La poesia russa che preferisce
Faccio molta attenzione a tenere i miei personaggi fuori dai confini della mia identità. Solamente lo sfondo del romanzo [Il dono] presenta qualche tocco che si può considerare autobiografico. E c’è un’altra cosa che mi piace di questo libro: la poesia russa che preferisco è probabilmente quella che nel romanzo mi è accaduto di attribuire al protagonista.
Una poesia scritta da lei?
Scritta da me, naturalmente; e ora mi domando se sarei capace di recitarla in russo. Mi si consenta una spiegazione: in questa poesia ci sono due persone, un ragazzo e una ragazza, in piedi su un ponte sospeso sopra i riflessi del tramonto, e ci sono rondini che sfrecciano intorno, e il ragazzo si rivolge alla ragazza e le chiede: «Dimmi, ricorderai per sempre quella rondine? Non una rondine qualsiasi, non quelle rondini laggiù, ma la rondine che ci ha sfiorati?». E la ragazza dice: «Certo che la ricorderò», e tutti e due scoppiano in lacrime.
Odnázhdy mi pód-vecer óba
Stojáli na stàrom mostù.
Skazhì mne, sprosil ja, do gróba
Zapómnish’ von lástocku tù?
I tý otveciála: escjò by!
I kák my zaplákali òba,
Kak vskríknula zhízn’ na letú!
Do závtra, navéki, do gròba,
Odnázhdy na stárom mostú…
[Vladimir Nabokov, Intransigenze, traduzione di Gaspare Bona, Milano, Adelphi 2012 (2), p. 30-31]