milano per fare delle fotografie, che alle cinque del mattino la città si vedeva tutta; e è anche un momento, quando son lì che pedalo sul ponte di via Stalingrado, che mi sembra che potrei essere qualsiasi cosa, un imbianchino, un muratore, un fabbro, e per me, esser qualsiasi cosa equivale a non essere niente e non essere niente è una cosa che mi piace da matti, e poi, l’ultimo motivo per cui mi piacciono queste dirette a Buongiorno regione, è il fatto che sono la fonte della mia popolarità presso i miei vicini di casa, che i miei vicini di casa sono quasi tutti dei pensionati e alle sette e un quarto del mattino la televisione gli unici che la guardano sono dei pensionati l’unico aspetto negativo, di fare un’intervista così presto, è che io ci metto un po’ a ragionare, io ho un cervello turbolento, allora per quello non le risento mai, queste interviste, che chissà cos’ho detto, mi dico, e se qualcuno adesso mi chiedesse «Cos’hai detto?» io gli risponderei «Non lo so», anche se dopo, quando sono ormai già le otto, mi fanno sempre anche una piccola intervista per il TG regionale e lì capisco già un po’ meglio e questa volta mi han chiesto come reagirebbe il protagonista del mio romanzo, che è un giornalista, ai fatti di questi giorni, gli attentati di Parigi, e io credo di avere risposto che secondo me gli verrebbe in mente il modo in cui ha reagito il primo ministro norvegese alla strage del 2011, quando son stati uccisi da un terrorista 77 ragazzi che non avevan fatto niente, e il primo ministro deve aver detto che loro avrebbero risposto con le armi più potenti del mondo, la libertà e la democrazia.
[uscito ieri su Libero]