Madeleines

venerdì 14 Novembre 2014

Anya von Bremzen, L'arte della cucina sovietica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Negli anni trenta, ai tempi in cui mia madre, Larisa (Lara, Laročka) Frumkina (Frumkin in inglese), cresceva nella Mosca dello stalinismo rampante, l’idea di un banchetto decadente di epoca zarista rappresentava esattamente quello che avrebbe rappresentato nei brežneviani anni Settanta: una ridicola ambrosia di un tempo perduto.
Il piatto preferito di mamma erano le sosiki. Anch’io ne andavo matta, per quanto mamma sostenga che le sosiki della mia infanzia non valevano nemmeno un’unghia della succulenta pietanza stalinista. Ma per quale benedetto motivo questi marchi proletari continuano a essere le madeleines dell’homo sovieticus? Per la semplice ragione che nel paese dei soviet, oltre a sosiski con piselli in scatola e a kotlety (polpette di carne macinata) con kaša, oltre a zuppe di cavolo, a insalate coperte di maionese e ad acquoso kompot di frutta per dessert, non c’era molto altro da mangiare.
A meno che, ovviamente, non foste dei privilegiati. Nella nostra beata società senza classi, questa cruciale faccenda del privilegio mi ha tormentato fin da quando ero piccola.

[Anya von Bremzen, L’arte della cucina sovietica, traduzione di Duccio Sacchi, Torino, Einaudi 2014, pp. 22-23]