La santa quaternità e le altre cose

mercoledì 5 Marzo 2014

orletti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A leggere Piccola storia delle eresie, appena pubblicata da Mauro Orletti per Quodlibet compagnia extra, a me è venuto in mente il racconto Il parroco Andrea, di Jaroslav Hašek, che parla di un parroco che è in purgatorio e non riesce a capir come mai, e dopo 22 anni che è lì il Sacro Senato lo convoca e gli chiede se lui, quand’era vivo, aveva scritto una lettera a suo fratello, che viveva a Sidney, in Australia, e il parroco risponde di sì, e il Sacro Senato, siccome Sant’Agostino, maestro della chiesa, aveva scritto, nel libro De retractione vel librorum recensione, che la fede negli antipodi è eresia, lo condanna a 15.000 anni di soggiorno forzato in Purgatorio, inclusi i 22 già scontati.
Gli eretici descritti nel repertorio di Orletti, a dire il vero, sono forse più strani, del parroco Andrea, per esempio Basilide, maestro gnostico dei basilidiani, insegnava che Gesù non era un uomo, non aveva cioè un corpo in carne e ossa, era più una specie di fantasma, e sulla strada per il Calvario si era scambiato con Simone Cireneo, che era stato crocefisso al suo posto mentre lui si mescolava alla folla.
Marco invece, un egiziano del secondo secolo, sembra abbia fondato una «teologia aritmetica in cui la Santa Trinità era sostituita da una Santa Quaternità», che era il principale insegnamento diffuso dalla setta dei Marcosiani.
E gli Elchasaiti, setta diffusasi nel secondo secolo grazie al libro di Elchasai, che Elchasai avrebbe ricevuto da un angelo che misurava 154 chilometri di altezza, 26 di larghezza, 38 da una spalla all’altra e che lasciava delle impronte lunghe 22 chilometri, larghe 6 e profonde 3, gli elchasaiti credevano che Cristo fosse un uomo, «ma un uomo un po’ diverso dagli altri, che era nato sì da una vergine, ma più d’una volta. E più d’una volta era poi venuto sulla terra, dove si era dedicato all’astrologia».
Gli adamiani, invece, idealizzavano la nudità di Adamo, e prima di entrare in chiesa lasciavano i vestiti in guardaroba «quindi si riunivano in assemblea nudi, nudi ascoltavano le letture, nudi pregavano, nudi celebravano i sacramenti e sempre nudi mangiavano e bevevano».
Secondo i Paterniani «la parte inferiore del corpo, dai fianchi fino ai piedi, era opera del Diavolo. Quella superiore, invece, era opera di Dio».
I Valesii avevano interpretato il passo dei vangeli in cui Gesù dice che ci sono uomini che sono eunuchi dalla nascita, ce ne sono altri che lo sono diventati e altri che si sono fatti eunuchi per meritarsi il regno dei cieli nel senso che «per diventare puri e servire il signore» bisognava evirarsi. E se qualcuno passava nelle loro terre, presso il Giordano, «siccome le Sacre Scritture chiedevano all’uomo di aiutare il prossimo», i Valesii mutilavano tutti quelli che passavano. Sembra che la cosa si fosse talmente diffusa che nel concilio di Nicea (325 d.C.) venne adottato un canone contro gli eunuchi. «Ma la volontà di reprimere qualunque eresia che incoraggiasse la castrazione – scrive Orletti, – e l’ossessione di evitare l’elezione di un pontefice eunuco, fece nascere una strana leggenda, stando alla quale, a partire dal nono secolo, il papa neoeletto veniva sottoposto al rito della palpazione dei testicoli, un esame che avveniva facendolo sedere su uno scranno di porfido rosso nella cui seduta era presente un foro. I più giovani tra i diaconi avevano il compito di tastare sotto la sedia, e, una volta accertata la presenza degli attributi virili, gridare “Virgam et testiculos habet»”. Al che, gli ecclesiastici presenti rispondevano.: “Deo gratias”».
E gli Agnoeti (Cappadocia, sesto secolo) credevano che l’anima raggiungesse la salvezza attraverso l’ignoranza. Quindi non leggevano, non studiavano e non cercavano di capire l’insegnamento degli Apostoli. Secondo loro anche Gesù era un po’ ignorante. «La prova, – dicevano gli Agnoeti, – consiste nel fatto che Gesù, arrivato a Betània col preciso intento di resuscitare Lazzaro, la prima cosa che disse a sua sorella fu: “Dove l’avete messo?”. Segno evidente che non sapeva dove fosse sepolto».
Non so se si può concludere, con Retorio, capo dei retoriani (attivi in Egitto nel quarto secolo) che «tutti gli eretici avevan ragione, qualunque dottrina professassero», e che «l’uomo pensa ciò che è naturalmente incline a pensare e dunque non sbaglia mai e ha sempre e comunque ragione». Ma credo che si possa essere d’accordo con lui quando scrive che «nessuno deve essere condannato per le proprie opinioni» e alla fine del libro di Orletti viene in mente quel che scriveva Evgenij Zamjatin nel suo Il destino di un eretico: «Eretico fu Giordano Bruno, che aveva proclamato l’infinità dell’universo e la molteplicità dei mondi. Lo bruciarono sul rogo».
E se è vero, e mi sembra sia un bene, che molte delle storie raccontate da Orletti fan ridere, è anche vero che, come scrive sempre Zamjatin, «Eretico fu anche Fulton, che sosteneva di avere costruito una nave, il battello a vapore, che si muoveva senza remi e senza vele. Si rideva di Fulton».

[uscito ieri su Libero]