Il mondo è pieno di gente che sta a casa – 6
Il quattro di agosto, prima di uscire di casa, sentivo dire per radio che «l’ultima tendenza dell’estate era la borsa termica firmata Intimità». Uscivo di casa per andare in Calabria, a leggere un discorso che si chiamava Noi e i governi. Ci andavo in aereo, dovevo atterrare in un aeroporto che non sapevo neanche qual era, sapevo solo la sigla: SUF. E quando poi ero lì che facevo il ceck-in, scoprivo che SUF era la sigla di Lamezia Terme. Che non c’è neanche una lettera, di SUF, in Lamezia Terme. Dopo, sull’aereo, ti davano il caffè in dei bicchierini di carta che c’era scritto sopra che «il nome della bevanda più diffusa nel mondo può essere scritta in italiano in due modi: tè o the». Dopo, una volta arrivato, quando eravamo per strada, il libraio che mi accompagnava mi faceva notare la pubblicità di una libreria di Catanzaro, se non capivo male, dove, sotto, c’era scritto Fatturazione totale della spesa effettuata. Che voleva dire che loro, tra le loro caratteristiche che li differenziavano dalle altre librerie, come pregio, avevano il fatto che ti fatturavano tutto quello che comperavi, non una parte. E io, che la libreria dove vado, a Bologna, mi fatturan tutto anche loro, ho pensato che quando ci torno, nei prossimi giorni, gli dico di metterlo, nei loro volantini pubblicitari, che fatturano tutto anche loro. Gli dico di scriverci «Anche qui, come in certe librerie di Catanzaro, fatturazione totale della spesa effettuata». Che è una cosa che loro ancora, si vede, non ci hanno pensato.
Dopo arrivavo andavo a dormire.
Dopo andavamo a mangiare e poi, appena dopo le dieci di sera, mi mettevo a leggere quel discorso, Noi e i governi, che era un discorso che cominciava con la storia di Daniil Charms, che è un signore che di mestiere, negli anni ’30, in Unione Sovietica, faceva lo scrittore per bambini anche se lui i bambini non li spportava, un signore che nei primi decenni del novecento scriveva delle cose che erano talmente strane che non gliele pubblicava nessuno, come per esempio quest’opera qui senza titolo: «C’era un uomo rosso di capelli, che non aveva occhi né orecchie. Non aveva nemmeno i capelli, tanto che lo dicevano rosso convenzionalmente. Parlare non poteva, dato che non aveva la bocca. Nemmeno il naso aveva. Non aveva neppure le mani e i piedi. E il ventre non aveva e la schiena non aveva e la spina dorsale non aveva, né aveva viscere di nessun tipo. Non c’era niente. Quindi non si capisce di chi si tratti. Meglio che di lui non parliamo più». Oppure questa qui che si intitola Vecchie che si ribaltano che fa così: Vecchie che si ribaltano. «Una vecchia, per la troppa curiosità, s’è ribaltata dalla finestra, è caduta e s’è sfracellata. Dalla finestra s’è sporta un’altra vecchia, e ha cominciato a guardare in giù quella che si era sfracellata ma, per la troppa curiosità, s’è ribaltata anche lei dalla finestra, è caduta e s’è sfracellata. Poi dalla finestra s’è ribaltata una terza vecchia, poi una quarta, poi una quinta. Quando s’è ribaltata la sesta vecchia mi sono stancato di guardarle, sono andato al mercato Mal’cevskij, dove, dicevano, a un vecchio cieco avevano regalato uno scialle fatto a mano». Erano quasi tutte di questa lunghezza, le opere di Charms che leggevo, ma ce n’erano anche di più corte, come questa qua: «Può darsi che sul pianeta Marte ci sia qualcuno più intelligente di me. Sul pianeta Terra ne dubito fortemente». Oppure questa qua: «Prova a conservare l’indifferenza, quando finiscono i soldi». Oppure, anche, questa qua: «Quando compri un uccello, guarda se ci sono i denti o se non ci sono. Se ci sono i denti, non è un uccello». Ecco. Ero lì in Calabria che leggevo queste cose e dopo un’ora, dopo che avevo finito, andavamo in un bar a prendere qualcosa da bere e io prendevo una granita al limone e quando mi arrivava, prendevo in mano la coppa di granita che era dentro un piattino, non so cosa succedeva, la coppa cominciava a tremare sopra il piattino, avevo la borsa aperta tra le gambe, facevo cader tutta la granita dentro la borsa. Poi andavo a letto, mi svegliavo al mattino, il 5 di agosto, prendevamo la macchina, con il libraio, incontravamo un cartellone della pubblicità di una libreria che prometteva la fatturazione totale della spesa effettuata, arrivavamo in aeroporto, SUF (Lamezia Terme), prendevamo l’aereo, prendevamo il caffè dentro dei bicchierini di carta che sopra c’era scritto che «il nome della bevanda più diffusa nel mondo può essere scritta in italiano in due modi: tè o the», arrivavo all’aeroporto di Bologna (BLQ), prendevo un taxi, arrivavo a casa, accendevo la radio, sentivo dire per radio che «l’ultima tendenza dell’estate era la borsa termica firmata Intimità».
[uscito ieri sul Foglio]