Sineddoche

giovedì 27 Novembre 2008

Dal punto di vista della retorica classica, la vittoria della squadra di calcio italiana nei campionati del mondo è un caso clamoroso, forse insuperabile di sineddoche. La sineddoche è quella figura retorica per cui si attribuisce ad una parte il valore del tutto.
Se fossi meno costumato, potrei ricordare che le espressioni di apprezzamento sessuale sono in larga misura sineddoche; appunto, si proclama l’eccellenza di una parte, per lo più invisibile, per elogiare il tutto. Non sempre la sineddoche è tendenzialmente immorale; ma certamente tende ad essere iperbolica, fantasiosa, irrealistica. Ritorniamo al campionato del mondo. Per una applicazione virulenta della figura della sineddoche, accade che una dozzina di giovanotti, ottimi giocatori col pallone, di fisico prestante e fiato mirabile, diventino l’Italia. Ora l’Italia, a guardarla sulla carta geografica, ha effettivamente una forma calcistica, è, per similitudine, uno Stivale, ed ha, a dire il vero, una palla un po’ troppo triangolare; ma, tolto questo privilegio, di cui altri paesi calcistici non godono, si vede a prima vista che è tutta diversa da dodici o tredici ragazzoni col pallone. Ha montagne impervie, feraci pianure, fiumi straripanti, città popolose, ubertosi colli, fertili pianori, veloci autostrade, mirabili affreschi trecenteschi, società filarmoniche, coda alla vaccinara, cassoeula, barolo, società per l’incremento e la difesa del paesaggio, dell’assassinio, della fauna, dell’arte.
Sono tutte cose che fanno della nostra penisola quella squisitezza che è da sempre. Ma è innegabile che la somiglianza tra la penisola e la squadra di calcio è, diciamo, un po’ tirata per i capelli, non è proprio di tutta evidenza. Zoff è uno splendido portiere, ma, la mano sul cuore, oseremmo dire che assomiglia alla Marmolada, o che mima argutamente la foce del Po, o l’aspro e consacrato Gargano? Delizioso tessitore di mongolfiere da rete, il signor Rossi, ma è inutile metterlo accanto all’Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano, o alla Certosa di Pavia, o a piazza Navona; non sapremmo dire subito come, ma è diverso, proprio diverso.

(Giorgio Manganelli, Improvvisi per macchina da scrivere, op. cit., p. 93)