Sull’esistenza di Babbo Natale

venerdì 25 Dicembre 2009

[Dovrebbe essere uscito ieri su Libero. Auguri ancora]

Quando avevo forse sette anni una ragazza che ne aveva credo diciassette ha detto, a me e a mio fratello «Ma voi credete ancora a Babbo Natale?».
Era la figlia di uno che abitava vicino a dove avevamo la casa di campagna, che era la casa dove era nata mia mamma, e suo padre, che non mi ricordo come si chiamava, lei si chiamava credo Elisabetta, mi ricordo che il padre di questa ragazza mi diceva sempre: «Non rispondere». E io, avrò avuto sette anni, nella mia testa mi chiedevo «E perché non dovrei rispondere?». E dopo glielo chiedevo anche a lui «E perché non dovrei rispondere?» gli dicevo. E lui mi diceva «Non rispondere». E io gli ho dicevo «Ho capito, ma perché non dovrei rispondere?». E lui mi diceva «Non rispondere!». Dopo di solito arrivava mia mamma, o mia nonna, e mi diceva «Paolo, vieni via».
E dopo sua figlia, di quello lì, che forse si chiamava Francesco, ma forse no, ha fatto questa bella uscita: «Ma voi credete ancora a Babbo Natale?». E io, nella mia testa di allora, pensavo che non era colpa sua, era colpa di mio babbo e di mia mamma che mi avevano allevato nell’ignoranza, e subito non ci potevo credere, che avessero avuto così poca fiducia, di me e di mio fratello.
E da allora, prima per me era bellissima, l’idea del Natale, e anche la pratica, del Natale, era un incanto, mi ricordo ancora in pigiama, sotto l’albero, sembrava incredibile, tutta quella roba per me, e una volta mi era perfino sembrato di vederlo, Babbo Natale, ero talmente agitato che una vigilia l’avevo visto che entrava da sotto la soglia della porta, aveva un lume rosso, e io mi ero detto «Dormi dormi dormi dormi che se ti vede ci resta male».
Come facevo a non crederci? L’avevo anche visto.
Difatti all’Elisabetta io le avevo detto, subito, «Ma cosa dici?», e poi ero andato da mia mamma e le avevo detto «Mamma, è vero che esiste, babbo Natale?». E mia mamma, l’avevo vista un po’ in difficoltà. E lì un po’ quell’incanto lì ha cominciato a dar giù, a sgretolarsi, e è stato forse il momento che più che non credere più a Babbo Natale, ho cominciato a non credere più a mio babbo, a mia mamma, e in generale alla mia famiglia.
E son cose che non son mica belle, ma bisogna passarci, se non è il Natale è qualcos’altro, la Pasqua, o Santa Lucia, da noi a Parma i regali li portava anche Santa Lucia, e anche la Befana, era un mese, quello lì, dal 13 dicembre al 6 di gennaio, che è stato bellissimo, fino a quando avevo sette anni, e poi, trac, l’incanto della mia famiglia è dato giù tutto d’un botto, come il muro di Berlino, e dopo c’è voluto del tempo, per tirarlo su ancora, e io, non so se poi è così davvero, però se dovessi dire, uno strumento, per accorgermi che quell’incanto lì era tornato su, è stato il fatto di scrivere, e la prima cosa che ho scritto e della quale sono stato contento, era il 1997, e era un anno che scrivevo, tutti i giorni, e non avevo nessuna voglia di far vedere alla gente le cose che avevo scritto in quel primo anno, non ero mica tanto convinto, la prima cosa della quale sono stato convinto, era una cosa che a leggerla oggi a me sembra evidente che la frattura di Babbo Natale si era saldata.
Era estate, mi ricordo, e l’avevo mandata a cinque quotidiani, con una letterina con la quale mi scusavo e dicevo che probabilmente era il caldo. Non mi ha risposto nessuno. Pazienza. La cosa era questa:
Al mattino ci appoggiamo al balcone, guardiamo giù, mi chiede se sono io che butto le cose per terra. Sono io. Ogni tanto mi vengono degli attacchi di nervoso, butto tutto per terra.
L’altroieri non riuscivo a fare bene un passaggio di Da-da-un-pa alla tromba e suona questa signora, testimone di Geova, dev’essere, o qualcosa del genere, non l’ho lasciata neanche iniziare, l’ho presa per un braccio e l’ho buttata, è quella signora vestita di bianco sul balcone di fronte. La tabaccheria all’angolo l’ho buttata quando mi hanno bocciato, nell’Ottantatre.
L’edicola l’ha buttata mio babbo quando il Milan ha perso lo scudetto contro la Lazio, che l’arbitro Lo Bello ci ha annullato un gol e poi ha detto in televisione che si era sbagliato, tutti a fargli i complimenti che era stato onesto, mio babbo non era d’accordo.
L’asilo nido l’ha buttato di sotto con tutti i bambini mio fratello più grande quando doveva passare l’esame di maturità. Quell’edificio grigio che c’è a sinistra è la chiesa. Mio nonno, che era un po’ anarchico, l’ha buttata giù un giorno che mia mamma stava facendo dei conti e si era distratta. Aveva una forza, mio nonno.
Una volta che è tornato a casa da lavorare e ha trovato la minestra in brodo ha buttato giù dal balcone l’Emilia Romagna con i fiumi, le autostrade, gli autogrill, le balere e le orchestre di liscio.
Quando era ancora fidanzato e mia nonna non era sicura se lo voleva sposare ha buttato giù Roma, il Vaticano e compagnia bella. Allora lei si è decisa, sono andati a sposarsi in Liguria, che l’aveva buttata una volta che pioveva, sai quei giorni che non sai cosa fare?