Il sogno di Oblomov

sabato 19 Marzo 2011

E così, fino a mezzogiorno, tutto si agitava e si dava da fare, tutto viveva di una vita piena e notevole, da formicaio. Non si fermavano neanche alla domenica e nei giorni di festa, queste laboriose formiche: allora il rumore dei coltelli, in cucina, echeggiava più spesso e con più forza: una serva copriva più volte il tragitto tra la cantina e la cucina, con una doppia quantità di farina e di uova, nel pollaio aumentavano i gemiti e gli spargimenti di sangue. Si cuoceva un dolce gigantesco, che i padroni stessi mangiavano anche il giorno dopo; il terzo e il quarto giorno i resti arrivavano nella stanza delle serve; il dolce campava fino al venerdì, quando un avanzo indurito, senza ripieno, veniva passato, segno di particolare benevolenza, ad Antip, il quale, dopo essersi fatto il segno della croce, demoliva, con fracasso e con coraggio, questo cuorioso avanzo fossile, godendo più della consapevolezza che quello era il dolce dei signori che del dolce stesso, come un archeologo che beva, con piacere, un vino cattivo dal coccio di un vaso millenario.