Se avessi avuto altri amici

venerdì 26 Dicembre 2008

Se avessi avuto altri amici, o non li avessi avuti affatto, sarei diventato un grande narratore, prima della caduta del fascismo; e dopo lo sarei rimasto. Ma è più probabile che se non avessi avuto gli amici che ho avuto, io non avrei mai scritto un racconto o un quasi racconto. Molto più bello, più intelligente, più ricco e più aristocratico degli amici che ho avuto, mi sono trovato davanti alla barriera terribile e armata dei loro difetti, vizi e capricci: gelosia, narcisismo e sfrenata (ma sorda) ambizione. Né geloso, né ambizioso, e tantomeno narciso, fortunato negli attributi fisici, morali ed economici, mi sono scoperto (ma troppo tardi) un difetto (che i miei più intimi dicevano una virtù scambiandola per bontà): una mitezza eccessiva, nata dal desiderio di non soffrire mai o il meno possibile, si è convertita nel tempo in pigra contemplazione e in una sorda velleitaria rivalsa che non è mai sfociata in una conclusiva spiccata vendetta.
Mentre scrivo continua questa brutta storia. La mia è una discesa continua; talvolta procurata dagli amici che ho avuto; tal’altra, aiutata dalla mia disperazione a vedere gli amici che ho avuto, guardarmi, compiaciuti (con loro sguardo freddo, tra di tedesco, di eunuco e di triglia), scivolare verso il basso. Ma si illudono. Poiché il basso verso il quale scivolo, non è che un elevatissimo altipiano: mentre alle loro spalle, di sulle vette dalle quali per che mirino altezzosi, coi loro sguardi annoiati e incomprensibili, li attende il baratro.

[Antonio Delfini, Il ricordo del ricordo, in Autore ignoto presenta, op. cit., pp. 209-210]