Il mondo è pieno di gente che sta a casa – 13
“Ci son certe traduzioni dei classici che sono così curate, così perfette, così impeccabili, così inattaccabili, ripetono così esattamente la lezione dell’originale che sono praticamente illeggibili”, mi è venuto da pensare il 15 agosto intanto che correvo, al mattino, che a me quando corro, al mattino, mi succede così, mi vengon da pensare delle cose che non c’entrano niente.
“Dovrei invece pensare a finire il romanzo che devo finire”, ho pensato poi dopo, che quando avevo aperto il file labandadelformaggionuovo32, appena svegliato, il 15 agosto, al mattino, mi ero accorto che non avevo salvato le cose che avevo scritto il giorno prima e c’ero rimasto malissimo, tutto il lavoro del 14 agosto buttato via, “Invece di andare avanti torniamo indietro”, avevo pensato, invece poi dopo, mi ero dimenticato che l’avevo salvato con un altro numero, labandadelformaggionuovo33, l’avevo trovato quasi subito, dopo, tutto il lavoro che avevo fatto il 14 agosto.
Che poi, il 14 agosto, tra l’altro, avevo anche perso una delle mie gattine, l’Avvocato, che io e sua sorella, la Peppa, ci eravamo messi a cercarla per tutto l’appartamento, e anche giù per le scale, l’avevamo trovata dopo mezz’ora che era dentro la credenza; avevo aperto la credenza, l’avvocato era lì tranquillissima che mi guardava come per dire: «Be’, cosa c’è da guardare? Non hai mai visto una gatta dentro una credenza?».
E in quella mezz’ora che l’avevo cercata, l’avvocato, io avevo pensato che non l’avrei mai più rivista nella mia vita, che adesso chissà dov’era, per strada, probabilmente, da sola, senza di me e senza la sua sorellina, e che come padrone di gatti ero un disgraziato, avevo pensato, così come la mattina del 15 agosto avevo pensato che ero un disgraziato come scrittore di romanzi, a non salvare tutto il lavoro del 14 agosto.
E m’era venuto in mente, il 15 agosto, al mattino, intanto che correvo, una cosa che avevo scritto anche in un libro, di quando, nell’agosto del 2007, un giorno che andavo a chiudere un appartamento dove non avrei più abitato, a Parma, ero alla stazione di Bologna, alle sei e mezza di mattino, correvo per prendere il treno, nel sottopassaggio della stazione avevo trovato uno che arrivava di corsa giù dalle scale si era rivolto a un altro che arriva in senso inverso «Ma è vero che è morto Berlusconi?» gli aveva chiesto.
«Sì, – aveva risposto l’altro, – è vero».
«Be’, – aveva detto il primo, – meglio lui di me».
Allora per me, avevo pensato, quel giorno lì, il viaggio in treno e poi tutto il mattino, a fare tutte le cose che dovevo fare a Parma, chiudere l’appartamento, pulire la cantina, prender giù le letture dei contatori, era morto Berlusconi. Tutti i pensieri “Chissà il suo medico, che diceva che scampava fino a centoventi anni. Che figura. E adesso, Mediaset? E la Mondadori? E il Milan?”.
Dopo, verso l’una, quando ero ritornato a Bologna, non ne parlava nessuno “Forse non è mica vero”, avevo pensato. Ma per me, quelle quattro ore lì, era stato vero. Era un periodo che dormivo poco, avevo pensato, e dormire poco succedon delle cose, le veglie della ragione producono abbagli e adesso, sarà una cosa che qualcuno magari l’ha anche già fatta, ma una storia degli abbagli, non sarebbe bella, da fare?, mi ero chiesto.
Quando Chruščëv, di ritorno dagli Stati Uniti che gli eran piaciuti i pop corn ha pensato di coltivare a granturco una vasta zona del territorio sovietico senza considerare che lì il granturco non ci cresceva, è seguito un anno di grande carestia. O quando Gorbacëv ha deciso di vietare gli alcolici in Russia che è stato l’inizio della fine dell’Unione Sovietica. O quando Paolo I ha deciso di vietare in tutto l’impero i cappelli tondi dopo due mesi l’hanno ammazzato. Non so, la storia degli abbagli, secondo me, delle teorie che si son rivelate tutte sballate, delle decisioni revocate poi subito immediatamente perché eran disastrose, forse qualcuno l’ha già fatta, se qualcuno l’ha già fatta ha fatto un bel lavoro, se non l’ha fatta nessuno quasi quasi la farei io, se avessi la competenza per farla invece non ce l’ho. Io all’università, son laureato in lingue, non ho dato neanche un esame di storia. Piuttosto che mettere in piano di studio un esame di storia, ciò messo sette esami di filologia. Due romanze, due slave, due italiane e una germanica. Non lo so, come mai, avevo pensato, e l’avevo poi scritto dentro un romanzo che si chiamava Mi compro una Gilera, titolo preso dal noto proverbio parmigiano Putost che tor mojera, am compor na Gilera, avevo pensato la mattina del 15 agosto che avevo quasi finito di correre e che mi dicevo, «Adesso facciamo stretching, mi raccomando, che se no poi tutto il giorno mi fanno male i quadricipiti, senti che belle parole che conosco, quadricipiti», mi dicevo alla fine nella mia testa.
[uscito ieri sul foglio]