La sua figura e la sua sagoma

giovedì 11 Ottobre 2012

Ci si è spesso lamentati dello stile «pseudoumanistico» e delle «perifrasi inutili» frequenti nella prosa giornalistica di colore e di commento politico o sportivo, fenomeno, del resto, non soltanto italiano; ma proprio per la via dell’abuso queste formule stilistiche si sono logorate e i loro elementi costituitivi sono andati cadendo in desuetudine. Durante ancora il fascismo, anche fra i giornali fedeli a quella parte politica non mancò chi si avvide del rapido invecchiamento della macchina fraseologica costruita a celebrazione delle persone e degli atti della dittatura fascista: alquanto pateticamente, un giornalista celato sotto lo pseudonimo di Piccola guardia lamentava che aggettivi come ardente, travolgente, indefettibile, oceanico, incontenibile, formidabile, entusiastico non potessero più attribuirsi seriamente a sostantivi come manifestazione, invocazione, fede, grido, esclamazione («Critica fascista» 15 aprile 1941). Di questi nessi e frasi si era fatto una sorta di scherzoso catechismo che circolava nelle redazioni dei giornali:

– Come è il Duce?
Magnifico. Invitto e invincibile. Insonne.
_ La sua figura?
Maschia.
– La sua sagoma?
Romana. O anche: forgiata nel bronzo…
– Come sono le sue legioni?
Quadrate.
– E i fedeli?
Della vigilia. Della dura vigilia…
– Come si arriva alle immancabili mete?
Nudi…
– Come sono le democrazie?
Agnostiche e imbelli…

A tenere lungamente in vita questi nessi anche logorati provvidero le «note di servizio» impartite dall’ufficio centrale della stampa; ancora nel giugno del 1943 ne veniva inviata una così fatta: «Sensibilizzare l’annunzio in prima pagina del discorso del Duce. (Grande, vivido discorso, o altra aggettivazione del genere)».

[Tullio De Mauro, Storia linguistica dell’Italia unita, Roma-Bari, Laterza 2011, pp. 115-116]