Il buddhismo zen
Il libro di Gianrico Carofiglio Passeggeri notturni, che è appena uscito per Einaudi Stile libero, è fatto di trenta pezzetti di tre pagine ciascuno, e dico pezzetti perché non trovo un’altra parola per definirli. Uno comincia dicendo «Sapete cos’è l’effetto alone?», e poi spiega cos’è l’effetto alone. Uno comincia con la parola «Ipocognizione» e poi spiega cos’è l’ipocognizione. Uno comincia dicendo che «Il self-serving bias è un importante concetto della moderna psicologia sociale», e poi spiega cos’è il il self-serving bias. Un altro comincia così: «la rivista dell’ordine degli avvocati del Massachusetts ha pubblicato una raccolta di verbali processuali alquanto bizzarri». In uno si dice che «Dal 1976 ad oggi, negli Stati Uniti si contano almeno quaranta rei confessi poi scagionati dal test del Dna». In un altro: «Secondo quanto ci dicono gli esperti, tutti sognano, tutte le notti». Uno finisce con una citazione di Somerset Maugham. «Lo scrittore inglese – c’è scritto – era solito dire che ci sono tre regole infallibili cui attenersi per scrivere un romanzo di grande successo. Sfortunatamente, aggiungeva, nessuno sa quali siano». Un altro ancora comincia così: «Mai sentito parlare di kōan?» e più avanti c’è scritto così: «Puoi produrre il suono di due mani che battono l’una contro l’altra. Ma qual è il suono di una mano sola?».
Se dovessi dire cosa mi ha ricordato questo libro di Carofiglio, direi, da una lato, la rubrica della Settimana enigmistica Forse non tutti sanno che, dall’altro Le opere complete di Learco Pignagnoli, di Daniele Benati. Che nelle opere complete di Learco Pignangoli, per la precisione nell’opera 217 si legge: «Opera n. 217 Il buddhismo zen son tutti dei mangiatori a ufo quelli che lo fanno. Stanno sempre a meditare vicino al frigo e quando il padrone di casa dorme glielo aprono per meditare all’aria fresca. Oppure gli fumano le sue sigarette che ha lasciato sul tavolo. Io tutte le volte che ho degli ospiti zen in casa mia il posto dove li trovo più spesso a meditare è vicino al frigo. Dicono stiamo meditando sul koan delle due mani che battono ma qual è il suono di una mano sola? Io subito non dicevo niente perché questo koan mi sembrava una sempionata come problema dato che in epoca moderna è semplicissimo con le strumentazioni che ci sono stabilire qual è il suono prodotto da una mano e si può anche isolarlo in un altoparlante e metterlo giù per iscritto in una partitura se uno vuole. Ma quando ho visto che mi sparivano le fette di pancetta e di mortadella e quasi tutti i ciccioli più le salsicce che avevo nascosto fra la verdura e una mezza forma di gorgonzola ho cominciato a chiedergli: Ma perché state sempre lì a meditare? andate fuori in giardino che vi ho preparato anche lo zendo. Loro però preferivano stare vicino al frigo». E poi, nell’opera 218: «Opera n. 218 Dopo vedevo i miei ospiti zen che scrivevano degli haiku con un panino in mano allo spek che è difficilissimo da mangiare senza forchetta e coltello. Li vedevo che davano una morsicata e poi scuotevano la testa per strappare lo spek ma non ci riuscivano perché lo spek è durissimo da tagliare coi denti e allora gli rimanevano le fette penzoloni nella bocca perché a forza di tirare gli erano saltate fuori tutte intere dal panino». E poi, nell’opera 219: «Opera n. 219 Dopo vedevo che i miei ospiti andavano a fare un po’ di digestione zen vicino alle mie grappe e si mettevano seduti nella posizione del loto con le braccia conserte ma c’era sempre una loro mano che gli scappava verso le grappe. Io gli dicevo cosa fate lì? perché non andate fuori sullo zendo che c’è anche un’aria freschina adatta alla meditazione? Ma loro fingevano di meditare e non rispondevano. Dopo ho visto che si erano spostati tutti intorno al tavolo dove c’erano le mie sigarette e i miei tabacchi. Cosa fate lì? gli dicevo allora, perché non andate fuori a meditare? Poi mi sorgeva un dubbio e andavo su nella mia camera a contare i soldi che avevo dentro i cassetti. Ci avevo un casino di soldi in dollari che adesso mi dovevo mettere a ricontarli per stare tranquillo. Dopo ci avevo sempre un’inquietudine addosso perché avevo visto che i miei ospiti zen s’erano messi a meditare vicino ai cassetti della mia camera. Cosa fate lì? gli dicevo, perché non andate fuori a meditare che vi ho anche preparato lo zendo? Ma loro preferivano alquanto rimanere lì».
Ecco. Questo, in sostanza, è quello che mi sembra ci fosse da dire del libro di Gianrico Carofiglio Passeggeri notturni, appena uscito per Einaudi Stile libero
[uscito ieri su Libero]