Sotto-tono

giovedì 25 Dicembre 2008

Se i disegni sono svaghi casuali, le scritture sembrano esercizi di qualcuno che non abbia mai imparato a scrivere in modo disinvolto, e manovri le parole nella maniera più elementare. Basta osservare l’esilità delle frasi, la modestia delle subordinate, l’inerzia delle consecuzioni. Rispetto all’usuale scrivere letterario c’è un abbassamento della tensione nelle parole, un sottotono, e soprattutto una insolita mancanza di aggressività letteraria (Luigi Martellini).
Tutto questo cade in un’epoca quando anche la lingua media è diventata pesante, fatta di frasi da ufficio, gerghi ministeriali, slogan, sentimentalismi insopportabili, o da quelle larve del disincanto che formano la prosa dei romanzi realistici (sto parlando soprattutto dei libri di Moravia, e dei suoi infiniti seguaci). Così si può capire la direzione presa da Delfini, tenendosi nella massima modestia, in un suo sotto-tono, orientato verso forme inerziali.
Per lo più, Delfini tende a un deciso alleggerimento del peso del linguaggio, simile alla lezione decisiva di Leopardi – l’alleggerimento leopardiano del peso dei propri inni, prima di trovare la purezza di una poesia come «Dolce e chiara è la notte e senza vento».

[Gianni Celati, Antonio Delfini ad alta voce, in Antonio Delfini, Autore ignoto presenta, op. cit., p. XIV]