Povero disgraziato
Poi accadde. Una sera, mentre la pioggia batteva sul tetto spiovente della cucina, un grande spirito scivolò per sempre nella mia vita. Reggevo il suo libro tra le mani e tremavo mentre mi parlava dell’uomo e del mondo, d’amore e di saggezza, di delitto e di castigo, e capii che non sarei mai più stato lo stesso. Il suo nome era Fëdor Michajlovič Dostoevskij. Ne sapeva più lui di padri e figli di padri e figli di qualsiasi altro uomo al mondo. e così di fratelli e sorelle, di preti e mascalzoni, di colpa e di innocenza. Dostoevskij mi cambiò. L’idiota, I demoni, I fratelli Karamazov, Il giocatore. Mi rivoltò come un guanto. Capii che potevo respirare, potevo vedere orizzonti invisibili. L’odio per mio padre si sciolse. Amavo mio padre, povero disgraziato sofferente e perseguitato. Amavo anche mia madre, e tutta la mia famiglia. Era tempo di diventare uomo, di lasciare San Elmo e andarmene nel mondo Volevo pensare e sentirmi come Dostoevskij. Volevo scrivere.
[John Fante, La confraternita del Chianti, traduzione di Francesco Durante, Milano, Marcos y Marcos 1995, p. 71 grazie a Enrico Mariani (@89Enrico)]